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Dossier: L'eccidio di S'Anna di Stazzema

«Io, partigiano, e l’orrore di Sant’Anna»

L’ex rabbino capo Toaff: penso spesso ai poveri morti di Stazzema

«Penso spesso a Sant’Anna di Stazzema, con tutti i suoi poveri morti». L’altra strage nazista di quell’estate del ’44, poco prima di Marzabotto, il 12 agosto. Cinquecentosessanta vittime, 391 corpi identificati, donne, bambini, una carneficina a lungo dimenticata. Non da Elio Toaff, l’ex rabbino capo di Roma, che entrò in quel paesino delle Alpi Apuane devastato dalla ferocia di quattro colonne delle Ss subito dopo il massacro. Toaff era allora un giovane partigiano della Brigata Garibaldi X bis «Gino Lombardi». «In realtà eravamo quattro gatti - ricorda oggi Toaff -. E quella mattina, quando entrammo in Sant’Anna verso le 11, eravamo solo una dozzina. E prima di veder l’orrore fummo assaliti da un odore terribile, di carne umana, bruciata...». Toaff oggi ha 86 anni e non ha mai dimenticato ciò che vide allora. A Sant’Anna è tornato spesso, a partire dall’immediato dopoguerra, anche quando in quel paesino isolato salivano in pochi ed è stato necessario aspettare l’82 perché ci andasse Sandro Pertini, il primo presidente della Repubblica a rendere omaggio a quel martirio.
«Su Sant’Anna era calato subito un silenzio impalpabile, una rimozione di quell’orribile mattina - aggiunge Toaff -. Per tanti anni mi sono chiesto perché. E ho cercato di dare un senso a tutta quella ferocia che mi venne incontro in quel caldo mattino d’estate. La prima casa che trovammo era alla Vaccareccia: fumava ancora. Dentro c’erano i corpi di un centinaio di persone, in maggioranza donne e bambini. Le Ss, quattro colonne da 100 uomini ciascuna di quella stessa XVI divisione che ha agito poi a Marzabotto, li avevano chiusi lì dentro, poi avevano dato fuoco alla paglia e avevano gettato dentro delle bombe. Vedemmo un ammasso irriconoscibile. Più avanti c’era un’altra casa, con la porta spalancata. Entrai e ho ancora difficoltà a raccontare... C’era una donna, seduta di spalle, di fronte a un tavolo. Per un attimo pensai che fosse viva. Ma, appena avanzai, vidi che aveva il ventre squarciato da un colpo di baionetta. Era una donna incinta e sul tavolo giaceva il frutto del suo grembo. Avevano tirato un colpo d’arma da fuoco anche in testa a quel povero bimbo non ancora nato».
Toaff era sceso in paese, spinto dalla fame. I rifornimenti, in quel momento, erano piuttosto precari. Non immaginava di andare incontro a una strage. «L’odore, lo ricordo ancora, era nauseante - dice Toaff -. Li avevano rastrellati da vari casali, dal Colle, da Vinci, dal Pero. Li avevano portati in massa davanti alla chiesa del paese, poi li avevano chiusi in mezzo a recinto di panche prelevate in chiesa, col loro parroco, don Innocenzo Lazzeri, che non aveva voluto abbandonare i suoi parrocchiani. Li avevano massacrati sparando con le mitragliatrici e poi con i lanciafiamme avevano dato fuoco alle panche. Era stata una pira orribile...».
Dopo tanti anni Toaff non cerca più risposte a quel massacro. Non invoca perdono. «Erano feroci, ma non erano solo tedeschi, c’erano con loro anche parecchi fascisti italiani - aggiunge -. E qualcuno, lo dico per la prima volta, era proprio dello stesso paese. Poi, finita la guerra, scapparono tutti: chi a Carrara, nelle cave, e chi perfino a Milano. A Sant’Anna di Stazzema, per parecchio tempo, non voleva abitare più nessuno».

Paolo Brogi

(Corriere della Sera, 14 aprile 2002)













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