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Dossier: La strage di Marzabotto

I sopravvissuti: "Non perdoneremo mai quegli assassini"

MARZABOTTO — La storia si ripete, il tempo passa ma non abbastanza da narcotizzare il dolore. E allora magari non si ripeterà quel no quasi plebiscitario con cui si espresse Marzabotto, quando venne chiamato a pronunciarsi sulla liberazione del comandante delle SS Reder, ma anche in questa circostanza non mancheranno le lacerazioni e i dissensi al desiderio del presidente della Repubblica tedesca Rau di chiudere un conto con la storia, chiedendo perdono per l'orrore nazista.
Sono diversi i sopravvissuti alle stragi e i familiari delle vittime che hanno già fatto sapere che non accetteranno quelle scuse e che considerano tardivo il gesto del Capo di Stato tedesco. «Queste scuse non ci restituiscono i nostri morti», è la frase che si sente ripetere tra gli abitanti. Il dolore si rinnova e alla fine prevarrà la volontà di non rompere quel filo che Rau vuole riannodare. Ma saranno giorni di tormento, come si capisce da queste testimonianze.
«Questi ricordi mi fanno stare male e comunque non vedo perché dovrei perdonare», dice Elide Ruggeri, che si salvò miracolosamente nell'eccidio. All'epoca aveva 16 anni e rimase l'unica sopravvissuta della famiglia: 8 familiari uccisi. «Andrò alla cerimonia — spiega — ma mi sembra un presa in giro, perché sono passati tanti anni, un po' troppi. Anche se non è mai troppo tardi, dicono. Non saprei cosa dire, bisogna perdonare ma è fatica. Quando ci chiesero di pronunciarsi su Reder io non gli detti il perdono. E così oggi non so, ma il cuore mi dice di non accettare questa richiesta di scuse. Però, non si sa come dirlo, come comportarsi, perché sono cose così grandi».
«E' una richiesta di perdono che arriva tardi, sono già passati 57 anni», risponde a caldo, e poi pentendosi di averlo detto, Pietro Zebri, che ha perduto otto familiari. E dunque? «Non so. Come si fa ad accettare un perdono quando ieri mi sono stati uccisi 8 familiari e dovrei dire 9, perché venne uccisa mia sorella, di 17 anni, che era incinta di sette mesi? Non so se faccio bene a dire queste cose, ma è un dolore personale troppo grande che mi porto dentro. Io faccio parte del comitato per le onoranze ai caduti di Marzabotto e stiamo preparando l'avvenimento da dieci giorni. Mi rendo conto che ho fatto male a farle questa confessione. A farle capire che non accetterei le scuse».
Il gesto del presidente tedesco a che serve? «Non lo so — risponde Zebri — io non sono all'altezza, ma per noi superstiti penso che non serva a niente. Ma non mi faccia parlare perché in politica sono un po' scarso. Mi sono caduti un po' tutti. Spero che mi abbia capito».
Diversa invece l'opinione di Francesco Pirini, che ha perduto 13 familiari: «Noi abbiamo già perdonato». Un giudizio, che è espresso dallo stesso sindaco di Marzabotto, Andrea De Maria: «Accoglieremo il presidente Rau come un fratello. Abbiamo sempre tenuto ben distinte le colpe dei nazisti dal popolo tedesco».

(a cura di Giovanni Morandi, La Nazione, 12 aprile 2002)

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