Signor presidente del Consiglio,
le parole con cui Ella ha voluto esprimere i suoi giudizi sulla Resistenza e sul ruolo che
in essa vi ha svolto la sinistra hanno suscitato in me - e Le assicuro non solo in me -
sconcerto e indignazione.
Sì, perché quelle parole sono frutto al tempo stesso di ignoranza e di arroganza. Lignoranza
di chi parla di cose che non conosce; larroganza di chi crede che a un presidente
del Consiglio tutto sia consentito.
E, invece, chi ha la responsabilità di guidare una nazione ha il dovere di conoscerne la
storia e di rispettarla.
Lei non può ignorare - anzi non dovrebbe ignorare - che quella Repubblica di
cui Ella oggi guida il Governo affonda le sue radici nella lotta antifascista, quando
uomini e donne di credo politico diverso, di ogni appartenenza sociale, di sensibilità
culturali differenti, si unirono nel comune impegno di liberare lItalia dal fascismo
e dalla guerra catastrofica a cui la dittatura laveva condotta.Tra quegli uomini e
quelle donne molti erano di sinistra - comunisti, socialisti, azionisti, repubblicani -
che fecero fino in fondo la loro parte di combattenti per la libertà.
Mi auguro che Lei non ignori che in calce a quella Costituzione della Repubblica - sì,
quella che Lei ha sbrigativamente definito sovietica - accanto alle firme di
un convinto liberale come Enrico De Nicola e di un cattolico come Alcide De Gasperi c'è
la firma di Umberto Terracini.
E non voglio davvero credere che Lei non conosca nomi come Antonio Gramsci, Giacomo
Matteotti, i fratelli Rosselli, Piero Gobetti, Bruno Buozzi, Leone Ginzburg, uomini di
sinistra che insieme a tantissimi altri pagarono con la vita il loro coraggio
antifascista.
O nomi come Sandro Pertini, Giuseppe Saragat, Pietro Nenni, Palmiro Togliatti, Gian Carlo
Pajetta, Camilla Ravera, Giorgio Amendola, Carlo Levi, Emilio Lussu, Ernesto Rossi, Pietro
Calamandrei, uomini di sinistra che pagarono con lesilio, il confino, il carcere
duro la loro tenace volontà di non piegarsi.Forse, non è inutile ricordarLe che nei
giorni di aprile di cinquantotto anni fa Milano - la sua città - prima che arrivassero le
truppe alleate fu liberata dai partigiani di Cino Moscatelli, Corrado Bonfantini e Tino
Casali. E Milano liberata vide sfilare alla testa dei partigiani, fianco a fianco,
cattolici come Enrico Mattei insieme a uomini di sinistra come Riccardo Lombardi,
Ferruccio Parri e Luigi Longo. Le potrei ricordare che nellaprile del 44 a
Torino caddero sotto lo stesso piombo fascista, gridando insieme «viva l'Italia libera»,
il monarchico generale Perotti, il socialista Erik Giachino e il comunista Eusebio
Giambone.
Le potrei ricordare che combattendo a Megolo, nellalto Piemonte, morirono insieme il
cattolico Antonio Di Dio, il raffinato borghese Filippo Maria Beltrami e Gaspare Paietta.
Le potrei ancora ricordare come a Genova i tedeschi del generale Meinhold si siano arresi
ai partigiani del cattolico Paolo Emilio Taviani e delloperaio comunista Remo
Scappini. Potrei continuare con mille altri esempi - dalle giornate di Napoli al
sacrificio dei fratelli Cervi - di quanto la sinistra abbia contribuito a quel moto
nazionale di liberazione democratica che non a caso fu chiamato Secondo Risorgimento,
riscattando così lonore dellItalia infangato dal fascismo e dalle sue
avventure di aggressione. Boves, Marzabotto, SantAnna di Stazzema, le Fosse
Ardeatine, il Portico dOttavia, la Risiera di San Saba, il Lager di Fossoli sono lì
a testimoniare il pesante contributo di dolore e sofferenza con cui questo nostro Paese ha
riconquistato la sua libertà.Una storia che appartiene allItalia e agli italiani.
Una storia che Lei non solo dovrebbe avere la sensibilità di conoscere, ma soprattutto di
rispettare. Perché lì cè lidentità democratica e civile dellItalia
di oggi.
E dunque, Presidente, in questo 25 aprile renda onore a chi per la libertà ha pagato con
la vita, a chi per la libertà si è battuto, a chi la libertà ha conquistato per
ciascuno di noi. Anche per Lei.