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        Biografia 
          Giuseppe Di
        Vittorio
        Giuseppe Di Vittorio nasce a Cerignola il 13 agosto del 1892. Il padre Michele
        è un lavoratore dei campi e tutta la famiglia è costituita da braccianti agricoli. Nel
        1904, nel maggio, partecipa ad una manifestazione di lavoratori agricoli, durante la quale
        interviene la polizia. Quattro lavoratori vengono colpiti a morte. Fra questi un suo
        giovane amico quattordicenne, Antonio Morra. 
        Nel 1910, alla fine di novembre, diventa segretario del circolo giovanile socialista di
        Cerignola, che prende il nome di "XIV maggio 1904", per ricordare l'eccidio
        consumato in quell'anno. Il circolo prende ben presto un indirizzo a carettere
        sindacalista rivoluzionario, staccandosi dal PSI e aderendo alla Federazione di Parma
        della gioventù socialista.  
        Nel 1915 è richiamato in guerra e dopo aver partecipato a parecchie azioni rimane
        ferito. Per il suo passato di "sovversivo", dopo un lungo peregrinare, viene
        inviato a Porto Bardia, in Libia.  
        Nel 1921 viene eletto deputato mentre è detenuto nelle carceri di Lucera.  La
        elezione a deputato avviene in circostanze del tutto eccezionali. Esse ci offrono un
        quadro della situazione non solo personale, ma ci indicano lo scontro sociale in atto tra
        la fine del 1920 e la metà del 1921.  
        In questo periodo dilaga il fascismo, con la violenza piu' spietata, in molti centri
        pugliesi considerati le roccaforti del movimento socialista e, soprattutto, delle
        orgsnizzazioni sindacali dei lavoratori. Queste fanno capo, in parte, alla CGdL, di
        orientamento socialista, e in misura consistente (Cerignola, Minervino, Corato, Bari) all'
        Unione sindacale italiana, di cui Di Vittorio è il maggiore e piu' qualificato esponente.
        La resistenza al fascismo era molto forte in Puglia e Di Vittorio ne era uno degli
        animatori piu' convinti e deciso. Ed è proprio in seguito ad uno sciopero regionale
        antifascista, in un momento in cui il movimento operaio è gia' in ritirata, che Di
        Vittorio viene arrestato.  
        Su pressione delle leghe e della Camera del Lavoro viene candidato alle elezioni del
        1921; lo scontro in quella campagna elettorale è totale: i fascisti provocano una strage
        a Cerignola (nove lavoratori uccisi). Nonostante il clima di violenza e di intimidazione
        Di Vittorio viene eletto. Per tutto il 1921 e fino ai primi mesi del 1923, l'attenzione
        preminente di Di Vittorio e' rivolta alla situazione dei lavoratori e delle loro
        organizzazioni in Puglia, sottoposta ad un'opera di logoramento fino alla distruzione.
        Egli stesso e' bandito dalla sua citta', dai fascisti di Cerignola. Ma e' a Bari che egli
        mette a profitto tutta la sua esperienza, nella Camera del Lavoro. L'occasione e' offerta
        dallo sciopero nazionale, detto "legalitario", dell'estate 1922, che ha luogo in
        tutta Italia per imporre la fine delle delle violenze fasciste ed il ritorno al rispetto
        della legge.  
        Indetto dall' Alleanza nazionale del lavoro lo sciopero si risolse in una amara sconfitta:
        furono poche le realta' nel quale si costitui' un ampio schieramento antifascista. Una di
        queste e' stata Bari, e la sua Camera del Lavoro che riusci' a costituire un ampio
        schieramento di forze (socialisti, sindacalisti, anarchici, comunisti, ufficiali fiumani,
        arditi del popolo) e tenne in scacco i fascisti fino all'ottobre del 1921, quando
        intervenne l'esercito a conquistare e sciogliere la Camera del Lavoro.  
        Sul finire del 1922 per Di Vittorio non e' piu' possibile vivere in Puglia. Si
        trasferisce a Roma. Nel 1924 avviene l'incontro con Antonio Gramsci e con Palmiro
        Togliatti, che lo porta ad aderire al Partito Comunista. Insieme con Ruggiero Grieco,
        dirigente comunista pugliese, avvia un'interessante lavoro per gettare le basi di
        un'organizzazione autonoma dei contadini italiani, in primo luogo nelle regioni
        meridionali. Il clima e' quello della semilegalita' che ben presto diventera', ai primi di
        novembre del 1926, illegalita' piena e totale.  
        Fra il 1928 ed il 1930 è in Urss, rappresentante del Pcd'I presso l'Internazionale
        Contadina. Nel 1930 va a Parigi per far parte del gruppo dirigente del PCI e per assumere
        l'incarico di responsabile della CGIL clandestina. E' fra i primi ad accorrere in Spagna
        dove ad Albacete partecipa all'organizzazione delle Brigate Internazionali con Luigi Longo
        e Andrè Marty ed altri dirigenti. Rientrato in Francia nel 1939 dirige "La voce
        degli italiani", quotidiano antifascista. Arrestato nel 1941 viene tradotto in Italia
        e destinato a Ventotene. Nel '43 viene liberato e partecipa alla lotta di Liberazione.  
        Firmatario del Patto di unità sindacale di Roma del 1944 con Achille Grandi per i
        democristiani e Emilio Canevari per i socialisti, diviene segretario generale della Cgil
        unitaria e poi, dopo la scissione, della Cgil fino alla sua morte. Tra le sue innumerevoli
        iniziative, va almeno ricordato il Piano per il lavoro, del 1949. Nel 1953
        viene eletto presidente della FSM (Federazione Sindacale Mondiale). 
        Deputato alla Costituente del '46, la sua convinta adesione agli ideali comunisti fu
        comunque sempre contraddistinta da una totale autonomia, che ebbe il suo momento più noto
        nella condanna decisa della feroce repressione sovietica in Ungheria nel 1956. Un altro
        punto fermo del suo pensiero fu il rifiuto della violenza nelle lotte di massa e nellazione
        del movimento sindacale, convinto come era che nel nuovo regime democratico ai lavoratori
        erano dati gli strumenti pacifici per sviluppare le loro rivendicazioni e per allargare la
        loro influenza sugli altri ceti della popolazione italiana. 
        Non ebbe esitazioni ad ammettere pubblicamente gli sbagli della organizzazione che
        dirigeva, e memorabile in questo senso rimane il discorso al comitato direttivo della Cgil
        dellaprile del 1955, dopo la sconfitta alle elezioni dei rappresentanti dei
        lavoratori alla Fiat. 
        Morì il 3 novembre del 1957 a Lecco, dopo un incontro con i delegati sindacali.  |