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Carlo Giuliani

pallanimred.gif (323 byte) Giuliani day, tra "Che" e Ave Maria il questore va in piazza dal padre

Dove Carlo fu ucciso ora c'è un "altare" di fiori, biglietti
e oggettisimbolo: e ieri tanti sono andati in pellegrinaggio

di Fabrizio Ravelli

genova - Arriva in piazza Alimonda da solo alle 16,10, cerca
in mezzo alla piccola folla il padre di Carlo Giuliani. Don
Andrea Gallo, il vecchio prete dei diseredati, lo presenta: «Il
questore Fioriolli». Lui tende la mano: «Signor Giuliani, come
cittadino e come istituzione vorrei ringraziarla per come si è
comportato in tutti questi giorni terribili. Cerchiamo di
costruire qualcosa insieme». Niente di più, ma soprattutto
niente di meno. Giuliano Giuliani stringe la mano del nuovo
questore di Genova, c'è un mezzo abbraccio. L'omaggio di
Oscar Fioriolli, nominato dopo le sanguinose giornate del G8 e
la rimozione del suo predecessore, si mescola a quello di chi
ha oggi risposto all'appello della famiglia Giuliani: nessuna
bandiera, niente slogan, solo silenzio e lacrime per ricordare
la vita di Carlo spezzata un mese fa. Un solo striscione,
firmato «gli amici»: «Pensate di averlo ammazzato / Carletto
vive attraverso noi».
Andrea, un ragazzo che un mese fa era qui in piazza in
mezzo agli scontri, si rivolge al questore: «Noi ci fidiamo di
lei. Queste cose non devono succedere più». «Ma voi dovete
comportarvi bene, bisogna isolare la violenza», risponde
Fioriolli. Il padre di Carlo aggiunge: «Giusto, ma è cosa che
riguarda tutti: anche le forze dell'ordine». Don Gallo benedice
questo dialogo pacato: «L'obiettivo è l'ascolto, di tutti. La
nonviolenza è fondamentale, e voglio testimoniare che questi
ragazzi lo sanno». Il questore se ne va, evitando i cronisti:
«Volevo solo stringere la mano al signor Giuliani». Poco più
tardi, alle 17,25, Andrea sale sul cofano di un'auto e
pronuncia l'unico intervento pubblico della giornata di lutto:
«Un mese fa qui sono partiti due colpi di pistola, a quest'ora
esatta. Oggi chi vuole piangere, piange. Chi vuole ricordare
Carlo, può applaudire».
Sono cinque minuti interminabili di battimani e di lacrime, qui
in piazza Alimonda. Molti si abbracciano. Giuliano e Heidi
Giuliani, i genitori, sono qui con la sorella Elena e il suo
fidanzato Fabrizio. Ci sono amici e gente del quartiere.
Ragazzi di strada come Giulio detto «Valigia», che si è
autonominato custode dell'altare laico cresciuto sulla
cancellata della chiesa di Nostra Signora del Rimedio. Ha un
banchetto con due ombrelli per riparare dal sole, tinozze
d'acqua per innaffiare i tanti fiori, una scatola di cartone dove
butta le cicche che raccoglie dal marciapiedi. Da un mese
dorme qui, dentro la Panda rossa della madre di Carlo.
«Gliel'ho prestata perché avevo paura che qualcuno gli
incendiasse la tenda che voleva montare», dice lei. La sera,
qualcuno è anche passato gridando «viva il Duce», oppure
«uno di meno». Adesso, sul cofano della Panda, uno stereo
suona la canzone di Carlo.
L'hanno scritta e cantata due ragazzi di New York: Jennifer
Griffin e Sean Pearson. Circola su Internet, così come
l'emozione che sta facendo il giro del mondo e chiamando
gente di 250 città in piazza. Il testo è in inglese, il ritornello in
italiano è «Viva Carlo». Adesso la suonano due volte, poi
nella piazza ritorna il silenzio rotto solo dal brusìo del
pellegrinaggio. E' quello che la famiglia Giuliani chiedeva: il
ricordo degli amici. Sulla cancellata c'è anche il loro
messaggio, scritto dopo la rivendicazione della bomba di
Venezia: «Noi, i genitori e la sorella di Carlo Giuliani, siamo
impotenti di fronte al farneticante vociare, alla disgustosa
abitudine di appiccicare etichette, alle allucinanti
rivendicazioni di attentati in suo nome, all'uso che ne viene
fatto o che ne può essere fatto. Possiamo solo, ancora una
volta, chiedere rispetto e ribadire che nessun movimento,
raggruppamento o struttura ai quali Carlo era
TOTALMENTE estraneo può impossessarsi abusivamente
del suo nome».
Dal mattino, continua l'andirivieni di persone che vogliono
posare un fiore, appendere alla cancellata verde un
messaggio, un oggetto, una poesia, un libro. Sul presto, arriva
anche una signora anziana che chiede a Giuliano Giuliani se
può aggiungere all'altare laico una preghiera religiosa. E' il
testo dell'Ave Maria, che lei stessa ha ricamato a lettere
colorate su una tela bianca. Passano donne con le borse della
spesa, e una rosa in mano. Un uomo in completo blu e
cravatta depone un mazzo di gladioli. Una madre porta i suoi
due gemellini, età sui 4 anni, vestiti uguali con le braghette
gialle. Depositano dei fiori di campo, uno dei due ragazzini
scoppia in lacrime. Appeso alla cancellata c'è anche un
succhiotto di caucciù da neonati, legato con un nastrino
bianco.
Il repertorio della devozione al ricordo di Carlo Giuliani è
impressionante e commovente. Fra i mille fiori ce n'è uno
ritagliato da un foglio di giornale. Uno specchietto
rettangolare attaccato col cerotto, e la scritta «Carlo vive,
ragazzi». Una busta di plastica con delle palline, e un
messaggio di Tommaso e Andrea Sciotto, 10 e 9 anni: «Caro
Carlo Giuliani, vorrei che i proiettili fossero come queste
palline di gomma colorate, così la vita sarebbe più facile per
tutti e tu saresti ancora con noi». Dei libri: «Il libro segreto
degli gnomi», «Dr Jekyll e Mr Hyde», «Pinocchio»,
«Filastrocche e indovinelli», «Star Wars», «Il libro della
giungla». Una poesia di Emily Dickinson: «La folla dentro il
cuore/ nessuna polizia potrà disperdere/ la sommossa vi è
lecita come la pace».
E poi maglie della Roma - la squadra del cuore di Carlo - del
Genoa e della Sampdoria. Una felpa blu «Giammone
trasporto pianoforti». Una sciarpa e una penna giallorosse.
Un re nero degli scacchi. Conchiglie, scarpette di ceramica,
un orso e un coniglio di pezza. Una tartarughina rossa. Una
palla da tennis. Una crema per labbra alla ciliegia. Un rosario
di legno. Un cero con scritto «Ciao Carlo, non passerà giorno
della mia vita senza un pensiero per te. Matteo». Il libro di
Che Guevara «Ai figli». Una citazione di Voltaire: «Il nostro
rispetto è dovuto a chi domina gli animi con la forza della
verità, non a coloro che rendono schiavi con la violenza».
Una canzone di De André: «Anche se avete chiuso le vostre
porte sul nostro muso / la notte che le pantere ci mordevano il
sedere/ lasciandoci in buona fede massacrare sui
marciapiedi/ anche se ora ve ne fregate/ voi quella notte
c'eravate». Il sole tramonta su piazza Alimonda, sulla
giornata del ricordo. I suoi amici vanno al carcere di Marassi,
a urlare «libertà per tutti gli arrestati». Dalle inferriate
rispondono sventolando magliette nere.

(la Repubblica, 20 agosto 2001)

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