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  Il Partito d'Azione

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Il Partito d'Azione nella Resistenza, il Governo Parri e lo scioglimento del partito

Dopo l'armistizio del '43, il Partito d'Azione immette questo patrimonio di pensieri e di azioni, tanto ricco quanto composito, nel corpo vivo della Resistenza. L'operazione di innesto della tradizione giellista nel movimento resistenziale ha il suo maggiore artefice in Ferruccio Parri. Parri è l'interprete più fedele, più intransigente, più conseguente della direttiva principale e centrale di Rosselli: la liberazione dal fascismo deve essere opera del popolo italiano, deve coinvolgere le classi popolari, deve portare a compimento quel processo di rigenerazione nazionale rimasto incompiuto dal Risorgimento sabaudo-garibaldino. Gli azionisti sono presenti in maniera attiva nella Resistenza e nei Comitati di liberazione nazionale: le formazioni GL costituiscono il nucleo più numeroso, più combattivo e più compatto della Resistenza non comunista e c'è chi ipotizza il loro concorso al fine di fronteggiare i comunisti qualora essi scendessero su terreno rivoluzionario. Questo consente a GL di accogliere nelle proprie file uomini che appartengono ai ceti dirigenti inseriti in una rete di efficienti e efficaci solidarietà, quadri militari professionali e di godere dei lanci di armi e viveri da parte degli Alleati, generalmente negati alle formazioni comuniste.
Nei venti mesi della guerra partigiana morirono, di Giustizia e Libertà, in 4.500, e fra loro la più alta proporzione di dirigenti.

 

Il governo Parri e lo scioglimento del partito

Il Partito d’Azione partecipò ai governi che si succedettero dal giugno 1944 al luglio 1946. La sconfitta del governo Parri è un momento della più vasta sconfitta delle avanguardie della Resistenza europea, è il trionfo del realismo politico delle grandi potenze e delle grandi formazioni politiche che ad esse ideologicamente e politicamente fanno capo, quel realismo che regalerà al mondo l'equilibrio della guerra fredda e delle contrapposizioni frontali che spaccano la Resistenza all'interno dei maggiori paesi europei, in prima linea Italia e Francia. Il disegno di Parri della rigenerazione nazionale nel segno di una rivoluzione democratica si scontra col composito fronte della conservazione, sulla quale grava l'ipoteca della destra monarchica, clericale, neo-fascista, massicciamente presente nel paese. Non avrà dalla sua parte le forze della sinistra, egemonizzata e diretta da un partito comunista inserito senza riserve in una strategia che ha a Mosca il suo centro.

Dopo la caduta del governo presieduto proprio dall’esponente azionista, Ferruccio Parri, il Partito d’Azione, diviso tra una corrente democratico-riformista, capeggiata da Ugo La Malfa, e una corrente socialista-rivoluzionaria, capeggiata da Emilio Lussu, mostrò scarsa omogeneità al suo interno. La grave sconfitta subita alle elezioni per la Costituente del 1946 (prese solo l'1,46 per cento dei voti) fu all'origine della crisi del partito, rappresentato da intellettuali di primo piano ma privo di una base di massa. Protagonista nella guerra di liberazione, esso va infatti in frantumi a un anno dalla insurrezione, dopo aver dato all'Italia liberata il primo presidente del consiglio. La sparuta pattuglia dei suoi eletti alla Costituente riuscirà ancora, tuttavia, a dare un contributo di straordinaria importanza alla elaborazione della carta costituzionale e valga per tutti il nome di Piero Calamandrei, che della costituzione fu tra i maggiori artefici nell'aula di Montecitorio, il più strenuo difensore dei suoi dettami nella battaglia politica e parlamentare, il più appassionato divulgatore dei suoi principi nel paese.

Il partito d'azione perse rapidamente la sua influenza nella vita politica italiana e i suoi esponenti confluirono in altri partiti: Lombardi e Lussu nel Partito socialista italiano (PSI), La Malfa nell Partito repubblicano (PRI). Nel 1955 alcuni esponenti azionisti (Valiani, Zevi, Rossi, Calogero e altri) cercarono di far rinascere il partito, con un nuovo nome: partito radicale. Ma il tentativo fallì.

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