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Tangentopoli: storia di Mani Pulite

(1992 - 1997)

di Gherardo Colombo

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MILANO - Nel giro di un paio d'anni il livello di prescrizione nei processi di Mani pulite arriverà più o meno al 60 per cento. La deduzione del cittadino è che la giustizia non funziona. E non funziona in un campo in cui sono particolarmente evidenti i danni provocati dai reati. In Italia, nel periodo su cui abbiamo indagato, circolavano ogni anno tangenti per migliaia di miliardi. Queste tangenti erano formalmente pagate dalle imprese, ma di fatto le pagava l'ente pubblico al quale apparteneva il funzionario infedele. Quante opere in Italia sono state iniziate e non sono state completate facendo uscire dalle casse dello Stato somme impressionanti? Quante volte è successo, o quanto meno viene il sospetto che sia successo, che siano state finanziate opere solo per ottenere la tangente? E quante volte si può pensare che la spesa pubblica sia stata indirizzata proprio in ragione della corruzione?

Noi di Mani pulite abbiamo complessivamente chiesto il rinvio a giudizio di oltre 3.200 persone . In effetti gli indagati sono stati molti di più: quasi 5 mila. Ma per circa 1.200 persone abbiamo ritenuto che la competenza fosse di altre procure e abbiamo trasmesso gli atti. I risultati finali? I tribunali hanno assolto nel merito soltanto il 14-15 per cento delle posizioni, a fronte di una media nazionale che si aggira intorno al 21-22 per cento. Però, oltre alle assoluzioni nel merito, c'è circa un 30 per cento di prescrizioni. E siccome tante sentenze non sono ancora definitive, la percentuale delle prescrizioni è destinata a raddoppiare.
Le indagini sulla corruzione cominciate nel febbraio del 1992 a Milano sono state accompagnate da due termini: sono diventate famose come inchieste di Mani pulite, mentre l’ambiente sul quale si investiga viene da allora definito Tangentopoli . I due termini hanno entrambi un’origine giornalistica. Tangentopoli, per la verità, è stato utilizzato prima ancora che iniziasse l’inchiesta Mani pulite. Si è cominciato a parlare di Tangentopoli a proposito delle indagini portate avanti sempre a Milano da Ilda Boccassini nel 1989 , note anche come Duomo connection . Mani pulite invece è un termine forgiato appositamente per le indagini sulla corruzione nate nel febbraio 1992. In questo caso, credo sia stato tratto lo spunto dal codice utilizzato dai carabinieri. La sigla iniziale, infatti, era «MP» perché i carabinieri comunicavano tra loro utilizzando per riconoscersi i termini «Mike» e «Papa»: «MP», appunto, da cui Mani pulite.

Le indagini ebbero inizio il 17 febbraio 1992 , con un arresto da cui scaturì tutto. In realtà, era successa una cosa non eccezionale: uno di quei fatti che ogni tanto capitano, ma che prima di allora non avevano dato origine a risultati delle dimensioni di Mani pulite. Qualche giorno prima del 17, l’imprenditore Luca Magni , titolare di una società di pulizie in rapporti con il Pio Albergo Trivulzio , si era visto chiedere dal presidente del Trivulzio Mario Chiesa dei soldi per poter continuare a lavorare. Magni, invece di pagare, decise di rivolgersi ai carabinieri: Antonio Di Pietro fu incaricato delle indagini perché credo fosse il pm di turno.(...)
Questa fase la conosco di riflesso, perché non sono entrato subito nell’istruttoria. Già ad aprile i dirigenti della Procura, in particolare Gerardo D'Ambrosio , ma anche Saverio Borrelli , vedendo che le inchieste stavano crescendo a vista d’occhio, mi contattarono prevedendo che nel giro di pochi giorni Di Pietro non sarebbe stato in grado di affrontare tutto da solo. In realtà, non avevo gran voglia di prendermi carico di questo lavoro: ho cominciato a essere scortato nel 1981, la tutela mi era stata appena tolta ed era prevedibile che se avessi accettato quell’incarico nel giro di poco tempo sarei tornato sotto protezione. Inoltre ero indirizzato verso un’opera di approfondimento piuttosto che verso una attività investigativa nella quale occorre essere disponibili dalla mattina alla sera. Ma poi ho risposto «sì» e sono entrato a far parte, insieme con Di Pietro, del «duo» incaricato di investigare. Abbiamo cominciato però a svelare una quantità quasi incredibile di corruzioni e così nel giro di un altro mese decisero di affiancarci anche Pier Camillo Davigo .(...)

Nel ’92 sono accadute tante cose: le indagini sono cresciute, poi cresciute e poi ancora cresciute, in uno scenario che ha avuto momenti estremamente drammatici. Nel corso del 1992 infatti vennero uccisi in Sicilia Giovanni Falcone , la moglie e la scorta, e Paolo Borsellino con tutti gli agenti che lo proteggevano: fatti di una tragicità inenarrabile. Come altri fatti drammatici si verificarono sostanzialmente nel contesto delle indagini. Il 17 giugno 1992 si suicidò Renato Amorese , che era segretario del Psi a Lodi: aveva ricevuto soltanto una informazione di garanzia. Amorese si uccise lasciando una lettera indirizzata a Di Pietro, a cui si rivolse direttamente ringraziandolo per la sensibilità dimostata pur nel giusto rigore delle sue funzioni. Qualche mese dopo si suicidò, il 2 settembre, il deputato Sergio Moroni , che aveva responsabilità nel Psi a livello regionale. Abbiamo discusso tra noi di quegli episodi così tragici, che avevamo subìto molto pesantemente. Abbiamo parlato del dramma dell’uccisione di colleghi che conoscevamo. Giovanni Falcone lo avevo incontrato per la prima volta nel 1980, quando mi occupavo dell’istruttoria sull’omicidio di Giorgio Ambrosoli, per il quale era stato condannato all’ergastolo Michele Sindona . E tutti questi sono fatti che pesano addosso. Ma noi abbiamo l’obbligo costituzionale (e io credo che debba essere così) di esercitare l’azione penale obbligatoriamente tutte le volte in cui ci si trova di fronte a indizi tali da far ritenere che un reato è stato commesso. Nonostante ciò, abbiamo cercato con ogni nostra capacità di evitare che altri suicidi si potessero verificare: con una attenzione direi spasmodica a fare in modo che, se si avvertiva anche il sospetto che qualcuno potesse porre in essere un gesto di questo tipo, un gesto così drammatico e nello stesso tempo così crudele, a parer mio, si prendessero tutte le misure necessarie per evitarlo.

Dicevo delle indagini che seguirono: fu alla fine del 1992, esattamente il 15 di dicembre, che la Procura di Milano emise un’informazione di garanzia nei confronti dell’onorevole Bettino Craxi . Gli episodi contestati riguardavano soprattutto la Metropolitana milanese. L’onorevole Craxi, mi pare nel luglio di quello stesso anno, aveva spiegato alla Camera come esistesse alla fin fine un rapporto tra il finanziamento dei partiti e le imprese: un finanziamento sostanzialmente nascosto che era, allora come ora, vietato dalla legge.(...)

Io, riprendendo la battuta di un indagato, nel luglio 1992 buttai lì un’idea (perché già da allora si poteva intuire come sarebbe stato difficile arrivare a una conclusione di queste investigazioni): chi avesse riferito all’autorità giudiziaria i fatti nei quali era stato coinvolto, avesse restituito il denaro ricevuto illecitamente e si fosse allontanato per un certo periodo dalla vita pubblica avrebbe potuto avere in cambio l’esenzione dalla detenzione in carcere. Questa idea raccolse delle reazioni praticamente poco apprezzabili. Ma sono ancora convinto che se si fosse pensato di risolvere al di là del carcere la questione corruzione fin da allora, forse avremmo scoperto molto, molto di più e forse le nostre indagini si sarebbero concluse molto più rapidamente, credo con vantaggio per tutti.

Ancora nel 1992 iniziò un fenomeno, che non ebbe una lunghissima durata ma fu ben percepibile: cominciarono a formarsi addirittura delle code di persone fuori dalle nostre porte. Persone che venivano a riferire, a raccontarci episodi di corruzione o di reati simili, che noi non conoscevamo. Chissà, questo forse può essere stato favorito dalle dichiarazioni che il manager Mario Zamorani fece nell’ottobre di quell’anno uscendo da San Vittore. Zamorani disse che noi sapevamo tutto, che avremmo arrestato mille persone, forse di più. Questo ingenerò un convincimento abbastanza diffuso secondo il quale saremmo arrivati a scoprire tutto quello che c’era da scoprire. Non credo che sia stato effettivamente così, penso che di cose da scoprire ce ne siano ancora tante. Noi siamo arrivati dove siamo potuti arrivare, tenendo conto anche alle resistenze che ci sono state nei confronti del nostro lavoro.

Nel 1993 siamo andati avanti nello stesso modo. Il 2 marzo venne arrestato Primo Greganti . Il nome di Greganti compare spesso nei resoconti di quel periodo, perché ritengo sia stata una delle persone che ha sofferto uno dei più lunghi periodi di custodia cautelare. Greganti credo che fosse istituzionalmente legato a un partito della sinistra, non ricordo se ancora il Pci o forse già il Pds. Precedentemente erano stati arrestati anche esponenti del livello locale del Pci-Pds. Mi ricordo che così come eravamo progressivamente arrivati alle accuse contro i segretari amministrativi dei due maggiori partiti allora al governo, la Democrazia cristiana e il Partito socialista, si sarebbe poi giunti anche al coinvolgimento del segretario amministrativo nazionale del Pds, Marcello Stefanini. Il coinvolgimento dei tesorieri nazionali dava conferma del fatto che il sistema fosse effettivamente un «sistema».(...) Marcello Stefanini è stato poi prosciolto proprio in istruttoria dalle imputazioni che gli sono state mosse. Evidentemente perché non si è riusciti a dimostrare una sua responsabilità effettiva.

Tiziana Parenti è stata forse l’unica persona, tra quelle che si sono occupate della corruzione nella Procura di Milano, con la quale non si è creato un legame effettivo. Tanto è vero che poi ha deciso di prendere un’altra strada.(...)

Nel 1994 successe che un brigadiere della Guardia di Finanza, Pietro Di Giovanni , si vide offrire da un suo superiore, il maresciallo Nanocchio , una busta contenente dei soldi accompagnata da una frase del tipo: «Abbiamo fatto delle indagini, abbiamo fatto una verifica presso la tal società, la tal società ci ringrazia per la nostra gentilezza». Di Giovanni, invece di mettersi i soldi in tasca, andò dal suo comandante e raccontò tutto. Da quell’episodio nacque una nuova inchiesta che vedrà finire sotto accusa centinaia di appartenenti alla Guardia di Finanza . L’indagine ha portato poi al coinvolgimento del presidente del Consiglio allora in carica, l’onorevole Silvio Berlusconi, il quale, condannato in primo grado, ha visto poi ridimensionata la sua posizione in Appello, quando la Corte ha considerato prescritti tre casi e lo ha assolto nel merito dal quarto caso. Berlusconi è uscito completamente dalla vicenda con la sentenza della Cassazione che lo ha ritenuto estraneo a tutte le corruzioni contestate.

Parlo di questo episodio perché l’abbandono della toga da parte di Antonio Di Pietro è strettamente connesso, almeno dal punto di vista cronologico, al procedimento sull’onorevole Berlusconi. L’interrogatorio del presidente del Consiglio era previsto per il 26 novembre 1994. Nei giorni immediatamente successivi (non ricordo esattamente quando, ma forse prima di quella data) Antonio Di Pietro ci fece sapere la sua volontà. Sta di fatto che Di Pietro, che sarebbe dovuto essere presente all'interrogatorio del 26 novembre, ci comunicò la sua intenzione di andarsene.

Era la fine del 1994 e questo allontanamento da parte di Di Pietro ci mise in difficoltà, perché Antonio lavorava molto e lavorava anche molto bene. E noi, che eravamo prima in tre o in quattro, a seconda degli affiancamenti che avevamo momento per momento, ci trovammo a rimanere in due, con qualche aiuto.(...) Dovremo così aspettare fino all’autunno del 1995, quasi un anno, perché il gruppo venisse ricomposto con l’applicazione di Ilda Boccassini. Ilda Boccassini diventerà, assieme a Davigo e a me, una delle persone a cui è stato affidato molto del lavoro del terzo settore delle indagini, quello che nacque in seguito alle dichiarazioni di Stefania Ariosto e coinvolse i reati di corruzione in atti giudiziari. (...)

C’è chi ha affermato che le indagini di Mani pulite sono terminate con l’allontanamento di Di Pietro dalla magistratura. In effetti non è così. Le indagini sono proseguite fin verso il 1997-98. Certo è che, per un complesso di fattori, progressivamente è venuta meno la materia delle nostre investigazioni. E’ difficile spiegare esattamente il perché. Sta di fatto che personalmente individuo intorno al 1997-98 la fine delle indagini conosciute generalmente con il nome di Mani pulite. (...)

L'Italia ha uno spaventoso debito pubblico. Ho letto che ogni italiano, anche i neonati, dovrebbe restituire allo Stato circa 45 milioni di lire. Non credo che tutto questo debito dipenda dalla corruzione; ritengo però che una parte veramente consistente dipenda dalla corruzione. E faccio un solo esempio. Un istituto internazionale ha accertato che un chilometro del Passante ferroviario di Milano prima di Mani pulite costava più di 80 miliardi di lire. Dopo Mani pulite il chilometro successivo è venuto a costare circa 44 miliardi, poco più della metà. La corruzione ha fatto male alle imprese, che non competevano più sulla base delle capacità tecniche ma sulla base della capacità di pagare tangenti. E ha fatto male anche alla democrazia. Perché tanta gente si faceva strada all'interno dei partiti non per le capacità di analisi e di proposta, ma solo perché, avendo ricevuto tante tangenti, era in grado di comperare le tessere che facevano vincere le sue mozioni. E perché nei partiti qualche volta si apprezzava di più la capacità di avere i contatti per poter ottenere tangenti piuttosto che non quella di essere propositivi per la società.

(corriere.it)

 

info.gif (232 byte) per saperne di più:

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pallanimred.gif (323 byte) Bibliografia Tangentopoli

pallanimred.gif (323 byte) 17 gennaio 1992: nasce Tangentopoli (cronologia.it)

pallanimred.gif (323 byte) Per non dimenticare Tangentopoli Cronistoria dell'inchiesta, a cura di Marco Travaglio

 

 

   

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