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Biografia

pallanimred.gif (323 byte) Ugo La Malfa

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Nato a Palermo il 16 maggio 1903. Frequentò l'università veneziana di Ca' Foscari. Fu uno dei suoi professori, l'ex-deputato Silvio Trentin, a presentarlo a Giovanni Amendola. Amendola - esponente del "rinnovamento" culturale italiano dei primi anni del secolo, prima di entrare nella vita politica e divenire il virtuale "capo" della opposizione aventiniana al fascismo - era stato segnato dalla esperienza teosofica e da grandi interessi verso il mondo massonico e occultista. Molti autorevoli "fratelli" avevano patrocinato il Mondo, il giornale fondato dallo stesso Amendola nel 1922, e avevano aderito alla Unione Democratica Nazionale, il movimento antifascista da lui successivamente creato. L'esordio pubblico di Ugo La Malfa fu, appunto, un intervento al convegno dell'Unione Democratica Nazionale, svoltosi a Roma tra il 14 e il 16 giugno 1925. Amendola lo fece includere nella ristretta "pentarchia", la direzione dell'Unione Democratica, incaricata di organizzare la opposizione al fascismo. Giovanni Amendola moriva, tuttavia, nel 1926. In quello stesso anno Ugo La Malfa era espulso per antifascismo dal Corso Allievi Ufficiali di Complemento. Nel 1928 veniva ancora arrestato e condannato a tre mesi di carcere per avere cercato di dare vita a una organizzazione illegale. Questi precedenti non impedivano a Ugo La Malfa di entrare, nel 1930, in uno dei "santuari" del regime, l'Istituto della Enciclopedia Treccani diretta da Giovanni Gentile. Nell'Enciclopedia è rappresentato un ventaglio di presenze che da "fascisti" come Ugo Spirito va a intellettuali "crociani" e comunisti.

Tre anni dopo, il giovane antifascista lasciava l'Istituto Treccani per entrare in uno dei gangli economici del regime: la "chiusissima" Banca Commerciale. Nel 1933, infatti, Ugo La Malfa veniva chiamato da Raffaele Mattioli all'Ufficio Studi della Comit a Milano, dove avrebbe passato gli anni decisivi della sua vita. In quello stesso anno, Giovanni Malagodi, figlio di un noto esponente antifascista, diveniva condirettore centrale della Comit a Milano e riceveva in questa qualità il giovane La Malfa. Tre anni dopo, appena ventiduenne, entrava all'Ufficio Studi della Banca Commerciale un altro giovane, destinato a rappresentare la "versione italiana della concezione keynesiana dell'economista tecnocrate": Guido Carli. Alla Comit lavoravano, inoltre, altri due protagonisti della vita economica italiana: Enrico Cuccia e Cesare Merzagora.

Alla Comit, ricorda La Malfa, "cambiò completamente la mia vita. Cominciai a conoscere Keynes, quindi il pensiero economico americano e il New Deal, il laburismo il fabianesimo. Cominciai a valutare criticamente i problemi dell'economia italiana. Là alla Banca, c'era possibilità di conoscere quello che maturava nel mondo anglosassone".

La Comit non fu solo una "Università segreta", ma l'occasione di incontri decisivi per il giovane La Malfa, cui si aprirono gli orizzonti dell'alta finanza internazionale. In quegli stessi anni, da parte di un gruppo di discepoli di Gobetti e Amendola, era stata fondata Giustizia e Libertà. La Malfa, tuttavia, non vi aderì. Il suo arco di contatti era più profondo e più vasto. Casa Mattioli, a Milano, ne costituiva il centro principale. "Quella casa era aperta proprio a tutti. Naturalmente erano tutti antifascisti, almeno per cultura". I rapporti tra il gruppo milanese e gli antifascisti italiani che si erano rifugiati all'estero erano affidati a Enrico Cuccia, che utilizzava nei suoi viaggi la copertura delle missioni di affari.

Allo scoppio della guerra il "clan" della Commerciale continua a mantenere i suoi stretti contatti con il mondo finanziario anglosassone. Al principio del 1942 il New York Times pubblicava una lunga analisi della situazione italiana, che contribuiva a pregiudicare le future sorti della monarchia. Il documento era opera di Ugo La Malfa e Adolfo Tino, che avevano cominciato a imbastire la formazione di un nuovo "partito democratico", il Partito d'Azione. "Nel '42, io e Adolfo Tino - ricorda ancora La Malfa - preparammo un documento per Sforza, in cui mettevamo in guardia gli americani sul gioco della monarchia, che avrebbe tentato di salvarsi utilizzando il cosiddetto fascismo moderato e parte dell'antifascismo. Era il memoriale che noi facemmo arrivare in America via Portogallo, mandando a Lisbona un nostro amico, Enrico Cuccia, ora amministratore delegato della Mediobanca, perché lo consegnasse all'ambasciatore George Kennan. Il testo arrivò a Sforza e fu pubblicato sul New York Times ". Ancora La Malfa e Tino sono gli autori dell'articolo di fondo del primo numero dell'Italia libera, uscito clandestinamente alla fine del 1942. "La scrivemmo io e Tino, per spiegare come confluiscono insieme tante componenti diverse: Giustizia e Libertà, una corrente repubblicana, i crociani-amendoliani, i sardisti e liberalsocialisti". "Era enorme fatica metterli insieme. Comunque durante il periodo clandestino unificammo tutte queste correnti" . Al di là della confusione delle correnti, sta la chiarezza del programma per la "nuova Italia", redatto da La Malfa e Tino. Si tratta di sette punti programmatici che il biografo di La Malfa così riassume:

"1) Regime democratico e repubblicano.

2) Decentramento, regioni, intervento statale per le aree depresse.

3) Nazionalizzazione dei complessi monopolistici o di rilevante interesse collettivo.

4) Riforma agraria articolata.

5) Responsabilità e partecipazione dei sindacati nel processo economico.

6) Piena libertà di credenze e di culto, e separazione del potere civile da quello religioso.

7) Federazione europea di liberi paesi democratici nel quadro di una piú vasta collaborazione mondiale".

All'inizio del 1943, La Malfa è costretto a fuggire per sottrarsi all'arresto, che già ha colpito molti suoi collaboratori nel Partito d'Azione. A Bergamo, dove si è rifugiato, riceve l'invito di recarsi a Berna, dove lo aspetta un incontro decisivo. Il suo interlocutore è Allen Dulles, responsabile dell'Office of Strategic Services e insider di vecchia data. Con il suo aiuto, espatria in Francia e di qui a Londra.

Dopo il 25 luglio, La Malfa torna in Italia dall'Inghilterra con l'autorevole appoggio del "clan" al suo programma. A Roma vive in casa del principe Filippo Caracciolo (poi suocero di Giovanni Agnelli), che già lo ha ospitato clandestinamente in Svizzera.

L'8 giugno del 1944, quattro giorni dopo la liberazione di Roma, partecipa alla prima riunione non clandestina del CLN, al Grand Hotel. Accanto a Badoglio, affiancato da due suoi ministri, Croce e Togliatti, sedevano quel giorno, nel salone del Grand Hotel, tutti i protagonisti del CLN: La Malfa, Bonomi, Ruini, Nenni, Scoccimarro, Casati, De Gasperi, e il segretario Fenoaltea. Il primo grande frutto di quell'esperienza fu, nel 1946, la caduta della monarchia.

Nel 1946 si conclude la breve vita del Partito d'Azione. La sua "diaspora" produrrà fermenti pressoché in tutti i partiti rappresentati in parlamento. Ugo La Malfa sceglie di entrare nel Partito Repubblicano, in cui percorrerà una agitata carriera fino a divenirne, dopo il violento scontro con Pacciardi al congresso di Bologna del 1960, il segretario politico e il vero "dittatore carismatico". La Malfa ha abbandonato la Banca Commerciale per dedicarsi completamente all'attività pubblica, e tuttavia il suo itinerario politico non può essere compreso senza tenere continuamente presente la fitta trama di relazioni culturali ed economiche che continuano a tenerlo legato al "clan supercapitalista".

Nell'aprile del 1947 viene così designato a rappresentare l'Italia al Fondo Monetario di Bretton Woods. L'anno successivo si trova a capo della missione italiana inviata a Mosca per negoziare il primo accordo commerciale tra Italia e Unione Sovietica; nel 1948 è nominato vicepresidente del Fondo Monetario Internazionale; nel 1949 è membro effettivo dell'Assemblea Permanente Europea a Strasburgo. Inizia la sua partecipazione al Bilderberg, il "club" che dal 1954 riunisce in periodiche riunioni semi-clandestine gli insiders dell'alta finanza internazionale. Alla riunione che si terrà a Villa d'Este, in Italia, nel 1965, parteciperanno, tra gli altri, con Ugo La Malfa, Giovanni Agnelli, Guido Carli, Giovanni Malagodi.

Fin dal dicembre del 1945, quando De Gasperi, formando il suo gabinetto, gli ha affidato il ministero del Commercio con l'Estero, è iniziata intanto l'attività governativa di La Malfa. Sotto De Gasperi sarà nuovamente, più volte, ministro di questo dicastero; ma più importante è la sua pressoché continua presidenza delle commissioni Finanze e Tesoro della Camera dei Deputati, che gli permette di por mano alle agognate "riforme di struttura", dalla riforma agraria alla liberalizzazione degli scambi, alla nazionalizzazione dell'energia elettrica.

Ma il grande momento di La Malfa fu nel 1962, quando si realizzò quel centro-sinistra cui, come egli stesso ci confessa, pensava fin dalla guerra. Ugo La Malfa fu tra i più qualificati partecipanti di quel convegno, organizzato a Bologna nell'aprile del 1961 dalla rivista Il Mulino, su La politica estera degli Stati Uniti e la responsabilità dell'Europa, che segna l'atto di nascita non ufficiale del centro-sinistra.

Nel marzo 1962, Fanfani presiede il primo governo di centro-sinistra, con l'appoggio esterno socialista. Al nuovo ministero del Bilancio è chiamato La Malfa, che reggerà l'incarico fino al giugno 1963. In pochi mesi Fanfani e La Malfa sfornarono progetti a ritmo sostenuto: la nazionalizzazione delle industrie elettriche; l'imposta cedolare d'acconto; il varo della commissione della programmazione economica".

Dal centro-sinistra al compromesso storico: in questa formula si può sintetizzare l'itinerario politico di Ugo La Malfa negli anni successivi. Dopo il 20 giugno '76 sarà La Malfa il primo fra i vecchi "leaders storici" di parte tradizionalmente anticomunista, a dire che "il compromesso storico in Italia è ormai ineluttabile". Ed è con questa lucidità - per quanto riguarda il futuro, sempre, più che per quanto riguarda il presente che La Malfa aveva dichiarato due anni prima, nel '74: "Un governo riformatore potrebbe servirsi dell'opera del Pci, se il Pci avesse il coraggio di accettare il disegno di fondo di una società giusta e libera in tutte le sue conseguenze. Ma voglio dire questo: neppure con il Pci si può arrivare a niente, se viene a mancare l'energia morale. Incidentalmente dirò che durante l'antifascismo e la resistenza di tale energia ne ebbero in forte misura gli azionisti e i comunisti..."". A trent'anni di distanza dall'esperienza ciellenistica, conclusasi nel 1948, Ugo La Malfa, con Aldo Moro sembrano volere riannodare i fili di una collaborazione interrotta solo perché prematura e che ora ha trovato nel paese le condizioni sociali idonee alla sua completa maturazione. Così, all'indomani del rapimento dell'on. Moro, il 17 marzo 1978, il quadro ciellenistico si ricompone, con l'entrata ufficiale del Partito Comunista nell'area governativa.

Anche a questa operazione La Malfa diede il suo importante contributo. Alle soglie dell'ultimo passaggio del compromesso storico, l'entrata del Partito Comunista nel governo, senza poter assistere agli esiti ultimi della "partita politica italiana", della "storia di domani", si chiude tuttavia bruscamente l'avventura terrena di Ugo La Malfa.

Roberto de Mattei

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