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Il fascismo non fu una dittatura
"benigna"
Squadrismo e violenza politica
Fra le attività «qualificanti» del fascismo del primo periodo vi è il sistematico
ricorso alla violenza contro gli avversari politici, le loro sedi e le loro
organizzazioni, da parte di bravacci legati ai ras locali. Torture, olio di ricino,
umiliazioni, manganellate. Non di rado, tuttavia, gli oppositori perdevano la vita a
seguito delle violenze. Un calcolo approssimativo induce a calcolare in circa 500 i morti
causati dalle spedizioni punitive fasciste fra il 1919 e il 1922. Il parroco di Argenta,
don Giovanni Minzoni, fu assassinato in un agguato da due uomini di Balbo, nellagosto
del 1923. Ma anche quando il fenomeno della violenza squadrista sembrò perdere le proprie
caratteristiche originarie, e gli uomini legati ai ras locali vennero convogliati in
organizzazioni ufficiali come la Milizia volontaria, forme di violenza politica
sostanzialmente analoghe allo squadrismo non cessarono di costellare la vicenda del
fascismo al potere. Per tutti, tre casi notissimi: nel giugno 1924 Giacomo Matteotti venne
rapito e assassinato con metodo squadrista, e il gesto sarebbe stato esplicitamente
rivendicato da Mussolini nel gennaio dellanno successivo; Piero Gobetti, minato dallaggressione
subita nel settembre 1924, morì due anni dopo, in esilio; Giovanni Amendola spirò per le
ferite riportate in unaggressione fascista subita nel luglio 1925.
La repressione: dagli omicidi al Tribunale speciale per la difesa dello Stato
Assunto il potere Mussolini si poté giovare dellapparato di repressione dello
Stato. Che venne rafforzato e riorganizzato. Con la nascita dellOVRA (lOrganizzazione
per la Vigilanza e la Repressione dellAntifascismo) venne razionalizzata la
persecuzione degli antifascisti, con tutti i mezzi, legali e illegali. Anche lomicidio
politico in paese straniero. Arturo Bocchini, capo della polizia, venne incaricato dallo
stesso Duce e dal ministro degli Esteri Galeazzo Ciano di eliminare fisicamente Carlo
Rosselli che allora risiedeva a Parigi. Il 9 giugno 1937, a Bagnoles-de-lOrne dove
Carlo Rosselli e il fratello Nello si erano recati per trascorrere il fine settimana, un
commando di cagoulards (gli avanguardisti francesi) compì la missione: bloccata lauto
sulla quale viaggiavano i due fratelli, Carlo e Nello furono prima pestati, poi,
accoltellati a morte. Lo strumento ufficiale della repressione fascista fu invece il
Tribunale speciale per la difesa dello Stato. Lattentato di Anteo Zamboni a
Mussolini, il 31 ottobre 1926, offrì loccasione di una serie di misure repressive.
Tra queste la «legge per la difesa dello Stato», n. 2008 del 25 novembre 1926, che
stabilì, tra laltro, la pena di morte per chi anche solo ipotizzava un attentato
alla vita del re o del capo del governo. A giudicare i reati in essa previsti, la nuova
normativa istituì il Tribunale speciale, via via prorogato fino al luglio 1943, quindi
ricostituito nel gennaio 1944, nella Rsi. Nel corso della sua attività, emise 5619
sentenze e 4596 condanne. Tra i condannati anche 122 donne e 697 minori. Le condanne a
morte furono 42, delle quali 31 furono eseguite mentre furono 27.735 gli anni di carcere.
Tra i suoi beneficati, ci furono Antonio Gramsci, che morì in carcere nel
1938, il futuro presidente della Repubblica Sandro Pertini e Michele Schirru, fucilato nel
1931 solo per avere espresso «lintenzione di uccidere il capo del governo».
Il confino
Il confino di polizia in zone disagiate della Penisola, fu una misura usata con
straordinaria larghezza. Il regio decreto 6 novembre 1926 n.1848 stabilì che fosse
applicabile a chiunque fosse ritenuto pericoloso per lordine statale o per lordine
pubblico. A un mese dallentrata in vigore della legge le persone confinati erano
già 600, a fine 1926, oltre 900, tutti in isolette del Mediterraneo o in sperduti
villaggi dellItalia meridionale. A finire al confino furono importanti nomi della
futura classe dirigente: da Pavese a Gramsci, da Parri a Di Vittorio, a Spinelli. Gli
inviati al confino furono, complessivamente, oltre 15.000. Ben 177 antifascisti morirono
durante il soggiorno coatto.
Deportazione
La politica antiebraica del regime fascista culminò nelle leggi razziali del 1938. Alla
persecuzione dei diritti subentrò, dopo larmistizio dell8 settembre 1943,
anche la persecuzione delle vite, in collaborazione con i nazisti. La prima retata nazista
attuata risale al 16 ottobre 1943 a Roma; degli oltre 1250 ebrei arrestati in quelloccasione,
più di 1000 finirono ad Auschwitz, e di essi solo 17 erano ancora vivi al termine del
conflitto. Il Manifesto programmatico di Verona della Rsi (14 novembre 1943) sancì che
gli ebrei erano stranieri e appartenevano a «nazionalità nemica». Di lì a poco un
ordine di arresto ne stabilì il sequestro dei beni e linternamento, in attesa della
deportazione in Germania. Nelle spire della «soluzione finale» hitleriana il regime
fascista contribuì a gettare, nel complesso, circa 10.000 ebrei. Oltre alla deportazione
razziale, fra le responsabilità del regime di Mussolini cè anche la deportazione
degli oppositori politici e di centinaia di migliaia di soldati che, dopo l8
settembre, preferirono rischiare la vita nei campi di concentramento in Germania piuttosto
che aderire alla Rsi.
La guerra
Fuori dai confini i morti contano meno? Allora non si possono proprio considerare tali gli
etiopi uccisi con il gas durante la guerra per lImpero, o i libici torturati e
impiccati durante le repressioni degli anni Venti e Trenta, o gli jugoslavi uccisi nei
campi di concentramento italiani in Croazia. Ma la spada di Mussolini provocò tanti morti
anche tra i suoi connazionali. Mussolini trascinò in guerra lItalia il 10 giugno
del 1940, per partecipare al banchetto nazista. I risultati, per lItalia, furono
questi. Fino al 1943, 194.000 militari e 3.208 civili caduti sui fronti di guerra, oltre a
3.066 militari e 25.000 civili morti sotto i bombardamenti alleati. Dopo larmistizio,
17.488 militari e 37.288 civili caduti in attività partigiana in Italia, 9.249 militari
morti in attività partigiana allestero, 1.478 militari e 23.446 civili morti fra
deportati in Germania, 41.432 militari morti fra le truppe internate in Germania, 5.927
militari caduti al fianco degli Alleati, 38.939 civili morti sotto i bombardamenti, 13.000
militari e 2.500 civili morti nelle file della Rsi. A questi vanno aggiunti circa 320.000
militari feriti sui vari fronti per l'intero periodo bellico 1940/1945 e circa 621.000
militari fatti prigionieri dalle forze anglo-americane sui vari fronti durante il periodo
1940/1943.
(a cura di Gianluca Garelli e Paolo Piacenza, l'Unità, 11 settembre
2003) |