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  Al confino a Ustica

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L'arrivo dei confinati a Ustica

Nell'isola di Ustica (Palermo), negli anni del Regime fascista, furono confinati diversi leader dell'antifascismo. Filippo Turati, Ferruccio Parri, Carlo e Nello Rosselli, Randolfo Pacciardi, alcuni dirigenti del partito comunista fra i quali Amadeo Bordiga e Antonio Gramsci, arrivato sull’isola tra i primi, il 7 dicembre 1926.

La scuola di Gramsci e Bordiga

Gramsci e Bordiga costituirono fin dal dicembre una scuola. Bordiga il 13 aprile 1927 ne dava notizia a Gramsci in questi termini: “… come saprai i confinati sono aumentati di numero fino a circa 300 e ancora aumentano, venendo da Tremiti, Favignana, Pantelleria, e Lampedusa. Dunque grande aumento delle scolaresche. Per ragioni pratiche la scuola ha dovuto continuare secondo il primitivo avviamento: solo ora diamo brevi vacanze, poi faremo degli esami o meglio sedute di classifica della massa scolara, e quindi si riprenderà con piano completamente nuovo e aumentato corpo insegnante”.

La vita dei confinati

Dalla testimonianza di un altro confinato Alfredo Misuri, ex liberale e già deputato fascista, caduto poi in disgrazia per le sue critiche alla dittatura, arrivato ad Ustica alla fine del maggio 1927, ricaviamo altre notizie relative alla vita dei confinati: “I confinati senza famiglia si erano pure riuniti, secondo le varie tendenze politiche, per consumare i pasti insieme, e facevano prodigi d’ingegnosità e di organizzazione affinché le dieci lire giornaliere bastassero per l’abbonamento alla mensa, con un margine per le sigarette e le altre minute spese”.

Queste “libertà” non durarono a lungo poiché a partire dal settembre 1927 prese corpo una di quelle montature di cui gli antifascisti dovettero pagare le conseguenze. Da una relazione inviata dal famoso prefetto Mori al Ministero dell’interno si legge: “Ho sempre ritenuto che la colonia di confino di Ustica, nella quale sono riuniti insieme in media, 360 confinati politici (tra i più pericolosi sovversivi del Regno) e 160 confinati comuni, meritasse la massima vigilanza da parte degli organi di polizia responsabili, perché essa non divenisse il centro propulsore di un pericoloso movimento, che, in rapporti clandestini col sovversivismo clandestino italiano e straniero, potesse riuscire di grave nocumento al Regime. Da tempo, quindi, ho impartito gli ordini necessari perché con ogni mezzo venisse riservatamente accertata l’attività politica che in Ustica si esplicava, al fine di poterla tempestivamente stroncare”.

Per realizzare questi propositi la notte del 30 settembre vennero eseguite innumerevoli perquisizioni negli alloggi dei confinati ed in quelli dei residenti sospettati di collaborare con gli antifascisti. Il Prefetto sostenne che così si accertò “che fra i confinati politici di Ustica, si erano costituite clandestinamente… singole organizzazioni di partito ed una organizzazione di fronte unico, in rapporti con sovversivi e gruppi politici del Regno e dell’Estero, ed aventi lo scopo di preparare un movimento di evasione e di ribellione contro i poteri dello Stato”.
Così il 10 ottobre successivo vengono arrestati i 39 più pericolosi sovversivi confinati di Ustica fra i quali, Bordiga, Berti e Griffith. Le indagini non si fermarono ed in un’altra nota del Direttore della colonia si legge: “… con accurata pazienza e coadiuvato efficacemente dal Centurione della Milizia Memmi Alberto, studiai tutte le lor mosse per arrivar a scoprire l’organizzazione criminosa. Infatti, dopo circa 20 giorni di indefesse e laboriose indagini, e dopo una proficua perquisizione fatta ai maggiori esponenti dei vari partiti sovversivi, potei stabilire che in Ustica, esisteva una associazione criminosa contro i poteri dello stato” ed in pratica le azioni dei confinati dovevano “culminare con una rivolta armata contro le locali autorità e poscia fuggire con una ignota nave all’estero e raggiungere i compagni di fede; nave che nei primi del mese di ottobre sostò per parecchio tempo in alto mare in vista di quest’Isola, e che si allontanò perché sorpresa dalla tempesta”.

Il carteggio relativo alle ricerche della suddetta nave fu intenso ed arrivò ad interessare persino il console italiano a Marsiglia. Misuri ci racconta ciò che avvenne: “Il paese era stato posto in stato d’assedio: mitragliatrici sui tetti. Pattuglioni avevano eseguito arresti nelle case e nei cameroni; scene indescrivibili erano avvenute: mariti strappati dalle braccia delle mogli; mogli minacciate con le pistole; bambini, come quelli del Bordiga, interdetti dall’ultimo abbraccio paterno. […] Sapemmo poi che la penosa traversata durò dieci ore e che, all’arrivo a Palermo, i sessanta arrestati furono rinchiusi nel carcere dell’Ucciardone, ove cominciò per loro un’odissea di molti mesi, pel processone che s’istruì, e che si sgonfiò, dopo la loro dispersione in vari carceri, sino alla definitiva liberazione”.

Il 1° agosto il Giudice istruttore del Tribunale speciale emise una ordinanza di scarcerazione per revoca del mandato di cattura sostenendo che: “l’accusa di aver organizzato in Ustica una insurrezione per impadronirsi delle armi della milizia, impossessarsi dell’isola, e quindi del piroscafo Postale o di altra nave, non soltanto risulta sfornita di ogni prova, ma si chiarisce, a seguito della minuta e completa Istruzione Istruttoria come semplicemente fantastica, fiorita nella mente di informatori in malafede”.

 

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pallanimred.gif (323 byte) Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica Saggi, fotografie sul periodo del confino politico degli antifascisti a Ustica

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