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Il collaborazionismo

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Petain e il regime di Vichy

Le rapide conquiste naziste, nel giro di pochi mesi di combattimenti, posero il problema di come amministrare gli immensi e sterminati territori, caduti sotto i colpi di quella straordinaria macchina bellica che era divenuta, grazie al robusto riarmo voluto da Hitler, la Wehrmacht, forte dell’appoggio di artiglieria, mezzi corazzati ed aviazione, secondo i principi di quella guerra lampo che aveva travolto, con spaventosa potenza, gli eserciti di Polonia, Olanda, Belgio, Lussemburgo e soprattutto Francia; le armate naziste avevano dunque ottenuto, in poche settimane, quei risultati cercati , invano, per ben quattro lunghi anni di sofferenze, nel fango delle trincee, dalle truppe del Kaiser Guglielmo II.

Accanto all’annessione diretta al reich, cominciarono a sorgere, per volontà dei vertici nazisti, governi collaborazionisti, con propria identità, proprio esercito, propri confini ma, di fatto, del tutto asserviti alla volontà della grande Germania; i casi più eclatanti di questi stati-satellite, furono la Francia di Vichy, guidata dall’anziano generale Petain, la Repubblica Sociale Italiana di Benito Mussolini e la Norvegia di Vidkun Quisling.

Il governo centrale nazista non avendo né uomini né mezzi per controllare direttamente le vaste regioni sottomesse, decise di ricorrere, pertanto, a tale stratagemma, al fine di concentrare ogni risorsa possibile verso gli obbiettivi militari da perseguire.

Il termine collaborazionismo, una volta cessata la guerra, sarebbe divenuto il simbolo dell’infamia, il sinonimo della viltà e dell’agghiacciante appoggio ad un’ideologia che aveva causato la morte di ben 50 milioni di persone; molti esponenti dei governi filo-nazisti, nella resa dei conti post-bellica, furono condannati a morte o al carcere a vita, condannati ad essere ricordati come coloro che tradirono il proprio popolo, per la loro collusione col nazional-socialismo; in effetti nella Francia di Vichy, in Norvegia, nella RSI, le autorità locali consentirono il perpetrarsi della cieca violenza nazista nei confronti dei cittadini di razza ebraica; nell’Italia repubblicana, le poche forze armate, raccolte dal ministro della difesa Graziani, non furono mai utilizzate, ad eccezione della X Mas, nei combattimenti contro le truppe alleate che, sia pur con difficoltà, stavano risalendo la penisola, ma nell’attività di rastrellamento di ebrei e partigiani, al fianco della GESTAPO e delle temibili SS.

Tutte le risorse, i mezzi, le materie prime, la forza lavoro disponibile, venivano assoggettati ai bisogni della Germania; ogni attività dei governi collaborazionisti era dunque indirizzata alle finalità proprie del grande reich, al mantenimento di una macchina bellica che cominciava ad accusare i primi segnali di cedimento, sotto i colpi degli anglo-americani e dell’armata rossa sovietica; gli stati satelliti, ideati dal nazismo, vennero, nella realtà, spremuti come limoni e privati di una qualsivoglia autorità nazionale; le waffen SS, le SS combattenti, trovarono linfa vitale nelle migliaia di volontari provenienti dai territori occupati e gli stessi vantaggi furono goduti dalle industrie tedesche, ormai completamente dipendenti dalle centinaia di migliaia di lavoratori, reclutati forzatamente dai collaborazionisti, su espresso ordine dei vertici nazisti.

Ma una volta cessate le ostilità, una volta annientata la potenza nazista, come fu per Hitler ed i suoi gerarchi, anche per gli esponenti politici di tali governi venne il momento della resa dei conti.

In Francia il glorioso comandante Petain, l’eroe di Verdun, fu processato per alto tradimento dall’Alta Corte di Giustizia, istituita dal governo provvisorio di Charles De Gaulle e condannato a morte; solo per il suo alto prestigio e per l’età la pena venne commutata in un ergastolo che si protrasse fino al 1951, anno della sua morte all’età di 95 anni.

In Norvegia Quisling fu giustiziato da un plotone d’esecuzione, mentre in Italia, la RSI nazi-fascista cessò, definitivamente la sua esistenza, con la fucilazione del suo duce Benito Mussolini, catturato dai partigiani mentre tentava una disperata fuga in Svizzera.

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