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Biografia
Raffaele Mattioli
Banchiere. Nato a Vasto il 20 marzo 1895. Di famiglia benestante, viene
spronato agli studi dal padre che sogna un giorno di vederlo diventare avvocato.
L'indipendente giovanotto tradirà però le aspettative del genitore: va a Genova e si
iscrive alla facoltà di economia. Nel frattempo il giovane Raffaele si sposa con Emilia,
dalla quale ha il primo figlio Giuliano. La moglie muore però poco tempo dopo di febbre
spagnola. Raffaele rimane solo con il piccolo, ma non si perde d'animo. Si risposerà con
la bella Lucia Monti, discendente di una brillante famiglia di intellettuali borghesi
milanesi, e mette al mondo altri tre bambini: Maurizio, Stefano e Letizia. Un paio di anni
dopo si laurea con una tesi sulla stabilità delle monete destinata a far scalpore. Siamo
nel 1921. Improvvisamente si libera l'ambitissima poltrona di segretario generale alla
Camera di Commercio di Milano. Mattioli, ventisettenne, vince il posto (anche grazie
all'aiuto del Rettore della Bocconi Angelo Sraffa), si insedia, e dopo un anno di duro
lavoro viene confermato.
Ad agevolare l'ingresso di Mattioli alla Comit è la sua amicizia con
Giuseppe Toeplitz, ebreo nato a Varsavia, trasferitosi poi a Genova e diventato dominus
assoluto e incontrastato della Comit. Un uomo brillante e intraprendente che però riuscì
a lasciare la Comit in uno stato di totale disorganizzazione e prossima al fallimento. Fu
la successiva gestione Mattioli a risollevare le sorti della banca pubblica. Differenti
visioni sull'economia e sulla finanza creeranno un disaccordo insanabile tra i due. Mentre
Toepliz tenta di portare la Comit a diventare una banca d'affari, Mattioli vorrebbe
riportarla ad una più normale quanto solida attività di credito. Toeplitz è per il
liberismo sfrenato e totale, Mattioli si rende conto dell'indispensabilità
dell'intervento dello Stato nell'economia. Nel 1933 Mattioli succede a Toeplitz come
amministratore delegato della Comit e presto imparano a conoscerlo anche all'estero:
"The fabulous italian banker", scrivono di lui in America.
Pur essendo convinto antifascista, un autentico liberal-progressista,
tiene ottimi rapporti anche con Mussolini e il suo entourage, non rinunciando poi a lunghe
conversazioni con Togliatti che incontra spesso in gran segreto e da cui è volentieri
ospite in casa. In quegli anni la Comit diventa un'università "segreta" della
classe dirigente antifascista: vi si studiano Keynes, il laburismo inglese, il
fabianesimo, il New Deal americano. Nel '33 è Mattioli ad assumere La Malfa alla Banca.
In quello stesso anno, Giovanni Malagodi, figlio di un noto esponente antifascista,
diventa condirettore centrale della Comit a Milano. Tre anni dopo, appena ventiduenne,
entra all'Ufficio Studi della Banca Commerciale Guido Carli. Alla Comit lavorano, inoltre,
altri due protagonisti della vita economica italiana: Enrico Cuccia (pupillo di Mattioli)
e Cesare Merzagora. Casa Mattioli, a Milano, diventa uno dei centri principali
dell'antifascismo italiano. I rapporti tra il gruppo milanese e gli antifascisti italiani
rifugiati all'estero sono affidati a Enrico Cuccia, che utilizza nei suoi viaggi la
copertura delle missioni di affari. Nel 1942 Mattioli partecipa alla stesura del manifesto
del Partito d'Azione, ma allo stesso tempo lavora al salvataggio di casa Savoia.
Discepolo di Benedetto Croce e suo grande amico, con lui condivide il
sostanziale disprezzo per le Logge e la Massoneria, anche se non furono pochi quelli che
insinuarono che dietro al suo ingresso in Comit ci fosse la dolce spinta di qualche Gran
Maestro. Lo chiamavano il banchiere eretico per il suo totale distacco dal potere
del Vaticano e dagli affari di Chiesa, anche se lo stesso Vaticano in più occasioni
finanziò la Comit. I rapporti con la Chiesa sono buoni. Nel '39 Padre Gemelli lo
chiama a insegnare Tecnica bancaria nella facoltà di Scienze politiche (quella di
Economia e commercio venne fondata solo otto anni dopo) dell'Università Cattolica.
Nel dopoguerra, assiste impotente allo scioglimento del Partito d'Azione,
stringe amicizia con i cattolici Vanoni e Enrico Mattei, assume Leo Valiani alla Banca,
appoggia discretamente la svolta di centrosinistra del Paese. Nel 1960 è nominato
presidente della Comit. Successivamente finanzia la casa della cultura di Rossana Rossanda
e una lunga serie di iniziative legate alla cultura, al teatro e all'arte
La sua vita è legata alla banca, la lascia solo dopo 27 anni di
ininterrotto servizio il 22 aprile 1972, prima vittima della lottizzazione politica e
della spartizione forsennata di poltrone in corso tra Dc e Psi, rifiutando, in un moto
d'orgoglio la presidenza onoraria. Gli succede Gaetano Stammati, Ragioniere generale dello
Stato. Trascorrerà gli ultimi mesi dedicandosi allo sviluppo degli studi storici per la
Ricciardi. Morirà un anno dopo a Roma, nella clinica Villa Margherita dove era andato per
farsi operare il 27 luglio 1973.
(notizie tratte dalla biografia di Renata Fontanelli) |