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La Battaglia di Verdun
di Sergio Luzzatto

Una bolgia dantesca. Un inferno. Così Verdun - la più lunga, la
più sanguinosa, la più inutile battaglia sul fronte occidentale della Grande Guerra -
per il milione di soldati francesi e tedeschi che vi presero parte dal febbraio
all'ottobre del 1916. Allestremità occidentale del campo di battaglia, guidava la
sua compagnia e piangeva i suoi morti ("i migliori ammazzacrucchi vengono spazzati
via insieme alle reclute") un giovane ufficiale francese,
André Pézard: scampato alle granate, si sarebbe fatto traduttore della Divina Commedia
nella lingua di Voltaire, per la prestigiosa collana della Pléiade. Un inferno, Verdun,
anche per Laurence Binyon, il poeta inglese che visse la battaglia da volontario della
Croce Rossa prima di tradurre a sua volta la Divina Commedia nella lingua di Shakespeare.
Il primo merito del libro postumo di Ian Ousby, Verdun (Rizzoli, euro 23,00), consiste nel
sottrarre i combattenti e i testimoni dell'immane battaglia all'anonimato in cui la storia
li ha relegati facendo di Verdun una questione di numeri: oltre trecentomila morti, quasi
uno al minuto, giorno e notte. Costruito sui libri di ricordi che i sopravvissuti francesi
vennero pubblicando tra le due guerre, il volume di Ousby restituisce al racconto storico
quanto nessuno studio delle carte topografiche e dei bollettini militari potrà mai
garantire: il vissuto individuale della battaglia, tra orgoglio e vigliaccheria,
rodomontate e delusioni, medaglie al valore e cadaveri putrefatti. Situata là dove le
colline di Lorena si addolciscono per cedere il passo alla pianura che porta a Parigi, la
piazzaforte di Verdun è stata contesa per un millennio dagli eredi dei Franchi e dei
Germani. Nel 1916, il suo controllo ha potuto sembrare cruciale per i destini della guerra
sul fronte occidentale: se fosse riuscito a conquistare la cittadella, il comandante della
5ª armata tedesca - il principe ereditario Federico Guglielmo, figlio del Kaiser -
avrebbe avuto spianata la strada di Parigi; perciò lo stato maggiore francese ritenne che
Verdun andasse difesa a tutti i costi. Ne risultarono nove mesi di furiosi combattimenti
senza che il fronte si spostasse se non per una manciata di chilometri. Nella Grande
Guerra, la potenza di fuoco dellartiglieria era ormai tale da rendere obsoleta
qualsiasi fortificazione militare. Daltra parte, i bombardamenti restavano troppo
imprecisi - non fossaltro, a causa del carattere rudimentale delle comunicazioni -
per garantire agli attaccanti un vantaggio decisivo sui difensori. Questi avevano a
disposizione mitragliatrici, cemento armato, filo spinato: non abbastanza per sfuggire
tutti alla semina mortifera degli obici, ma abbastanza per lasciare a qualche incredulo
sopravvissuto la possibilità di fermare l'attacco della fanteria nemica che
immancabilmente faceva seguito ai colpi dartiglieria. |
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"Avanzare, avanzare allattacco, raggiungere i tedeschi e
infilzarli o costringerli alla fuga": questo era stato, nel 1913, lobiettivo di
Charles De Gaulle, neo-diplomato al corso per ufficiali di Saint-Cyr; dove la parola
infilzare rimandava al sogno di uno scontro alla baionetta, secondo gli stereotipi
più gloriosi e più ovvi dell'immaginario militare. Tuttaltra la realtà della
prima guerra mondiale, almeno sul fronte occidentale: guerra d'usura anziché di movimento
, di trincea anziché di corpo a corpo. Da qui - già alla vigilia di Natale del 1914 - la
frustrazione del tenente De Gaulle, che scrivendo alla madre poteva domandarsi: "Che
cos'è questa guerra se non una guerra di sterminio?". Per quanto statica e prosaica,
la battaglia di Verdun non precluse ogni strada ai candidati alleroismo. De Gaulle
stesso fu dato per morto, nel marzo del 1916, dopo che al comando della 10ª compagnia del
33° reggimento di fanteria - agli ordini del suo fatale nemico di trent'anni più tardi,
Philippe Pétain - aveva strenuamente difeso il villaggio di Douaumont. Ma il racconto di
Ousby è affollato di tante altre avventure individuali, che restituiscono all'indistinta
epopea di Verdun il suo carattere più autentico, quello di una battaglia combattuta da
piccoli gruppi di uomini in piccole azioni. Fra i personaggi più memorabili, il tenente
colonnello Émile Driant (prima della guerra, autore di fortunati romanzetti di argomento
militare), indomito difensore del Bois des Caures, e il sottotenente Raymond Jubert, già
avvocatino con aspirazioni letterarie, effimero conquistatore di una collina il cui nome
era tutto un programma: Le Mort-Homme. Al pari degli altri combattenti di Verdun, Jubert
ebbe in sorte di vedere linguardabile. E gli capitò di provare - nel suo diario - a
esprimere lindicibile. Come quando un gruppo di soldati era stato colpito vicino a
lui: "Un grande cumulo di terra, tondeggiante, a forma di piramide, con un buco
scavato tutt'intorno. Da esso, simmetrici, a una quarantina di centimetri di distanza,
spuntavano fuori gambe, braccia, mani e teste, simili a ingranaggi insanguinati di un
argano mostruoso". Il terreno di Verdun era letteralmente impregnato di cadaveri, ora
nascosti, ora scoperti dal lavorio delle stagioni e dal succedersi dei bombardamenti. E i
veterani di Verdun si riconoscevano a vista, poiché a differenza dei nuovi arrivati non
cambiavano andatura né rotta per evitare di calpestare una gamba o una faccia. Finita la
guerra, gli scampati di Verdun avrebbero invece condiviso, con il sollievo del ritorno a
casa, il senso di colpa proprio di chi ha subito il male prima ancora di compierlo. Il
sottotenente Jubert lo aveva previsto: "Quando torneremo, toccherà a noi raccontare
la storia della guerra, e saremo dalla parte del torto". In questo senso, nella
storia del Novecento Verdun anticipa Auschwitz, perché condanna i sopravvissuti al
mandato di comunicare lincomunicabile. Così che leggendo certe pagine dei salvati
di Verdun, riesce difficile non pensare a Primo Levi: quello stesso Levi che allinferno
di Auschwitz trovò conforto nelle terzine della Divina Commedia. |
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(La Stampa, 31 luglio 2002)
per approfondire:
Le Grandi
Battaglie della Prima Guerra Mondiale Schede sulle grandi
battaglie della Prima Guerra Mondiale: la Marna, Verdun, Tannenberg, la Somme e Caporetto.
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