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“La memoria non deve essere confinata in un solo giorno”

Intervista a Marco Palmieri: "Giornata della Memoria è un passo avanti per non dimenticare la Shoah, ma servono anche studio e conoscenza".

 

Il 27 gennaio 1945 furono aperti i cancelli di Auschwitz, il campo di concentramento simbolo dell’Olocausto. La stessa data è stata scelta come Giorno della Memoria, proprio per non dimenticare la Shoah. Iris press ha ne ha parlato con Marco Palmieri, giornalista e storico, autore del libro Voci dal Lager (vedi sezione libri), edito da Einaudi.

La memoria è fondamentale per ricordare il passato. La commemorazione del 27 gennaio riesce a comunicare alle nuove generazioni   il vero orrore della Shoah?
L’istituzione di una giornata dedicata alla memoria delle vittime della Shoah, e più in generale del sistema concentrazionario nazista, è stato un passo avanti molto importante nel calendario delle ricorrenze civili del nostro Paese, di cui c’era assoluto bisogno. In molti casi vengono coinvolte anche le scuole e questo rappresenta senza dubbio un canale molto valido – da potenziare ulteriormente – per arrivare direttamente ai più giovani, ai quali spetta il compito di continuare a preservare questa storia e questa memoria, anche quando non ci sarà più “l’ultimo testimone”.

Esiste il rischio di “banalizzazione” della memoria collettiva?
No, se la memoria è supportata da studi e ricerche rigorose e approfondite, come sta avvenendo anche in Italia in questi ultimi anni.

Nonostante le iniziative istituzionali per informare sulla tragedia dell’Olocausto, le cronache ci raccontano spesso di gesti antisemiti. Come è possibile che ciò avvenga ancora nel 2012?
La memoria è un fatto importante ma, come detto, non deve rimanere confinata nell’ambito delle iniziative e delle celebrazioni di un solo giorno ed essere fine a se stessa. Le celebrazioni e il ricordo devono viaggiare di pari passo con lo studio e la conoscenza e con il recupero delle fonti storiche.

Lei è autore di “Voci dal lager”. Quali sono le testimonianze che giungono da quei luoghi di morte?
Nel libro Voci dal lager abbiamo raccolto centinaia di lettere e brani di diario, per lo più inediti, in ordine tematico e cronologico, che insieme ad un saggio storico introduttivo restituiscono una racconto e una cronaca giorno per giorno, a tratti ora per ora, della deportazione politica. Il fenomeno riguardò 24 mila italiani, di cui 1500 donne, e 10 mila di loro non fecero ritorno dai lager nazisti. Il “racconto” va dal momento della cattura alla prima detenzione in carcere, dal trasferimento nei campi di transito italiani di Fossoli, Bolzano e della Risiera di San Sabba al viaggio in tradotta verso i lager nazisti, fino al ritiro dei pochi sopravvissuti. Ne emerge una storia “in diretta”, narrata dal punto di vista delle vittime.

Infine, c’è tra i testimoni, magari sottotraccia, un messaggio di speranza (nonostante tutto)?
I diari e le lettere, a differenza delle memorie successive, non sono condizionati dal “senno di poi” e per questo motivo sono carichi di quella voglia di vivere e di quella speranza di riabbracciare presto i propri cari che non venne mai meno nei deportati. Un altro elemento costante che emerge da questi scritti è la forza dei propri ideali e la consapevolezza di dover affrontare una prova così difficile – come scrive un padre ad un figlio – per consegnare un paese migliore alle generazioni successive, contro l’oppressione nazifascista.

Stefano Iannaccone

 

(Irispress.it)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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