Il 60° della Liberazione: un momento di esame di coscienza
collettivo
a cura di Massimo Rendina
La partecipazione imponente di folla alle celebrazioni del 60° della
Liberazione a Milano, Roma e in moltissime altre località - come mai si era avuta da
molti anni - è dovuta a vari fattori.Senza
dubbio all' interesse suscitato dai giornali, dalle radio e televisioni, che hanno
giustamente visto nella data rievocativa occasione e stimolo alla comunicazione di
documenti e di testimonianzee alla promozione
di dibattiti in relazione alla situazione politica in atto e alle domande che da essa
emergono su ciò chesta avvenendo nella
società italiana sotto la spinta del gruppo dirigente che ha la maggioranza in
Parlamento, ma sta perdendola nel Paese reale. Domande che riguardano in primo luogo le
attese che la liberazione aveva suscitatosessanta
anni fae sulla loro realizzazione per dare
alla libertà, attraverso i dettami costituzionali, esiti concreti connessi
all'autorealizzazione della persona umana. Ma ci sono anche altri motivi che hanno spinto
molta gente di ogni età e condizione a manifestare indignazione e sconcerto a fronte di
atteggiamenti offensivi di quella che potremmo chiamare l' intelligenza comune. Si pensi
adesempio a gesti e uscite del vicepresidente
del Consiglio Gianfranco Fini e dei suoi seguaci, già epigoni fascisti, i quali con una
riconversione spirituale totale condannano il Fascismo e definisconoil Nazismo (e quindi anche il Nazifascismo) un
"male assoluto", rendono omaggio ai cimiteri sterminati dell' Olocausto e ai
luoghi ove esso vennecommesso, e
contemporaneamentepromuovono una legge per
dare dignità e patente di combattenti e patrioti a coloro, i collaborazionisti di Salò,cheessi
stessi riconoscono coautori, partecipi di quegli orrendi misfatti. Tutto ciò non per
indurre l' opinione pubblicaa considerare
situazionipersonali, erroricommessi in buona fede - sia pure in un quadro
ideologico, politico e militare del tutto palese anche ai più sprovveduti - specialmente
da giovanissimi, ed estrapolare quindiepisodi
individuali dal contesto storico quali frutto di infatuazioni retoriche, ma per dare
riconoscimento etico-giuridico ad una intera categoriadi irriducibili fascisti che militava dalla parte che anche il leader di ANproclama essere sbagliata e, se le parole hanno un
senso, criminale.
In tale scenario anche le oltre diecimila vittime innocenti dello
stragismo nazifascista non hanno per AN, la Legaealcuni esponenti di Forza Italiaalcun peso in una storia da rivedere per mettere
tutti sullo stesso piano, vittime e carnefici. E per affermare che meriti e colpe vanno
ricercate in entrambe le parti, citano con enfasi le foibe (dimenticando i cadaveri anche
di partigiani rinvenutie le stragi fasciste
commesse in quegli stessi luoghi) ai cui orrori la Resistenza italiana è del tutto
estranea. Il revisionismo storico strumentale si esercita poi nell' altalena dei giudizi,
secondo i qualiuna volta si vede la
supremaziadei comunisti nel movimento
partigiano (col pericolo di fare dell' Italia un satellite sovietico) e un'altra li si
taccia di aver enfatizzato la loro consistenza, oscurando la partecipazione degli altri
partiti e formazioni del CLN e degli stessi militari italiani combattenti con gli Alleati.
Non mancano infine i prolungamenti storici, per dire che la Guerra di Liberazione non
finì ai primi di maggio 1945 ma si protrasseper
altri due anni e oltre, al fine di includervile
uccisioni per mano di partigiani comunisti di ex fascisti e avversari fascisti, o a causa
della lotta di classe.Anche questo per contestare la validità di una data e della sua
celebrazione, ma pure per colpire al cuore la Resistenza nel suo complesso, oltre il
disegno di dividere i partigiani buoni da quelli cattivi (altro esercizio funambolesco
revisionista).
Con tali premessesi
accusano le associazioni resistenziali che hanno celebrato il 25 apriledi averne fatto strumento di divisione degli
italiani? Si toglie ogni validità alla pacificazione avvenuta con l'amnistia subito dopo
la Liberazione? Ce ne vuole un'altra? Per accontentare una ormaisparuta schiera di fascisti orgogliosi (come il
ministro Tremaglia, che ha pure giurato fedeltà alla Repubblica nata dalla Resistenza) di
essere stati fedeli esecutori degli ordini nazisti? Non basta. Altri esponenti del governo
- seguaci dell'on. Bossi che non molto tempo fa ha insultato il simbolo della Patria, il
Tricolore, con linguaggio da trivio-frantumano
l' Italia , distruggendo i principi morali (costituzionali) della solidarietà,e vedono nel 25 aprile motivo di disunione e
pretesto bassamente politico in funzione antigovernativa.
Quanto sta accadendofa
sì che il 25 aprile non sia una data che ci siamo lasciati alle spalle, ma un momento
politico importante, forse ultimativo per un esame di coscienza collettivo da trasformare
infermo proposito a salvaguardia delle
istituzioni democratiche che la Guerra di Liberazione ha dato alnostro Paese.