Le tragedie «usate» e il valore della Resistenza
        
        di CLAUDIO MAGRIS
        Alla profonda gratitudine per
        queste parole così generose nei miei confronti si aggiunge la gratitudine per qualcosa
        che oggi tutti dobbiamo al presidente, ossia per aver egli appassionatamente fatto
        chiarezza sulla realtà e sul significato del 25 aprile, della Risiera e delle foibe e
        della sempre viva memoria loro dovuta; una chiarezza più che mai opportuna dopo tante
        recenti confusioni inquinanti su tali brucianti temi. La Resistenza e le foibe sono delle
        realtà, ognuna delle quali va ricordata di per sé, quando è il momento, senza il
        ridicolo bisogno quasi di correggere il ricordo delluna col ricordo delle altre o
        viceversa. Quando diciamo che i Gulag staliniani erano un orrore, è grottesco
        precipitarsi a dire, nello stesso momento, che i Lager erano mostruosi o viceversa, come
        se ciò non fosse ovvio. Inoltre, cè differenza fra il disegno sistematico di
        sterminio propugnato e praticato dal nazismo, del quale la Risiera è un episodio, e
        orribili violenze nazionalistiche scatenate alla fine di una guerra. È blasfemo, è
        indice di cattiva coscienza usare le tragedie delle vittime per fini politici
        attuali. Quando, molti anni fa, scrissi sul Corriere dei crimini delle foibe,
        nessuno dei tanti che oggi se ne sciacquano la bocca vi prestò la minima attenzione,
        perché in quel momento quei crimini e le loro vittime non servivano ad alcuna propaganda
        politica. Una cosa è certa: se oggi possiamo tutti parlare liberamente di Risiera e di
        foibe, esprimendo le opinioni politiche più diverse e contrastanti, lo dobbiamo al 25
        aprile, alla Resistenza, alla Liberazione che ha ridato a tutti i cittadini, di destra, di
        centro e di sinistra, la democrazia e la libertà. Deve averlo istintivamente capito, pur
        forse senza rendersene pienamente conto, anche chi a Trieste ha proposto di dichiarare il
        25 aprile festa non della Resistenza, ma della conciliazione di tutti gli italiani: la
        festa di tutti - del Paese, della nazione, dellItalia restituita a se stessa e a
        tutti i suoi cittadini, di centro, di destra e di sinistra - non può certo essere la
        marcia su Roma, bensì la Resistenza e la Liberazione antifascista.