Il Novecento inizia per l'Italia con un episodio clamoroso:
        l'assassinio del re. Monza, 29 luglio 1900. Sono da poco passate le 22 e trenta, quando
        tre colpi di pistola mettono fine alla vita del sovrano d'Italia, re Umberto I di Savoia. 
        L'autore del gesto, Gaetano Bresci, è un anarchico di origine toscana.
        E' arrivato appositamente dagli Stati Uniti, e precisamente da Paterson, un sobborgo di
        New York pieno di immigrati e spiantati. A Paterson aveva conosciuto Errico Malatesta,
        esponente di spicco dell'anarchismo italiano e internazionale, che aveva criticato più
        volte in modo virulento dalle colonne del giornale "La Questione sociale" la
        politica savoiarda del "massacro" operato a danno delle classi sociali più
        deboli, trattate come carne da macello e sfruttate senza ritegno. 
        In particolare, sotto accusa c'erano state le "inutili carneficine" in Abissinia
        che non rispondevano ad alcuna logica se non a quella di voler a tutti i costi gareggiare
        con gli altri Paesi europei come l'Inghilterra, la Francia e la Germania che avevano un
        cospicuo impero coloniale. 
        Affetta da perenni complessi di inferiorità, l'Italia, a differenza degli altri Stati,
        non ne aveva i mezzi, e diventò lo zimbello dell'Europa col suo velleitario
        "colonialismo straccione", che si concluse degnamente ad Adua con il massacro di
        centinaia di uomini e una figuraccia storica.
        Nel mirino delle arringhe di Malatesta c'era, in particolare, un fatto
        che aveva sconvolto l'opinione pubblica e di cui lo stesso Bresci era venuto a conoscenza:
        la rivolta che i milanesi avevano attuato nel maggio 1898 contro il caro-vita e l'aumento
        del prezzo dei generi di prima necessità (soprattutto del pane) decretato dal governo e
        conclusasi in un bagno di sangue. 
        Almeno cento persone erano morte e oltre 400 erano state ferite sotto le cannonate e i
        colpi di schioppo sparati dai gendarmi comandati dal generale Bava Beccaris, il quale,
        dopo aver "ristabilito l'ordine", era stato insignito dallo stesso re Umberto I
        della croce di grand'ufficile dell'Ordine militare di Savoia ed era stato addirittura
        nominato senatore del Regno per il servizio reso alle istituzioni. 
        Gaetano Bresci, partì così dagli Stati Uniti per vendicare l'eccidio
        colpendo il suo mandante morale, il re d'Italia. 
        Attese il momento opportuno, una serata di mezza estate nella quale il sovrano si era
        recato in visita, a pochi passi dalla sua residenza monzese, al gruppo di atleti della
        società ginnica "Forti e Liberi". 
        Memore di un analogo tentativo fallito tre anni prima da parte di un altro anarchico,
        Pietro Acciarrito, il Bresci si mescolò alla folla che circondava la carrozza reale, e
        premette per tre volte il grilletto. 
        Era la fine di un altro sovrano simbolo di una società ormai in irreversibile decadenza,
        una società incapace di rinnovarsi e fine a se stessa, che di lì a qualche anno sarebbe
        stata tragicamente investita - fattore scatenante un altro attentato illustre - dai
        bagliori del primo conflitto mondiale. 
        Bresci fu condannato a sette anni di cella di isolamento e poi
        all'ergastolo, da scontare nel carcere di Porto Azzurro all'Elba. Si suicidò il 22 maggio
        del 1901.
        L'immatura e violenta morte di Umberto I portò sul trono, a 31 anni,
        VITTORIO EMANUELE III. 
        
         L'Italia nel 1900-1901 (cronologia.it)
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         L'Italia di Giolitti (1900-1914)
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         L'Italia liberale di Giolitti
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