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Cesare Battisti,

una vita per l'Italia

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Album fotografie Cesare Battisti

Nacque a Trento il 4 febbraio 1875. Il padre era un agiato commerciante, la madre discendeva da una nobile famiglia di Rovereto. Compiuti i primi studi nella città natia, aveva frequentato l’istituto superiore di Firenze, uscendo laureato in lettere nel 1897.

A vent’anni entrò in politica, caldeggiando l’autonomia. La sua lotta mirava a staccare il Trentino dal Tirolo che lo opprimeva moralmente e materialmente. Si dedicò, in Trentino e in Alto Adige, territori allora dell'Impero Austro-Ungarico, ad una intensa attività politica, conciliando gli ideali irredentisti e quelli socialisti. Nel 1896 fondò il settimanale "L'avvenire del lavoratore". Si battè anche per la crazione di una università italiana a Trento.

Il 7 agosto del 1899 celebrò il matrimonio con Ernesta Bittanti. Nel decennio successivo svolse un’intensa attività politica, fondando il quotidiano "Il popolo". Nel 1911 venne eletto deputato alla Camera di Vienna, nel 1914 deputato del Trentino alla Dieta del Tirolo. I suoi discorsi diventarono una continua messa in stato d'accusa delle autorità politiche e militari dell’Austria. Quando esplose il confitto europeo, egli capì che non poteva rimanere inattivo.

Il 12 agosto del 1914 varcò il confine. Esponente dell'interventismo democratico, da Milano iniziò - insieme a Gaetano Salvemini e a Bissolati - quella fervida, ardente propaganda, per la quale egli va considerato uno dei principali artefici dell’intervento dell’Italia nel conflitto mondiale. Il 29 maggio 1915, non appena il ministro della guerra concesse agli Irredenti di entrare nell’Esercito Italiano, egli si arruolò a Milano nel 5° Reggimento Alpini, come semplice soldato. Venne destinato al battaglione Edolo. Il 23 e il 25 agosto nei fatti d’armi dell’Albiolo si guadagnò la prima medaglia al valor militare. In autunno va sull’Adamello dove compì, con gli sciatori, ardite scorrerie.

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Nominato sottotenente, nel dicembre venne mandato sul Monte Baldo. Nella primavera del 1916 fu chiamato a Verona presso l’ufficio informazioni della I armata. Ma l’inazione gli pesava e quando, a metà di maggio, si abbattè sul nostro fronte la Strafe-Expedition, egli ripartì per la trincea della Vallarsa a capo della 2^ compagnia di marcia del battaglion Vicenza.

Arrestata l’offensiva, partecipò ai combattimenti che fecero arretrare il nemico sulle primitive posizioni e oltre. La notte fra il 9 e il 10 luglio il Vicenza ricevette l’ordine di attaccare Monte Corno. L’azione riuscì parzialmente ma, il mancato arrivo dei rincalzi favorisce gli Austriaci che, all’alba, contrattaccarono in forze, infliggendo agli alpini pesanti perdite.

Battisti si difese sino all’ultimo, e, quando si trattò di salvarsi con la fuga, non potè o non volle. Riconosciuto da un rinnegato della sua terra, l’alfiere Bruno Franceschini,  venne caricato su una carretta, circondato d'armati e incatenato e la mattina dell’11 fu condotto attraverso Trento, seguito dall’urlio osceno, coperto dalle percosse e dagli sputi di una turba di soldati e di popolo, aizzati dai poliziotti Muck, che vorrebbero provargli che la causa per il quale si era battuto e stava per essere ucciso era estranea ai suoi concittadini.

Condotto con Fabio Filzi, suo conterraneo e ufficiale subalterno, la mattina del 12, nel Castello del Buon Consiglio, fu processato ma non si scusò né mendicò vane difese, riaffermando invece la sua fede italiana. Invano tentò di respingere l’accusa d'alto tradimento e chiese si essere considerato, qual era effettivamente, un combattente caduto in guerra aperta. " Quello che ora accade non è una pagina gloriosa per l’Austria " scriverà più tardi il dott. Carlo Issleib, che diresse il dibattimento, ricordando, fra l’altro come, dopo la condanna, al Battisti non fosse stato consentito di scrivere alla famiglia, come fosse stato condotto al patibolo vestito di rozzi abiti borghesi ed esposto ai dileggi di una folla d’incoscienti.

In quanto cittadino austriaco, fu condannato all'impiccagione, per tradimento. Si recò nella fossa del Castello, dove era preparata la forca, senza perdere la sua fierezza, e, prima di porgere il capo al capestro, gridò a squarciagola: "Viva Trento italiana! Viva l’Italia!".

In seguito, le autorità austriache, turbate dalle ripercussioni che la tragedia ebbe in tutto il mondo, distrussero le fotografie del supplizio e bruciarono le divise dei martiri, e, il 1° novembre 1918, ordinarono che le salme sepolte presso le fogne del castello fossero dissepolte e nascoste in una fossa del cimitero militare sotto la croce e con i resti di un soldato tedesco.

Le ossa di Battisti sono state poi provvisoriamente deposte nella tomba di famiglia, nel cimitero di Trento.

 

La medaglia d'oro

Alla memoria di Battisti venne concessa la medaglia d’oro al valore militare con questa motivazione:

"Esempio costante di fulgido valore militare, il 10 luglio1916, dopo aver condotto all’attacco con mirabile slancio la propria compagnia, soprafatta dal nemico soverchiante, resistette con pochi Alpini fino all’estremo, finché tra l’incerto tentativo di salvarsi volgendo il tergo al nemico ed il sicuro martirio, scelse il martirio. Affrontò il capestro Austriaco con dignità e fierezza, gridando prima di esalare l’ultimo respiro: ’’VIVA L’ITALIA’’ e infondendo con quel grido e col proprio Sacrificio Santo, nuove energie ai combattenti d’ITALIA".

 

per approfondire:

trangolino.gif (131 byte) Cesare Battisti, una vita per la libertà e la giustizia di Gaetano Arfè

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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