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Fascismo e Alto Adige

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Marcia su Bolzano (1922)

 

L'annessione all'Italia

In seguito alla vittoria contro l'Austria nella Prima Guerra Mondiale, il Trattato di Saint Germain del settembre 1919 attribuì all'Italia il territorio tirolese a sud del Brennero, che venne annesso il 10 ottobre del 1920. Il Re d’Italia Vittorio Emanuele III, nel discorso alla corona del 1 dicembre 1919, dichiarò il pieno rispetto delle autonomie locali e delle tradizioni. Ma le successive trattative per garantire alla regione un’ampia autonomia naufragarono a causa dell'opposizione dei gruppi nazionalistici a capo dei quali vi era Ettore Tolomei.

Nell’aprile del 1921 si ebbe la prima aggressione fascista a Bolzano. Una squadra fascista assalì un corteo in costume uccidendo Franz Innerhofer, maestro di Marlengo, senza che i responsabili fossero processati.

 

La marcia su Bolzano

Il 2 ottobre 1922 ebbe luogo la cosiddetta marcia su Bolzano, in seguito alla quale venne deposto il sindaco Julius Perathoner, da poco eletto democraticamente. Questo avvenimento fu visto come una sorta di prologo della "Marcia su Roma" che avvenne il 28 ottobre 1922 e dopo la quale Mussolini ottenne la nomina a capo del Governo.

Nel gennaio del 1923 l’Alto Adige insieme al Trentino fu incorporato nella Venezia Tridentina e il prefetto di Trento ebbe il compito di attuare il programma di Mussolini che prevedeva la completa italianizzazione del territorio sudtirolese con massicci insediamenti italiani; la snaturalizzazione dei sudtirolesi e l'allontanamento di questi dalla propria terra. Nelle scuole della Provincia fu proibito l’insegnamento della lingua tedesca, tutti i dipendenti pubblici dovettero essere licenziati, furono proibite tutte le federazioni, i sindacati tedeschi, le associazioni; la lingua italiana divenne la lingua ufficiale e tutto ciò che era "tedesco" fu completamente bandito.

 

Il programma Tolomei

Il 15 luglio 1923, nel teatro civico di Bolzano, Tolomei rese pubblico il suo programma di assimilazione e italianizazzione del territorio con la rieducazione politica-culturale degli abitanti di lingua tedesca. Punti salienti del programma di assimilazione di Tolomei erano:

  • Tradizione ed immagini estere:
    • proibizione del nome Tirolo (à toponimi italiani);
    • italianizzazione dei cognomi;
    • lapidi funerarie in lingua italiana;
    • rimozione del monumento di Walther a Bolzano;
    • trasformazione del museo a Bolzano.
  • Stampa:
    • censure e proibizioni di giornali tedeschi;
    • fondazione del giornale "Alpenzeitung " di ispirazione fascista;
  • Economia:
    • eliminazione di istituti di credito locali;
    • abolizione della legge del maso chiuso;
  • Amministrazione pubblica:
    • insediamento di un podestà
    • segretari comunali italiani;
    • italiano come lingua ufficiale;
    • rafforzamento dei contingenti dei carabinieri;
    • aumento della presenza delle Forze Armate.

L’italianizzazione della scuola tedesca costituisce uno dei punti nodali del programma fascista:

  1. Gli scolari tedeschi con cognomi italiani furono costretti a frequentare scuole italiane;
  2. Furono istituiti asili infantili e scuole italiane;
  3. Nel 1923-1924 l’italiano divenne l’unica lingua d’insegnamento.

Nel novembre 1925 il prefetto Guadagnini emanò un decreto segreto nel quale ordinava di combattere l’insegnamento del tedesco. La scuola tedesca divenne clandestina e sorse la "Scuola delle catacombe" il cui fondatore fu Michael Gamper.

Le autorità fasciste perseguirono quest’organizzazione con estrema durezza, ma in seguito nell’autunno del 1928 furono create scuole parrocchiali tedesche ove s’insegnava la religione nella madrelingua.

 

L'immigrazione italiana

Tutte queste proibizioni non riuscirono però a trasformare il Tirolo in un’area italiana. E così il 20 febbraio del 1935 Mussolini, per favorire l'immigrazione italiana nella regione, invitò le grandi industrie lombarde e piemontesi a creare delle filiali a Bolzano. Gli stabilimenti Lancia di Torino, le Acciaierie di Milano e altre industrie accettarono l’offerta e diedero inizio alla produzione in Alto Adige. Migliaia di famiglie italiane s’insediarono in tutto il Sudtirolo, dove trovarono occupazione in queste fabbriche nelle quali era proibita l’assunzione di lavoratori sudtirolesi.

 

L'opzione per il Reich

L’11 marzo del 1938 avvenne "l’Anschluss" , ovvero l’annessione dell’Austria al nuovo Reich tedesco.

Il 23 giugno del 1939 venne firmato a Berlino nel comando generale delle SS l’accordo tra Italia e Germania riguardante il trasferimento dei Sudtirolesi nel Reich. Questo consisteva nella "libera" possibilità di scegliere (optare) entro il 31 dicembre '39 se rimanere nell’Italia fascista con l’obbligo di essere fedeli al Duce o se espatriare nella Germania nazista.

Il 29 giugno la notizia divenne pubblica e un’ondata di costernazione invase la regione. Gli uomini raggruppati intorno l’ "Unione tedesca" e il gruppo di lotta popolare sudtirolese (VKS) erano d’accordo nel rifiutare l’opzione. Il 22 luglio il VKS però cambiò opinione per quanto riguardava l’opzione.

La popolazione fu percorsa da due grandi correnti: i "Dableiber" e gli "Optanti". I "Dableiber" erano coloro che volevano rimanere fedeli alla propria patria, invece quelli che volevano essere trasferiti nel "Terzo Reich" erano gli "Optanti".

La propaganda pro e contro le opzioni era intensa. I favorevoli all’espatrio intimidivano quelli che volevano restare nella loro terra con il terrore, spargendo la voce di un possibile insediamento nelle colonie italiane in Africa o in Sicilia, qualora avessero optato per rimanere in Italia. Taluni ritennero le opzioni una specie di consultazione popolare ostile all’Italia. Alcuni, per rimanere nel loro territorio, facevano riferimento ai vincoli fra viventi e cari deceduti che riposavano nei cimiteri. I rossi gerani in fiore che in Tirolo secondo la tradizione abbelliscono le finestre e i balconi delle case, e che sono chiamati "amore ardente" (brennende Liebe), simboleggiavano il vincolo con la propria terra che non si poteva abbandonare.

Molti scelsero l’emigrazione, ma altri rimasero nella propria patria. Alla scadenza del termine, 166.488 altoatesini avevano optato per la Germania mentre 63017 persone erano opposte. Coloro che avevano dichiarato l’intenzione di rimanere nella loro terra vennero sottoposti a gravi manifestazioni di ostilità ed intolleranza anche dagli stessi familiari.

Intanto il 1° settembre 1939 era scoppiata la Seconda Guerra Mondiale. A causa del conflitto e dei  continui bombardamenti sulle reti di comunicazione, solo 75.000 persone effettive espatriarono: dapprima i non sposati e i più poveri, poi gli artigiani e molti contadini con famiglie numerose. La maggior parte di loro si insediò nel Vorarlberg. Solamente una minima parte degli optanti ritornarono in Alto Adige dopo la fine della guerra.

 

Dopo l'armistizio, i tedeschi occuparono militarmente l’Alto Adige nel giro di due giorni, il 9 e il 10 settembre del 1943, senza che si verificassero scontri fra le forze italiane. Un certo numero di militari italiani si diede alla "macchia" cercando la strada verso casa, mentre i rimanenti vennero disarmati e imprigionati nei campi di concentramento.

Il comandante supremo dell’Alto Adige, Franz Hofer, diede subito inizio alla sua sistematica azione, per escludere dalla regione ogni forma d’autorità italiana e gettare le premesse dell’annessione del territorio al Reich. Fra questi vi era il distacco dalle provincie di Trento e Belluno e il confine di Stato con posti di blocco, per impedire, a chi non fosse fornito di uno speciale permesso, l’entrata o l’uscita dalla "zona d’operazione".

Fu cambiata anche la toponomastica con lo scopo di far capire che gli anni della predominanza fascista erano completante chiusi. Gran parte delle autorità amministrative italiane furono sostituite con elementi tedeschi, in quasi tutti gli enti pubblici furono nominati commissari fedeli al Reich e di madre lingua tedesca. Si ebbe l’introduzione forzata del bilinguismo; il giornale italiano "La Provincia di Bolzano" venne soppresso e sostituito con il "Bozner Tagesblatt"; l’unica emittente italiana venne sostituita con un’emittente tedesca; fu costituita la polizia locale che era composta per lo più da uomini di lingua tedesca.

Si volle dare, perciò, un’impronta totalmente tedesca alla vita pubblica locale riscoprendo e valorizzando le vecchie tradizioni, divenute sovversive durante il periodo fascista.

La scuola italiana venne chiusa. Dopo l’8 settembre la polizia alto atesina procedette all’arresto dei membri della comunità israelitica di Merano, circa una quarantina, che furono deportati in Germania, da dove ne fece ritorno solo uno.

La RSI non poteva inviare i propri funzionari, i quali trovarono pure difficoltà a diffondere la stampa fascista. Hofer proibì anche l’apertura di una sede del Partito Fascista e il reclutamento di giovani altoatesini fra le forze repubblichine, tanto che emise un editto in cui stabilì che tutti i ragazzi nati fra il 1924 e il 1925, senza specificare l’appartenenza linguistica, dovevano prestare fedeltà alle forze naziste.

La discriminazione del gruppo linguistico italiano fece sì che molti membri, anche ex fascisti, entrassero a far parte delle organizzazioni di lotta contro l’oppressione nazista.

 

Nota: scheda tratta in gran parte dal sito dell'Istituto "Cesare Battisti" di Bolzano www.itcbz.it

 

 

 

 

 

 

 

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