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Bettino Craxi

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Bettino Craxi nasce a Milano il 24 febbraio 1934. Segno zodiacale pesci "ascendente squalo" come ama scherzare nei momenti di auge. Si laurea all’università in Storia negli anni ’50.

Uomo ''totus politicus'', Craxi fece da ragazzo, negli anni '50, quella che Amendola chiamava ''una scelta di vita''. Anni durissimi per chi stava a sinistra, ma forse ancor di più per chi, come lui, a sinistra era considerato un destro. I giornalisti impararono presto, quando raggiunse l'apice del potere, che il modo più semplice per farlo parlare era ricordare quei primi anni. E lui amava raccontare quando, giovanissimo funzionario, venne esiliato a Sesto San Giovanni, con la durissima clausola che doveva essere mantenuto dai compagni del posto, perché il partito non avrebbe dato una lira.

Nenniano, entrò nel comitato centrale del partito al Congresso di Venezia, nel '57, che vide il leader storico del socialismo italiano sonoramente battuto dai morandiani coalizzati con i bassiani e la sinistra di Sandro Pertini. Aveva 23 anni (essendo nato a Milano il 24 febbraio del '34). Il suo campo d'azione divenne il mondo universitario, nell'Unuri, dove si addestrarono tanti altri futuri leader (Occhetto e Pannella, tanto per fare alcuni nomi)alla manovra politica, all'arte delle alleanze e dei cambi di fronte. Anticomunista tutto d'un pezzo, prosegui' il suo cursus honorum prima a livello cittadino (consigliere comunale a Milano), poi a livello nazionale: entrò nella direzione del partito nel 1965, poco dopo la scissione dello Psiup di Tullio Vecchietti e Dario Valori.
Nel '68, Craxi venne eletto per la prima volta deputato, ed entro' nella segreteria nazionale del Psi, come uno dei vice segretari prima di Giacomo Mancini e poi di Francesco De Martino.
E' in quegli anni che, per conto del partito, inizio' un'intensa attivita' di politica estera, soprattutto nei confronti dei partiti fratelli aderenti all'Internazionale socialista. Nacque così una passione che non si appannò più. Craxi aiutò in tutti i modi i socialisti costretti ad agire sotto regimi tirannici, e non solo finanziando i socialisti che in Grecia, come in Spagna, in Portogallo o nel Cile lottavano contro la dittatura, ma anche cercando di far fare pace alle fazioni che immancabilmente si creavano in quei partiti.
Nel 1976, eletto segretario del partito in seguito ad una sorta di congiura di palazzo ai danni di De Martino, la sua sembrò la classica soluzione di transizione. Non era forte nel partito, e i leader socialisti più importanti pensarono a torto di poterlo levare di mezzo alla prima occasione. Segreteria fragile, quindi, di un partito ancor piu' fragile. Il Pci sembrava in un'ascesa inarrestabile. Molti cominciarono a pensare che il Psi non avesse più ragione d'esistere. ''Primum vivere'' fu il suo orgoglioso slogan. Ma per far questo non si arroccò. Anzi, comincio' subito a lavorare per uno svecchiamento del Psi e per un gioco a tutto campo.
Il comunista Enrico Berlinguer aveva lanciato il ''compromesso storico''? E lui al congresso di Torino, alleato con il lombardiano Claudio Signorile, replico' con la strategia dell'alternativa. Il congresso di Torino che la settimana scorsa Veltroni ha ricordato come un esempio. Durante i tremendi 55 giorni di Moro, la Dc e il Pci si attestavano sulla linea della ''fermezza''? Il Psi divenne l'alfiere della linea trattativista. E fu sempre nel '78 che il Psi riusci' a mandare per la prima volta un suo uomo al Quirinale: Sandro Pertini.
E anche il partito fu rivoltato come un calzino, seguendo una stella polare: svecchiare il socialismo italiano, e riscattare il Psi da una sudditanza culturale e ideologica nei confronti del ''grande partito comunista italiano'', come si diceva in quegli anni. E fu infatti nel '78 che Craxi avvio' una feroce polemica ideologica con il Pci. Berlinguer operava il suo ''strappo'' dall'Urss e dalla tradizone comunista ortodossa proponendo una terza via, e Craxi gli rispose duro buttando a mare non solo Lenin, ma anche Marx, ed esaltando il pensiero di Pierre Joseph Proudon. Riuscì a far cambiare anche il vecchio simbolo del suo partito (falce e martello su libro e sole nascente) con un garofano rosso: un fiore che faceva parte della tradizione socialista italiana da prima della rivoluzione d'Ottobre. Il Psi, questo voleva Craxi, doveva diventare sinonimo di modernità, di futuro. Certo, in tanti restarono perplessi per le scenografie congressuali di Panseca, cosi' come fredda fu l'accoglienza riservata ai ''nani e le ballerine'', come li chiamo' Rino Formica, negli organismi dirigenti del partito. E non furono in pochi a storcere il naso con Sandro Pertini quando, al congresso di Verona dell'84, venne eletto segretario per acclamazione anziche' con regolare votazione. Resta pero' il fatto che ancora oggi si sentono riecheggiare molte delle idee che in quegli anni vennero sfornate dal gruppo dirigente che si era formato intorno a lui.
Al congresso di Verona, che si ricorda anche per la salve di fischi che accolse Berlinguer un paio di settimane prima della sua morte (anni dopo, Craxi, non facile alle autocritiche, disse di essersi pentito per quell'episodio), era gia' presidente del Consiglio da un anno. Cio' era stato possibile per la sconfitta subita dalla Dc nelle elezioni dell'83. La Borsa perse l'8,6 per cento per un risultato dello Scudo Crociato che sembro' tragico: il 32,9% dei voti, 225 deputati e 120 senatori.
Il 4 agosto Craxi formo' il suo primo governo, e a fargli da braccio destro prese con se' il futuro premier Giuliano Amato. I problemi non si fecero attendere. La grana maggiore fu da subito la decisione di accogliere in Italia i Cruise statunitensi. Ma la prova di forza decisiva per gli equilibri interni fu senza dubbio il referendum dell'85 sui punti di scala mobile promosso dal Pci. Craxi, infatti, non cerco' di evitare lo scontro, e vinse quella partita che all'inzio era sembrata senza speranza.
A Settembre dovette affrontare la piu' grave crisi diplomatica della sua carriera, quando ordino' di impedire ai marines americani di ripartire da Sigonella, in Sicilia, con i terroristi palestinesi, tra i quali Abu Abbas, responsabili del sequestro dell'Achille Lauro.
Craxi ribadi' la sua posizione nettamente a favore della causa palestinese, e su questa base rafforzò il suo rapporto con il leader dell'Olp Yasser Arafat, che durera' poi anche quando sara' costretto a ritirarsi ad Hammamet dopo Tangentopoli.
Craxi rimase a Palazzo Chigi fino al 17 aprile '87, conquistando un record: la permanenza alla guida del governo più lunga della storia dell'Italia repubblicana. Tornato al partito, Craxi riprese di lena la sua politica: contendere alla Dc il suo primato, e rilanciare l'offensiva contro il Pci per creare un solo grande partito socialdemocratico.
La figura di Palmiro Togliatti divenne pertanto il bersaglio di mille polemiche, di convegni e libri sfornati di continuo. Al contempo, però, Craxi non ostacolò l'adesione del Pci all'Internazionale socialista.
I comunisti italiani, per la verità, poteva già contare sul sostegno di molti altri e importanti partiti della Internazionale, ma un no del leader del Psi sarebbe stato sicuramente un ostacolo difficilmente sormontabile.
Craxi iniziò quindi a impegnare il Psi su pochi e ben precisi obiettivi. La Grande riforma costituzionale, con l'introduzione dell'elezione diretta del presidente della Repubblica; la riforma dei regolamenti parlamentari per rendere piu' agevole l'azione di governo; la lotta senza quartiere non solo allo spaccio delle droghe, ma anche al loro consumo.
Nel biennio '89-'90 gli sembro' essere venuto il momento della definitiva rivincita socialista in Italia. Craxi ando' a vedere con i suoi occhi a Berlino sgretolarsi quel muro che aveva diviso in due l'Europa, e si tolse la soddisfazione di dargli anche lui due bei colpi con martello e scalpello. E volle poi seguire di persona il XX congresso del Pci di Rimini, e si vedeva con quanto interesse assistesse alla nascita del nuovo partito voluto da Occhetto, il Pds.
E' in questa cornice che Craxi lancio' la parola d'ordine dell' ''Unita' socialista''. Nel febbraio '89 aveva gia' assorbito nel Psi una componente dello Psdi, e mai come nei tumultuosi mesi che seguirono a Craxi dovette sembrare piu' vicino l'obiettivo di una grande sinistra europea Tutto poteva pensare, si puo' esserne certi, tranne che proprio il Psi sarebbe diventato a breve la vittima piu' illustre della fine dell'equilibrio assicurato dalla Guerra Fredda. Per questo, se si deve ora indicare una data del primo scricchiolio, forse e' bene partire da prima dell'inizio di Tangentopoli.
Fu alla conferenza stampa del 7 novembre 1990, convocata da Craxi per ribadire che lui dell'esistenza di Gladio non aveva in effetti mai saputo nulla, che i giornalisti ebbero l'impressione di non trovarsi piu' di fronte il solito ''Bokassa'' (questo il nomignolo con cui lo chiamavano dentro e fuori il partito). Apparve gia' come un leader sulla difensiva. Non era piu' il Craxi che poco tempo prima accusava una ''manina'' di aver depositato i verbali della Br nel covo di Via Montenevoso. Tutto cio' avveniva ben prima di quel 17 febbraio 1992, quando venne arrestato Mario Chiesa, il socialista presidente del Pio Albergo Trivulzio, che diede il via a Mani Pulite.
Tra le due date, ci fu quello che lui stesso poi riconobbe come un errore politico: l'aver invitato gli italiani ad andare al mare e a non votare per il referendum di Mario Segni sulla preferenza unica. Arrestato Chiesa, Craxi pensò di poter archiviare tutto con un epiteto: ''Mariuolo''. Ma l'indagine di Tangentopoli non si sarebbe arrestata al primo nome.
Iniziò il declino, sotto i colpi degli avvisi di garanzia, ma ci volle un anno prima che il vecchio leone decidesse di gettare la spugna e lasciare la guida del partito. Un processo che si accompagnò al disgregarsi del gruppo dirigente, con Claudio Martelli sicuro di poter salvare il partito contrapponendosi a Craxi, e con quest'ultimo determinato a non far finire il bastone di comando nelle mani dell'ex delfino, che infatti fu poi preso da Giorgio Benvenuto.
Subito dopo Craxi si preoccupo' di sottrarsi alla magistratura, ai suoi occhi impegnata in un'offensiva politica, in una ''falsa rivoluzione''. A convincerlo dovette certo contribuire la manifestazione davanti all'Hotel Raphael, che lo costrinse ad allontanarsi in gran fretta sotto un fitto lancio di monetine. Si era tolto la soddisfazione di ottenere un No del Parlamento, dopo un appassionato discorso alla Camera, ad una richiesta di autorizzazione dei pm di Milano. Ma la via dell' ''esilio'' gli dovette apparire come l'unica soluzione. E si rifugiò ad Hammamet, sempre più malato di quel diabete che già nel '90 aveva fatto temere per la sua vita. E da lì ha proseguito la sua battaglia fino all'ultimo a colpi di fax, chiedendo continuamente che si cercasse la verità sul finanziamento illecito dei partiti, rifiutandosi di passare alla storia, lui che aveva dedicato la vita alla causa del socialismo, come il capo di una banda di criminali. Muore il 24 febbraio del 2000, alle ore 16,30, colpito da infarto nel sonno.

(Biografia a cura dell'Ansa)

 

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