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LIBRI: "GENERAZIONE RIBELLE", UN QUADRO UMANO DELLA RESISTENZA

Roma, 21 mag. - (Adnkronos) - Ada Gobetti, moglie di Pietro e autrice del celebre 'Diario partigiano', aveva ammonito gli storici a  raccontare la Resistenza senza ''impacchettarla con un bel cartellino per mandarla al museo''. Invitava quindi ad analizzare quel periodo  storico con i suoi meriti e limiti, ''per dare ai giovani la possibilita' di una scelta''. Da questa indicazione, ideale e di  merito, prende partenza un articolato saggio curato da Mario Avagliano: 'Generazione ribelle. Diari e lettere dal 1943 al 1945'  (Einaudi, pp. 448, euro 24), che ricostruisce con una cronaca in presa diretta due anni della Resistenza italiana. Un racconto scandito attraverso le missive indirizzate a familiari ed amici da partigiani, militari e deportati che in 150 testimonianze narra l'illusione del 25 luglio '43, con i fasci littori tirati giu' dagli edifici, fino all'aprile del '45 e ai festeggiamenti per la liberazione di Milano.

Settecentrotrenta giorni di fatti vissuti 'dal basso', che  dicono lo sbandamento dell'esercito italiano all'annuncio dell'armistizio, ma anche la fatica della guerra civile sulle montagne e dentro le citta'. E ancora il carcere, le torture e gli eccidi nazisti. Ma ''emergono anche le divisioni, a volte violente, all'interno del movimento partigiano, soprattutto sul fronte orientale, funestato dalla strage di Porzus''. Una ricerca iniziata  nel 1999 e durata sette anni, nel tentativo di ritrovare quelle carte scritte dalle montagne, dietro le sbarre o addirittura nei lager,  fogli che aiutano a rendere ''lo spirito del tempo, i timori, i pregiudizi e le speranze di una generazione di italiani''.

In queste pagine, che alla maniera defeliciana mostrano documenti e li fanno parlare senza pregiudizi di sorta, si offre dunque ''un quadro assai variegato della Resistenza e del movimento di Liberazione, per certi versi meno epico e piu' umano''. Quasi tutti i diari esaminati hanno inzio l'8 settembre '43, data cardine della  storia contemporanea. Mantenere la dignita' e' il messaggio di questi documenti che Avagliano presenta ora in questo contributo gia'  apprezzato non solo dagli addetti ai lavori.

''C'era bisogno di parlare di questo periodo  storico non solo attraverso le discussioni sul 25 aprile e la Resistenza, ma sulla base di documenti vivi -spiega Mario Avagliano  all'ADNKRONOS- attraverso cioe' lettere e diari che raccontano, meglio delle discussioni a volte sterili, cosa fu davvero quel pezzo di tempo con le sue luci ed ombre, come ha ben rilevato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Questo libro -aggiunge- lo fa nel   migliore dei modi, con le parole dei protagonisti che dicono nelle loro carte sofferenze e amori durante quella che fu una vera e propria guerra civile. C'e' percio' il coraggio di coloro che sono rinchiusi nei campi di concentramento o nei lager per aver scioperato, come  accade per gli operai. Insomma, il racconto di una generazione che faticosamente voleva voltare pagina''.

 ''Nella raccolta -fa ancora notare lo studioso di storia  contemporanea e direttore del Centro Studi della Resistenza dell'Anpi di Roma-Lazio- e' soprattutto rappresentata gente d'ogni parte  d'Italia come di ogni categoria professionale''. E in effetti nella 'galleria' di queste pagine, ''ci sono personaggi noti come Giuseppe  D'Alema, padre dell'attuale vicepremier. E ancora Francesco De Gregori, zio del cantautore o Guido Pasolini, fratello di Pier Paolo, Ferruccio Parri ed altri. Accanto ad essi, personaggi del tutto sconosciuti, che racchiudono l'Italia di sinistra e quella azionista,  a fianco di quella monarchica. Il tentativo e' uno: cercare di avere nel nostro Paese una memoria condivisa''.

In molti casi, sottolinea il curatore del saggio, la linea di  confine tra quelli che scelsero la Resistenza e quelli che invece indossarono la camicia nera della Repubblica di Salo fu molto labile. ''C'e' infatti -fa notare Avagliano- il caso di Pietro Ferreira, medaglia d'oro della Resistenza, meglio noto con il nome di battaglia  'Pedro'. In Jugoslavia si uni' ai battaglioni di coloro che decisero di continuare la guerra a fianco della Germania, ma poi ebbe una crisi di coscienza e divenne partigiano in Italia, lottando l'ex alleato. Un caso emblematico, che egli stesso racconta nelle sue lettere, di quella generazione che subi' un reale travaglio nella scelta tra cio' che restava del Fascismo e la Resistenza''.

Trovano poi spazio anche molte lettere di personaggi della cosiddetta 'Resistenza non armata', o 'Resistenza  civile'. ''Sono quelle -spiega Avagliano- delle molte donne che appoggiano i partigiani pur non partecipando in prima persona alla  lotta armata. Portano viveri e armi, ma senza questi contributi la Resistenza armata non avrebbe potuto avere i successi che poi riusci'  ad ottenere. Questa parte, pero', e' ancora troppo poco valorizzata''. Tra gli episodi significativi dei documenti, Avagliano sottolinea in  particolare due esempi. ''Il primo -dice- e' quella di un'intera famiglia, la Diena, di Torino, impegnata nell'attivita' partigiana. Il capofamiglia, Giuseppe, antifascista prima dell'8 settembre, viene deportato in Germania; i due figli lottano e diventano anch'essi partigiani, ma uno di essi muore. Mentre la madre, Elettra, e' la figura di unione di questa tragica vicenda''. ''L'altra storia, invece, e' quella che finisce meglio. Riguarda due giovani amanti, Paolo Buffa ed Enrica Filippini Lera. Dopo l'8 settembre Buffa attraversa la linea del Sud e raggiunge le truppe alleate, a Roma si ricongiunge con la fidanzata e insieme iniziano la loro attivita' antifascista. Arrestati, lei finisce deportata in Germania; lui, dopo la liberazione di Roma, continua la guerra in Piemonte''.

''Liberata Torino -racconta ancora Avagliano- gli inglesi danno  a Paolo una jeep con la quale parte per la Germania, dove ritrova il suo amore. Si sposeranno in Italia e vivranno sempre insieme. L'uomo morira' qualche anno fa. Storie come questa -rimarca lo storico- dicono come, nonostante gli orrori della guerra, anche in questo  periodo emergano i sentimenti piu' veri ed umani, che alla fine dimostrano la 'possibilita' di vivere' che ognuno porta nella propria  storia''.

Ma l'intento di questo contributo, spiega ancora Avagliano, e' anche ''demitizzare senza polemica la Resistenza,  mostrando la 'Resistenza degli antieroi', quella piu' vera ed umana, che non si nutre di retorica patriottarda, impadronitasi del racconto  dell'esistenza reale''. Perche' ''occorre raccontare la realta' come e', senza gonfiarla e farla diventare un'epopea''. E poi, tiene a far  notare lo studioso, ''nella maggior parte delle lettere e dei diari, raramente si trovano espressioni di odio nei confronti dei fascisti e  dei nazisti. Piuttosto e' narrato l'amore per i propri familiari. Una testimonianza di vita pur nella lotta''.

 Forse il verbo abbreviato di queste pagine e' rassunto in cio'  che scriveva in una lettera Gerardo De Angelis: ''Miei cari, vi lascio un gran cuore che non ha conosciuto ne' odi ne' cattiverie''.  Sentimenti che, con felice immagine, Claudio Pavone ha definito ''la moralita' della Resistenza''. Anch'esso un punto di partenza per nuove indagini storiche ed umane sugli inquieti anni '43-'45.

 

(Red/Zn/Adnkronos)

21-MAG-06 17:04

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