La
persecuzione degli omosessuali
Homocaust. Quelli col triangolo rosa
Migliaia di omosessuali
morti nei campi di concentramento nazisti. Una ferita rimossa. E ora riaperta dal
documentario Paragrafo 175. Ne parla lautore Klaus Müller, ricercatore
per lHolocaust Memorial Museum di Washington
di Daniele Scalise |
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Il paragrafo 175 del Codice penale
germanico del 1871 parlava chiaro: «Un atto sessuale innaturale tra persone di sesso
maschile o tra esseri umani e animali è punibile con la prigione. E prevista anche
la perdita dei diritti civili». Poche parole burocratiche e brutali che hanno crocefisso
migliaia di omosessuali. E fino al 1969 quella legge è rimasta nella giurisprudenza
tedesca continuando a mietere vittime. Nessuno (o quasi) ha mai parlato di loro. E
una pagina troppo vergognosa e rimossa per essere riaperta. In Germania ma anche altrove.
Qualcuno però ha cominciato a indagare. A cercare gli scampati. A porre e a porsi domande
laceranti. Ci sono memorie dolorose che non possono attendere, che non si possono
sotterrare. Nemmeno destate. Klaus Müller è un uomo gentile, gli occhialetti
incorniciano uno sguardo leggero e insieme profondo. Tedesco di origine, storico e
produttore cinematografico, vive da anni in Olanda dove lavora come ricercatore per
Holocaust Memorial Museum di Washington. Klaus Müller è anche tra gli ideatori e i
produttori di Paragrafo 175, uno straordinario documentario che ha raccolto
premi e riconoscimenti ogni volta che è stato mostrato in pubblico: al Sundance Film
Festival, al Festival di Berlino, al Festival di Film con tematiche omosessuali di Torino
e di Milano... Cè un timore che è quasi una certezza: Paragrafo 175
non lo vedremo mai sui nostri teleschermi. Racconta le testimonianze di uomini
sopravvissuti a quella tragedia. E stato Klaus che li ha scovati e intervistati. A
lui chiediamo di ricordarci cosa è stato quellolocausto gay.
La persecuzione nazista contro gli omosessuali è ormai un dato storico accertato ma
ancora non si riesce a capire quanti furono gli omosessuali richiusi nei lager nazisti. E'
possibile stabilire una cifra realistica?
«Tra il 1933 e il 1945 circa centomila uomini furono arrestati in quanto omosessuali.
Circa la metà di loro furono condannati e rinchiusi in prigione. Un numero minore
si stima tra i dieci e i quindicimila furono dichiarati omosessuali e inviati in
campi di concentramento o, dopo aver scontato una pena in galera, trasferiti in campi
sotto la cosiddetta custodia protettiva. Si stima che il 60 per cento di loro
non sopravvisse».
Quali erano le caratteristiche della persecuzione contro i gay durante il nazismo? Come
era possibile identificare con certezza un omosessuale?
«Dopo che Hitler prese il potere, sia la Gestapo che le SS fecero pressioni per estendere
il vecchio e inefficiente paragrafo 175 della legge contro la sodomia in modo
che non fosse più necessario addurre delle prove. Lomosessualità, sostenevano, non
era solo una delitto criminale ma un pericolo per il futuro della razza ariana. Heinrich
Himmler vedeva nei maschi omosessuali un pericolo per la crescita del popolo tedesco e il
partito nazista aveva quindi incorporato le leggi anti-gay nella propria ideologia di
igiene razziale e di politica sulla popolazione. Nel 1935, lo stesso anno in cui furono
pubblicate le leggi di Norimberga, il paragrafo 175 rivisto divenne legge effettiva. La
sola ipotesi di unintenzione omosessuale divenne motivo per larresto e il
numero di uomini gay condannati crebbe immediatamente. I cambiamenti legali non sorpresero
nessuno. Già da metà degli anni 20 i nazisti avevano detto esplicitamente che nel
futuro Reich ariano non ci sarebbe stato posto per gli omosessuali. Nel 1936 venne
costituito un Ufficio di sicurezza federale per combattere laborto e
lomosessualità che stabilì una stretta connessione tra la politica
nazionalsocialista sulla popolazione, le idee sul miglioramento della razza e
lomofobia. Dopo il 1939 le misure naziste contro gli omosessuali sospettati
divennero ancora più radicali. Grazie ad una serie di ordini impartiti da Himmler, la
castrazione venne sempre più vista come una possibile soluzione medica per il problema
omosessuale. Nel 1943 un progetto di legge propose la castrazione per gli elementi
asociali, ivi inclusi gli omosessuali. Solo il sempre maggior impegno nel conflitto
bellico non rese effettivo quel progetto di legge».
Erano perseguitate anche le donne?
«Tutti gli uomini gay e le donne lesbiche furono colpiti dallideologia nazista
antigay nelle sue differenti applicazioni. La distruzione della primigenia cultura lesbica
e gay che sera sviluppata a Berlino negli anni 20 e la conseguente
frantumazione delle organizzazioni, isolò di nuovo gli uomini gay e le lesbiche che
persero un punto di riferimento collettivo a cui fare riferimento. Gli uomini gay vennero
minacciati da una persecuzione statalizzata secondo la versione nazista del paragrafo 175.
Un numero incredibile di esistenze furono colpite sia dal punto di vista fisico che da
quello emotivo. Le lesbiche raramente venivano perseguitate direttamente in quanto tali.
Gli apparti delle SS e della Gestapo si erano concentrati sulla persecuzione
dellomosessualità maschile che era criminalizzata dal paragrafo 175 della legge
contro la sodomia. Siamo a conoscenza solo di pochi casi di donne deportate nei campi in
quanto lesbiche. La loro posizione fu tuttavia condizionata dal fatto che lideologia
familista e sessista dei nazisti dipingeva le donne come vessilli della riproduzione. Di
nuovo dovettero ritirarsi nello stretto privato. La storia di questa perdita non è stata
ancora scritta perché tutti noi ci siamo più concentrati sulle peggiori conseguenze
delle misure antigay dei nazisti: larresto e la deportazione nei campi di
concentramento».
Dove venivano portati gli omosessuali? Cosa succedeva loro? Erano destinati allo sterminio
come gli ebrei o il regime si accontentava di chiuderli in un campo?
«Nella gerarchia del campo, gli uomini con il triangolo rosa il segno di
riconoscimento nazista destinato ai prigionieri ritenuti omosessuali erano
sottoposti alle stesse condizioni inumane di tutti gli altri prigionieri: estrema violenza
delle guardie, fame, malattie, lavoro schiavizzato. Quel segno di riconoscimento,
tuttavia, li isolava e li metteva a rischio in un modo particolare. Le famiglie spesso non
osavano scrivere loro o si vergognavano dei propri figli. I loro compagni di prigionia
evitavano qualsiasi contatto per non apparire a loro volta omosessuali o semplicemente
condividevano i pregiudizi generali contro gli omosessuali. Allinterno del campo fu
del tutto impossibile creare unauto-organizzazione collettiva dei prigionieri
omosessuali, come per esempio succedeva ai prigionieri politici o ai cosiddetti comuni.
Come risultato gli internati omosessuali non potevano contare su una rete di sostegno
allinterno del campo. Venivano spesso messi in speciali squadre per il lavoro
schiavizzato come a Neuengamme, Buchenwald o Nordhausen».
Ne morirono molti?
«Si ritiene che la percentuale dei decessi in confronto a quella di altri piccoli gruppi
di vittime (prigionieri politici, testimoni di Geova) toccasse il 60 per cento. Dalle
testimonianze di altri prigionieri sappiamo che gli uomini con il triangolo rosa venivano
spesso trattati con una particolare brutalità dalle altre guardie. La stragrande
maggioranza degli uomini omosessuali furono incarcerati nei campi di concentramento
tedeschi e austriaci mentre solo pochi per quanto ne sappiamo finora furono
mandati nei campi di sterminio dellEst. Voglio dire insomma che essi, a differenza
degli ebrei e degli zingari, non vennero selezionati per essere uccisi nei campi di
sterminio dellEst».
Chi si occupa di conservare la memoria di quella tragedia?
«Lavoro con i sopravvissuti gay dallinizio degli anni 90. Quando avvicinai i
produttori americani e proposi loro di fare un documentario sui sopravvisuti gay, il mio
scopo era proprio quello di rendere visibile quella storia invisibile e dare un volto agli
uomini con il triangolo rosa. Dopo il 1945, i sopravvisuti gay venivano visti come
criminali o pervertiti. Il paragrafo 175 della legge nazista contro la sodomia rimase nel
codice della Germania dellOvest fino al 1968 e fino ad oggi nessun sopravvissuto gay
ha ricevuto un risarcimento dal governo tedesco. Negli anni 50 e 60, la
polizia tedesca continuò a perquisire i luoghi di incontro gay. Il numero degli
omosessuali arrestati e condannati fu quasi come quello della Germania nazista. I
sopravvissuti gay, se venivano arrestati di nuovo, erano considerati recidivi. Per un
tempo lunghissimo, né gli Alleati né il governo tedesco percepì la persecuzione nazista
degli omosessuali come uningiustizia. Solo negli ultimi anni alcuni musei hanno
cominciato a dare alcune informazioni aggiuntive durante le loro manifestazioni.
LHolocaust Memorial Museum di Washington ha svolto un ruolo fondamentale in questo e
molte notizie possono essere trovate nel sito web del museo stesso. Il museo mi ha assunto
nel 1992 per cercare materiali relativi ai gay e per lavorare in questo campo».
I gay americani sembrano interessarsi molto alla storia della propria comunità. E gli
italiani?
«In effetti negli Stati Uniti la comunità gay e lesbica è sempre di più in cerca della
propria storia, e il triangolo rosa è una parte importante di questa storia. In Italia,
un piccolo gruppo di storici sta cercando di documentare la persecuzione degli uomini
omosessuali sotto Mussolini ma la legislatura italiana sulla privacy rende pressoché
impossibile il lavoro di documentazione storica. In questo momento lavoro con un gruppo
la Pink Triangle Coalition che spera di ottenere dei finanziamenti
consistenti per fare ricerca».
Quando sarà possibile secondo lei vedere 'Paragrafo 175' in Italia?
«Il film è stato proiettato ai Film Festival Gay di Torino e Milano e in entrambi i casi
ha vinto il premio come miglior documentario, cosa di cui noi siamo molto grati. A luglio
il film andrà in onda sulla tv americana e naturalmente speriamo che anche la tv italiana
possa fare altrettanto».
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(L'Espresso, 6 luglio 2001)
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