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Il fascismo a San Marino

di Gianna Giannini

Anche se la prima guerra mondiale non investì direttamente San Marino, la crisi che coinvolse tutta l’Italia al termine del conflitto raggiunse anche la piccola Repubblica. La disoccupazione, già notevole, toccò livelli preoccupanti. La classe politica dell’epoca non fu in grado di far fronte a questa emergenza perché priva di iniziativa e compattezza al suo interno. Ci furono degli scontri tra i ceti poveri ( la gran maggioranza della popolazione) e quelli medi preoccupati di difendere privilegi e proprietà. In particolare il ceto medio reagì a tale situazione assumendo il modello fascista già presente in Italia. Il Partito Fascista Sammarinese nasce nel 1922 privo però di unità al suo interno, l’unico interesse comune dei suoi aderenti era il mantenimento dei privilegi personali e di classe. La scalata al potere di tale partito non fu affatto difficile, i partiti di allora non avevano la forza di fare opposizione e dovettero subire passivamente. Nel 1923 si arrivò allo scioglimento del Consiglio Grande e Generale che fu trasformato in Consiglio Principe e Sovrano. Furono indette nuove elezioni per le quali si presentò un’unica lista contenente candidati in maggioranza fascisti. A questo punto inizia il vero e proprio regime. Ma ancora una volta la mancanza di unità interna costrinse il PFS alla continua ricerca di appoggio del Partito Fascista Italiano, che cominciò così ad intromettersi nelle faccende di San Marino che vide diminuire la propria autonomia. Come faceva da tempo in Italia, Mussolini avviò subito progetti di ristrutturazione del territorio, come per esempio la costruzione della ferrovia Rimini- San Marino completamente finanziata dall’Italia. Tra il 1941 e il 1942 però rientrarono nella Repubblica alcuni leaders socialisti che diedero vita ad un movimento antifascista clandestino. Questo portò all’aumento considerevole degli oppositori del regime fascista e il 28 luglio 1943 allo scioglimento del PFS con la conseguente indizione di nuove elezioni. Ma la liberazione di Mussolini dalla prigionia al Gran Sasso ed il ripristino del fascismo in Italia ebbe conseguenze anche a San Marino che, troppo indifesa per potersi opporre ai tedeschi che stavano avanzando in Italia, si affrettò a formulare un patto di pacificazione col regime che gli permettesse di assumere una linea neutrale con gli stati belligeranti. In seguito ad esso il Consiglio Grande e Generale delegò i suoi poteri ad un Consiglio di Stato composto da 20 membri, di cui alcuni fascisti. L’unica arma di difesa per uno stato così piccolo fu la diplomazia, e il Consiglio di Stato dovette usare tutta la sua abilità per far rispettare la neutralità di San Marino. Il 25 ottobre 1943 si svolse un incontro di cortesia nel Palazzo del governo sammarinese tra il feldmaresciallo Erwin Rommel e i membri del governo della Repubblica. La visita di Rommel era semplicemente turistica ma, visto il personaggio, i presenti sapevano che la posta in palio in quell’incontro era la neutralità del paese e cercarono in ogni modo di perdere tempo per consultarsi e decidere. Si ribadiva il concetto che San Marino non presentava alcuna minaccia militare per il Terzo Reich e che era un paese neutrale animato da buonafede nei confronti della Germania. Dalla discussione emerse che San Marino disponeva militarmente solo di 4 cannoni donati da Vittorio Emanuele III nel 1907, due dei quali sparavano a salve per le feste nazionali. L’armamento della fanteria invece era costituito da 80 fucili, il cui unico munizionamento era due casse di caricatori risalenti alla Prima Guerra Mondiale, si trattava di un dono del Duca d’Aosta e non erano mai stati utilizzati. Il feldmaresciallo assicurò il rispetto di San Marino a patto che non si verificasse nessuna azione di sabotaggio contro le forze germaniche. Venne concordato un modus vivendi che verrà rispettato fino al settembre del 1944 sia da Rommel che da Kesselring. Al momento dei saluti Rommel volle firmare anche il "Libro d’oro" degli ospiti della Repubblica. Il rispetto di tali accordi fu mantenuto malgrado qualche sporadica azione aggressiva di tedeschi isolati e di fascisti. Qualche concessione ai tedeschi però venne fatta. Il 3novembre 1943 infatti fu promulgata una legge che comminava gravi pene a chiunque avesse prestato aiuto a ex prigionieri di guerra alleati, a disertori o a partigiani. In realtà si trattò di un bluff, nessuno mai la applicò, era solo un modo per tenere buoni i tedeschi. Il 4 gennaio 1944 fu costituito il Fascio Repubblicano Sammarinese a capo del quale fu messo Giuliano Gozi, il quale pare che acconsentì all’incarico solo per evitare incursioni e aggressioni di fascisti italiani a San Marino. Il patto di pacificazione funzionò anche se non mancarono episodi di violenza, come il fallito attentato contro Alvaro Casali, membro del governo sammarinese, ferito durante il giorno della festa nazionale di Sant’Agata ( 5 febbraio) da alcuni colpi di rivoltella sparati da un fascista. Il primo maggio 1944 invece furono arrestati i comunisti Gildo Gasperoni, reduce della guerra civile spagnola, Cardinali, Vincenzo Pedini e Antonio Selva, per incitamento all’abbandono del lavoro ( furono rilasciati subito) e il 4 giugno furono arrestati cinque comunisti riminesi coinvolti nel "complotto del cimitero" di Santa Mustiola, che consisteva nell’organizzare cellule partigiane. Ma la guerra vera e propria piombò inaspettatamente su san Marino il 26 giugno 1944. Squadriglie di bombardieri della DAF ( Aviazione del deserto britannica ) sganciarono 263 bombe che provocarono 63 morti. Vennero proclamati tre giorni di lutto nazionale. Il bombardamento inglese di San Marino fu dovuto a false notizie, si pensava che i tedeschi si fossero impadroniti della Repubblica e che vi stessero creando depositi di armi e munizioni. Furono inviate immediatamente proteste agli inglesi attraverso un comunicato stampa letto alla radio della RSI. Nel comunicato si ribadiva la neutralità sammarinese e si rilevava la crudeltà ingiustificata del bombardamento. Ma tali dichiarazioni non convinsero gli alleati. In luglio gli eserciti alleati risalirono lentamente l’Italia centrale e presto raggiunsero San Marino. Il 27 luglio 1944 il maggiore Gunther, comandante della piazza di Forlì, comunica al governo una lettera del Comando Militare Germanico di Ferrara, dove si dichiara che la sovranità della Repubblica di San Marino non potrà essere rispettata se le necessità di carattere militare richiederanno il transito di essa da parte di automezzi o pedestri. Si sottolineava però che l’occupazione sarebbe stata per quanto possibile evitata. Invece il 30 luglio un colonnello medico tedesco si presenta a San Marino con l’ordine di requisire due edifici pubblici per impiantarvi un ospedale militare. Il governo reagisce prontamente. Si convoca d’urgenza il Consiglio Grande e Generale e si inviano tre proteste di cui una a Joachim von Ribbentrop, ministro degli esteri tedesco, una a Mussolini, la terza ad Hitler. In tutte si insiste sulla neutralità sammarinese e si fa rilevare l’inutilità militare di tale azione .A Mussolini la lettera verrà portata personalmente da una delegazione sammarinese che sotto la minaccia degli aerei alleati giunge sul Garda il 1° agosto 1944. In attesa di vedere Mussolini vengono ricevuti con tutti gli onori spettanti ad un Capo di Stato dall’ambasciatore tedesco von Rahn. Il giorno dopo avviene l’incontro con il duce, il quale conosce bene San Marino per essersi recato due volte in visita come Capo del Governo. Gli si chiede di intercedere presso Hitler per evitare il coinvolgimento di San Marino nel conflitto. Il duce da la sua parola dicendo: " Sarete avvolti dalle fiamme ma non incendiati". Vengono immediatamente revocati gli ordini di requisizione, inoltre attraverso l’ambasciatore della RSI a Berlino, Filippo Anfuso , si intercederà anche verso il Fuhrer. San Marino corse il più grave pericolo verso la metà di agosto , quando il capitano delle SS di Forlì, Schutze pensò che si stesse ordendo un complotto ai danni delle forze armate tedesche per costituire bande di partigiani in territorio sammarinese. Venne ordinato a Federico Bigi, comandante della Milizia Confinaria, di arrestare i membri del complotto. Bigi però non tenne conto della richiesta, ma dopo un po’ venne avvertito che i tedeschi avevano già provveduto all’arresto. Bigi si rivolse subito alle autorità tedesche che erano decise a portarsi via i complottatori, a processarli e a fucilarli. I sammarinesi non volevano lasciare i loro concittadini nelle mani delle SS, anche perché il reato imputato era grave e se accertato presupponeva da parte sammarinese la violazione delle norme di neutralità concordate con Rommel. Dopo una intera notte passata a discutere, grazie all’abilità di Bigi si riuscì a dimostrare ai tedeschi che il complotto esisteva ma era ai danni di San Marino non delle autorità tedesche, quindi i cospiratori dovevano essere processati a San Marino da un tribunale locale. I tedeschi dovettero cedere . Venne addirittura realizzato un dossier che comprovasse l’esistenza di un complotto comunista contro il governo sammarinese poi consegnato a Schutze. La crisi tedesco – sammarinese si acuì quando alcuni comandanti tedeschi chiesero di installare batterie entro il territorio della Repubblica. Riparte nuovamente una delegazione per il Garda. A Forlì avviene un primo incontro con Schutze, incontro che a causa dei bombardamenti si svolgerà nei sotterranei della sede delle SS. Nel frattempo a Rimini il tenente colonnello Christiani, comandante del 303° Reggimento della 162° Divisione Turkmena, sta preparando i suoi mongoli per una incursione in territorio sammarinese. Fortunosamente, dopo un drammatico colloquio, l’operazione verrà rinviata. Ma a distanza di tre giorni si ricomincia. Un partigiano, nella zona di Montelicciano, uccide un ex prigioniero di guerra sovietico, arruolatisi poi nella Wehrmacht. Immediatamente i tedeschi rastrellano la zona, catturano una quindicina di sammarinesi, poi tornano in territorio italiano, a Monte Grimano, rinchiudendo i prigionieri – ostaggi in uno stanzone del locale Municipio. Li spogliano di ogni indumento e li tengono chiusi per tre giorni senza cibo. Due di loro, nudi, sono costretti ad andare in piazza per attingere acqua alla fontana del paese. Si torna nuovamente a protestare contro i tedeschi i quali propongono ai sammarinesi uno scambio: dal momento che si dovevano uccidere 10 ostaggi per ogni soldato tedesco ucciso e non si volevano fucilare cittadini di uno stato neutrale, si potevano scambiare gli ostaggi sammarinesi con 10 italiani rifugiatisi a San Marino. Le autorità sammarinesi rifiutarono inorridite. Il comandante tedesco alla fine cede e liberò gli ostaggi. Il 3 settembre un tenente tedesco aveva violato la neutralità sammarinese, appostando i 4 cannoni della sua batteria vicino a Faetano. Immediatamente venne interpellato il tenente Koenig, ufficiale di collegamento tra il Governo di San Marino e il comando tedesco. Koenig non riuscì a far spostare i cannoni. Una nuova delegazione parte per protestare e giunge da Kesselring che si fa indicare la posizione dei 4 cannoni promettendo che li avrebbe fatti spostare in territorio italiano e che San Marino sarebbe stata risparmiata dalle truppe tedesche. La guerra è ormai davanti alla piccola Repubblica. Dal 25 agosto è in corso sull’Adriatico l’Operazione < Olive >, cioè la prima fase dell’offensiva della Linea Gotica. E’ un’operazione militare di proporzioni colossali che viene fermata davanti a San Marino. Sotto i terribili bombardamenti la riviera romagnola viene sconvolta. Il governo sammarinese cerca di ottenere dal comandante delle truppe alleate, sir Harold Alexander, lo stesso trattamento di neutralità che ha ricevuto da Kesselring. Viene inviato il giovane Virginio Refi che, nei mesi precedenti aveva dato dimostrazione di buone capacità diplomatiche, essendo riuscito a recuperare dal generale von Graffen, comandante della Organizzazione del lavoro Todt di Forlì, 73 sammarinesi illecitamente costretti al lavoro. In quella terribile estate San Marino era diventata il rifugio di tutti. Già il 28 dicembre 1943, quando Rimini era stata distrutta dagli aerei alleati, le popolazioni della riviera erano in gran parte sfollate a San Marino. La popolazione della Repubblica era di 15.000 persone , in quei giorni se ne contavano 60.000. Le popolazioni arrivavano in colonne lungo i corsi dei fiumi, precedute dai parroci e da grandi bandiere bianche. La situazione non era delle migliori. Alla mancanza d’energia elettrica si suppliva con il lavoro delle braccia. Si rimettono in funzione i vecchi forni a legna e i mulini, si formano squadre di operai che fanno il pane a turno, si trasportano grano, farina e pane su carri tirati da buoi. Le razioni calano a 50g quotidiani per persona, ma se ne riescono a sfornare 70 mila al giorno. Nella seconda decade di settembre il territorio sammarinese è attraversato da reparti tedeschi e italiani della RSI. La guerra guerreggiata entra a San Marino il 17 settembre. Gli alleati avevano vinto la seconda battaglia di Coriano e ora inseguivano i nemici che si ritiravano verso la Linea Gialla, fra i fiumi Ausa e Marecchia. Nel pomeriggio inoltrato del 17, nella notte e per tutto il giorno successivo si combatte aspramente la battaglia di San Marino. Il 20 la Repubblica viene liberata dagli americani, cessano così tre giorni di bombardamenti incessanti e 5 anni di sofferenze. Una nota di monsignor Montini, il futuro Papa Paolo VI, riguardo San Marino così si espresse : "Soltanto la coscienza civile può oggi apprezzare il sacrificio di un piccolo popolo che si affama per contribuire a sfamare, che raccoglie i perseguitati senza discriminazione….Un piccolo popolo che parla ai grandi….Quando si parla e si parlerà del piccolo popolo sammarinese si dovrà dire del grande popolo di San Marino".

 

 

 

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