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         | La politica economica 
 La prima fase del fascismo è caratterizzata da
        una politica economica di impronta liberista, gestita dal liberale De Stefani che procede
        alla rimozione dei vincoli alla libertà di impresa istituiti durante la Grande Guerra e a
        massicci interventi statali finalizzati ad incoraggiare gli investimenti privati, oltre
        che al salvataggio di banche e industrie (Banco di Roma, Ansaldo, ecc.). Ben presto,
        però, leconomia italiana si trova a dover fare i conti con lindebolimento
        della bilancia commerciale e linflazione crescente. Nella seconda metà degli anni
        Venti, perciò, matura la svolta dalla politica liberista a quella dirigista, con lo Stato
        che oltre al ruolo di garante assume anche quello di protagonista e organizzatore del
        ciclo economico. Il primo atto del nuovo corso della politica
        economica fascista è "quota 90", la battaglia per riportare il cambio dalla
        cifra record di 145 lire per ogni sterlina a 90. Una scelta, questa, che se da un lato
        soddisfa le esigenze di prestigio politico del regime, dallaltro penalizza gli
        interessi economici del mondo industriale perché causa una forte deflazione e rende i
        prodotti italiani meno competitivi sui mercati internazionali.  Quando le conseguenze della crisi del 29 si
        fanno sentire anche in Italia, il fascismo reagisce accentuando il proprio carattere
        autoritario, mirando ad estendere il proprio controllo su ogni aspetto della vita
        economica, politica e sociale. Nel 1933 nasce lIRI (Istituto per la ricostruzione
        industriale), mediante il quale lo Stato concentra nelle proprie mani il controllo
        azionario di un gran numero di banche e imprese. Il meccanismo delle partecipazioni
        statali, in pratica, consente allo Stato di intervenire direttamente nelleconomia
        arrivando perfino ad orientare e dirigere lo sviluppo. Nel 1934 viene istituito il
        controllo statale sulle operazioni valutarie e il divieto di esportare valuta; nel 1935
        viene imposto il controllo statale sulle importazioni. Con la guerra dEtiopia del 1935-36, a causa della quale
        lItalia subisce le sanzioni economiche da parte della Società delle nazioni,
        Mussolini lancia lautarchia, cioè il raggiungimento della massima autonomia
        economica. Con la riforma del credito del 1936, che cancella il vecchio sistema della
        banca mista affidando agli istituti pubblici le funzioni di investimento industriale, lo
        Stato assume anche il compito di rastrellare capitali. Il potere di controllo e di
        programmazione statale a questo punto diventa enorme. |