| Italia in guerra Caporetto
 Il 24 ottobre 1917 gli austriaci, forti dei rinforzi
        provenienti da Est, dopo la dissoluzione dellesercito russo, lanciarono, con lausilio
        di reparti scelti dellesercito del Reich, una violenta offensiva nella zona di
        Caporetto, travolgendo le linee italiane,nonostante la strenua resistenza delle nostre
        truppe, sfondando il fronte e dilagando nelle retrovie. Le nostre truppe non ressero lurto delle 37 divisioni
        comandate dal generale von Below, che fecero incetta di prigionieri e di armamenti; in
        pochi giorni tutto il Friuli venne invaso e la stessa Venezia sembrava in pericolo, sotto
        la pressione di un nemico che sembrava inarrestabile.   Lo sfondamento di Caporetto:
        non fu colpe delle truppe a cura di Mario Trecco Per una disamina dei fatti che portarono allevento, occorre prima
        avere un quadro riassuntivo della situazione che precedette lo sfondamento di Caporetto. LItalia scese in guerra il 24 maggio 1915 con un armamento ancora
        deficitario: mancavano le artiglierie pesanti e relativo munizionamento, pochi erano i
        medi calibri e di scarsa gittata, mancavano le mitragliatrici e sopratutto mancavano le
        scorte di proiettili dartiglieria necessarie a rimpiazzare i pesanti consumi che
        necessitavano ad ogni offensiva e che superavano la capacità produttiva
        dellindustria bellica. Proprio lesigenza di risparmiare i colpi sarà una delle concause
        che influirono sullo sfondamento di Caporetto.  AllItalia si chiese sin da subito uno sforzo non indifferente
        tendente a distogliere forze nemiche dai fronti anglo-francesi e russo: queste richieste,
        spesso vivacemente contrastate dal Gen. Cadorna che conosceva bene la situazione italiana,
        generarono ben presto un contrasto con Lloyd George, primo ministro inglese, che
        esercitava una forte influenza sulla condotta della guerra delle forze inglesi. Al momento
        dello sfondamento questo contrasto ebbe buon gioco nel denigrare lesercito italiano
        e distogliere lattenzione interna dalle altrettanto disastrose ritirate inglesi e
        francesi sul fronte occidentale e diffusero la tesi della vigliaccheria italiana di fronte
        al nemico, mai decisamente smentita dallo stato maggiore italiano a cui questa tesi
        giovava per sollevarlo dalle sue responsabilità. Nelle condizioni che si venne a trovare lesercito italiano,
        nessun esercito al mondo, messo nelle medesime condizioni avrebbe potuto evitare quel che
        accadde. La tesi di Cadorna, che addossava alle truppe la causa dello
        sfondamento, va ribaltata perchè da un accurato esame dei fatti, dedotti dagli ordini di
        marcia dei vari reparti, si evince che alla base di tutto ci fu la grossa mancanza da
        parte degli alti comandi di non aver previsto in tempo ed organizzato un passaggio dallo
        schieramento offensivo a quello difensivo. Il non aver pianificato per tempo uno
        schieramento difensivo, in modo che i vari reparti sapessero come ri-schierarsi in tempi
        ridotti, fece sì che il "fattore sorpresa" avesse successo. Lesito della rivoluzione russa nellestate del 1917 cambiava
        tutto lo scenario militare delle forze belligeranti in Europa: lIntesa perse in poco
        tempo milioni di forze combattenti e resero disponibili agli Imperi centrali numerose
        unità da rischierare sui fronti italiano ed occidentale. Il comando Italiano non seppe valutare questo cambiamento e di
        conseguenza, non prese alcuna misura che la nuova situazione richiedeva. Lesercito italiano, fino a Caporetto, fu sempre schierato per
        loffensiva, con la maggior parte delle sue forze schierate tra Tolmino e Monfalcone
        ( 40 divisioni per 5 km) mentre su tutto il resto del fronte (600 km) stanziavano appena
        22 divisioni che garantivano il presidio alla prima linea favorito dalla natura del
        terreno. A Caporetto gli austro-tedeschi attaccarono con 14 divisioni contro 3
        divisioni italiani (da considerare che gli effettivi di una divisione austro-tedesca
        superavano di un terzo gli effettivi di una divisione italiana). Già dallinizio di ottobre si ebbero le prime sensazioni di un
        attacco su Tolmino e la valle dello Judrio ma solo il 19 ottobre, il gen. Capello - che
        comandava la 2° armata presidiante lalto Isonzo - ebbe lesatta visione del
        pericolo. Ciò nonostante egli mantenne lo schieramento offensivo confidando in una contro
        offensiva aggirante verso Gorizia. Il fatto che si pensasse ad una reazione contro-offensiva dimostra
        sopra ogni dubbio che la valutazione dei nostri comandi circa lo spirito combattivo delle
        nostre truppe era più che buona e non giustifica la successiva denigrazione addossata ai
        combattenti. Nei giorni che precedettero lattacco austro-tedesco, notizie
        dettagliate portate da disertori diedero sufficienti motivi per correre ai ripari ma in
        realtà la reazione dei ns comandi fu confusa movimentando numerosi reparti
        allinsaputa di altri e creando discontinuità delle forze schierate. La ridislocazione dei reparti richiedeva una ricognizione del fronte,
        di accordi con i reparti a fianco, richiedeva insomma tempo che in realtà venne a
        mancare. Le artiglieria per la mancanza cronica di colpi non potevano inquadrare
        i bersagli e potevano intervenire solo su espresso ordine degli alti comandi, cosa valida
        nel caso di una offensiva ma disastrosa in caso di difesa. Non venne dato lordine più importante, di ritirarsi cioè sulla
        linea di difesa ad oltranza, già predisposta ma non presidiata. Il giorno dellattacco, complice la nebbia che rese invisibile
        lavanzata degli Autro-tedeschi ed i violenti bombardamenti che tagliarono le
        comunicazione, divenne impossibilemantenere i collegamenti tra i comandi avanzati e i
        comandi darmata che lasciarono i reparti di linea alla mercè degli eventi senza
        alcun coordinamento. Gli stessi austro-tedeschi, meravigliati dalla totale mancanza di
        reazione della nostra artiglieria al loro avanzare, sospettarono che si stesse loro
        preparando una trappola e che da un momento allaltro fossero oggetto di violenti
        bombardamenti. La mancanza dei collegamenti e lorganizzazione verticistica del
        nostro esercito su cui Cadorna esercitava un controllo assoluto faceva sì che gli ordini
        emessi fossero già superati dagli eventi . Il persistere dello schieramento offensivo fece sì che a ridosso delle
        linee vi fosse una folta schiera di servizi vari, scritturali, magazzini, depositi,
        trasporti, assistenza truppe e quantaltro si viene a creare al seguito delle truppe,
        imboscati e bordelli inclusi. Alle prime avvisaglie dello sfondamento tutte questa folla non avvezza
        alla disciplina si riversò sulle strade che portavano verso Caporetto portando notizie
        esagerate e premature sulla reale situazione ed intasarono letteralmente i ponti
        sullIsonzo creando un forte ostacolo alle truppe combattenti che salivano al fronte
        per contrastare lattacco.  E di esempio quanto accadde al 282° Reggimento che fu costretto
        a passare il ponte di Caporetto in fila indiana giungeva con la testa del reggimento a
        Ladra alle ore 12 mentre lultimo battaglione alle 13 non aveva ancora attraversato
        il ponte. In tutti i combattimenti, le truppe italiane si difesero strenuamente e
        combatterono con valore. Loffensiva austro-tedesca divise in due lo schieramento
        italiano: da una parte la 2° e la 3° armata, dallaltro il resto del nostro
        esercito schierato verso Trieste. Se pensiamo oggi che la maggior parte dellesercito
        riuscì ad arretrare sino al Tagliamento prima e a rischierarsi sul Piave poi, dal Grappa
        al mare, dobbiamo convenire che fu grazie alla tenace resistenza opposta dalle truppe,
        prive di coordinamento e di informazioni... E questo esalta ancor di più il loro valore. Non fu la mancanza resistenza delle truppeo il loro scarso valore
        morale, come prontamente avallato dalla casta militare, ma fu piuttosto una cecità del
        comando, unita a una pessima visione strategica e tattica, che impedì di prevedere gli
        sviluppi generati dalla resa russa. A maggior infamia seppero utilizzare i fatti russi
        come generatori di disfattismo bolscevico tra le truppe e causa della non resistenza. Non vi furono cedimenti da parte dei combattenti e lo stesso nemico ne
        riconobbe il valore:  
          dal diario di guerra del LI corpo darmata tedesco: "...Gli italiani difesero
            lo Jeza con straordinario valore..."; dal bollettino di guerra austriaco del 27 Ottobre: "Gli italiani hanno difeso la
            Bainsizza a passo a passo
";dallordine del giorno firmato dal generale Villani comandante della 2° divisione
            rivolto alle sue truppe: "Le truppe hanno compiuto il loro dovere". Il giorno 25
            Ottobre lo stesso gen. Villani organizzò con i resti delle sue truppe la difesa della
            posizione Rochi-Lombai a nord di Peternel: la difesa continuò sino al pomeriggio del 26
            quando Peternel era già in mano nemiche. Il gen. Villani si uccise a San Leonardo
            preferendo la morte al disonore della resa;Dal bollettino di guerra tedesco del 30 ottobre: "lesercito italiano offrì
            violentissima resistenza sulle posizioni che si protendono verso Udine, Bertiolo,
            Galleriano e Pozzolo, allo scopo di proteggere il ripiegamento della 3° armata sopra la
            riva destra del Tagliamento
" ; Il resto, sul Piave, è unaltra storia che continua la storia di
        eroismo e di sacrificio del combattente italiano.   |