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la Resistenza romana

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       LA RESISTENZA DI GARBATELLA

 

Storia di un quartiere negli anni terribili dei fascismo

di Cosimo Barbato

Antifascismo e Resistenza: un patrimonio di democrazia che a buon diritto appartiene a un quartiere che storicamente ha vissuto queste realtà fin dalla sua origine e che inoltre ospita il sacrario delle Fosse Ardeatine, dove riposano le vittime (resistenti, ebrei, comuni cittadini) di una delle più odiose stragi perpetrate in Italia dai nazifascisti. Antifascismo fin dalle origini del quartiere, non solo per la matrice popolare dell'insediamento che era andato formandosi a partire dagli anni venti, ma anche perché alla Garbatella vennero relegati numerosi "sovversivi" che non avevano voluto piegare la testa di fronte al dilagare della dittatura; e con i "sovversivi" una cinquantina di famiglie di ebrei sfrattati dalle loro case nei dintorni dei Portico d'Ottavia contro le quali si scatenerà una spietata persecuzione razziale. Uno di questi "sovversivi" si chiamava Enrico Mancini, nativo di Ronciglione e abitante agli "alberghi", Lotto 43 delle case popolari in Via Percoto Era arrivato a Roma da ragazzo, andando ad abitare con il padre in una un patrimonio di democrazia che a buon diritto appartiene a un quartiere che storicamente ha vissuto queste realtà fin dalla sua origine e che inoltre ospita il sacrario delle Fosse Ardeatine, dove riposano le vittime (resistenti, ebrei, comuni cittadini) di una delle più odiose stragi perpetrate in Italia dai nazifascisti. Antifascismo fin dalle origini del quartiere, non solo per la matrice popolare dell'insediamento che era andato formandosi a partire dagli anni venti, ma anche perché alla Garbatella vennero relegati numerosi "sovversivi" che non avevano voluto piegare la testa di fronte al dilagare della dittatura; e con i "sovversivi" una cinquantina di famiglie di ebrei sfrattati dalle loro case nei dintorni dei Portico d'Ottavia contro le quali si scatenerà una spietata persecuzione razziale. Uno di questi "sovversivi" si chiamava Enrico Mancini, nativo di Ronciglione e abitante agli "alberghi", Lotto 43 delle case popolari in Via Percoto. Era arrivato a Roma da ragazzo, andando ad abitare con il padre in una Antifascismo e Resistenza: un patrimonio di democrazia che a buon diritto appartiene a un quartiere che storicamente ha vissuto queste realtà fin dalla sua origine e che inoltre ospita il sacrario delle Fosse Ardeatine, dove riposano le vittime (resistenti, ebrei, comuni cittadini) di una delle più odiose stragi perpetrate in Italia dai nazifascisti. Antifascismo fin dalle origini del quartiere, non solo per la matrice popolare dell'insediamento che era andato formandosi a partire dagli anni venti, ma anche perché alla Garbatella vennero relegati numerosi "sovversivi" che non avevano voluto piegare la testa di fronte al dilagare della dittatura; e con i "sovversivi" una cinquantina di famiglie di ebrei sfrattati dalle loro case nei dintorni dei Portico d'Ottavia contro le quali si scatenerà una spietata persecuzione razziale. Uno di questi "sovversivi" si chiamava Enrico Mancini, nativo di Ronciglione e abitante agli "alberghi", Lotto 43 delle case popolari in Via Percoto Era arrivato a Roma da ragazzo, andando ad abitare con il padre in una casa a Testaccio. Pieno di spirito di iniziativa, era diventato un raffinato ebanista, tanto da aprire una bottega propria ìn Via Ostiense vicino al ponte della ferrovia. Alla fine degli anni venti, dopo aver rifiutato ripetutamente la tessera dei Fascio, ricevette numerosi avvertimenti squadristici che culminano con l'incendio dei laboratorio. Mancini si ritrovò carico di debiti e nell'impossibilità di continuare la sua attività. Ma non si perse d'animo. Prese in affitto una trattoria in Via della Scrofa, con la quale riusciva a mala pena a sbarcare il lunario, anche perché presso di lui facevano capo parecchi altri "irriducibili" o anche solo dei poveracci che non riuscivano a pagarsi un pasto. Ovviamente non fece fortuna. Nel frattempo, espulso dalla casa di Via Bodoni al Testaccio, gli fu assegnato l'alloggio-ghetto della Garbatella: due stanze per otto persone con lungo corridoio, gabinetti e cucina in comune con altre famiglie di sfrattati. La trattoria gli offrì l'occasione di entrare in contatto con personaggi dell'antifascismo militante, rapporto che si consolidò quando decise di cambiare attività, aprendo in Via Mario de' Fiori un ufficio di rappresentanza commerciale agricola: comprava in campagna e rívendeva ai dettaglianti. In quell'ufficio raccontano i figli, facevano capo dirigenti del partito d'azione, cui Mancini aveva aderito dal 1942. Poi, dopo l '8 Settembre 1943, svolse un'intensa attività di collegamenti a Roma e fuori finché non fu arrestato dalle S.S. italiane della banda di Pietro Koch, ferocemente ma inutilmente torturato e quindi spedito a Regina Coeli. Fucilato alle Fosse Ardeatine il 24 marzo dei 1944, il suo corpo quando venne riesumato presentava i segni delle torture subite: tutte le costole rotte e i timpani sfondati. Aveva quarantasette anni. Un altro martire della Resistenza fu Giuseppe Cinelli, anche egli fucilato alle Ardeatine, figlio di un mastro calzolaio aveva aperto una bottega in Via Ancona. Fervente socialista e poi comunista, ben presto dovette abbandonare la sua attività: le persecuzioni erano continue, i fascisti non gli davano pace. Agli inizi degli anni trenta venne ad abitare alla Garbatella, in una casa popolare in Via Antonio Rubino che era stata assegnata alla madre. Di riaprire la bottega non se ne parlava neppure: non aveva una lira e poi ormai per aprire un negozio occorreva la tessera del Fascio.

A Cinelli, esile di corporatura, non restò che una alternativa: andare a fare il facchino ai mercati generali. Lì c'erano tanti compagni antifascisti, c'era solidarietà. Alla Garbatella tenne vivo lo spirito antifascista e dopo l'8 settembre fu uno dei resistenti di area comunista. Qui operava la cosiddetta settima zona. Ricordiamo solo alcuni nomi: Mario Bernardi, Gastone Mazzoni, Giuseppe e Orlando Lombardi, Libero Natalini, Mario e Alberto Polimanti, Giovanni Maroni, Elio Brini, Silvio e Andrea Coltellacci, Fernando Proietti, Reva Romani, Angelo Gioriani, Raffaella Chiatti, Renato Peret, Pride Mobile, Marcello Vari, Maceo Moretti, Garibaldi Dodici, Lamberto Cristiani. Ai gruppi comunisti si affiancavano altre formazioni politiche: socialisti, azionisti, repubblicani cattolici. Giuseppe Cinelli fu arrestato il 22 Marzo 1944 nella sua casa di Via Rubino , insieme al fratello minore Francesco. Una banda di tedeschi e di fascisti, guidata da uno spione, Federico Scarpato, fecero irruzione verso le ventuno mettendo tutto a soqquadro: non riuscirono a trovare né i documenti né la pistola, opportunamente nascosti. Subito furono portati al comando S.S. di Via Tasso, dove il giorno dopo furono interrogati e torturati. li 24 furono poi condotti con gli altri 333 martiri alle Fosse Ardeatine. Un solo giorno erano rimasti nelle mani dei tedeschi, sufficiente perché Francesco, nero di capelli, incanutisse completamente sotto le torture. A Giuseppe Cinelli, assassinato a 42 anni, fu intitolata la sezione Garbatella dei Pci. Di area socialista era invece Libero De Angelis, 22 anni, abitante in Via Giovanni da Capistrano, Lotto 28 delle case popolari. L'8 settembre l'armistizio lo colse militare in Grecia. Era partito malgrado fosse l'unico sostegno della famiglia, madre e due sorelle, essendo il padre morto nel 1939. Il reparto Libero fu catturato dai tedeschi ma egli riuscì a fuggire e a raggiungere fortunosamente Roma, dove subito entrò in contatto con l'organizzazione militare dei Partito Socialista, le future Brigate Matteotti. Alla Garbatella operava un nucleo robusto. Citiamo alcuni nomi: Gino Zanazzo, Walter e Michele Mellone, Giorgio Carletti, Sergio Cacciamani, Spartaco Sallustri, Amerigo Alessandri, Bruno e Nando Ascioni, Cesare Zappi, Coaimo e Edoardo Vurchio, Angelo Amatucci, Flavio Arciprete, Attillo Porcari, Italo e Mario Nisi, Enrico Vurchio, Giuseppe Cinotti, Pietro Giovannini, Alberto Cappelli, Sergio Albertazzi, Alfredo Transacchi. Si sa che De Angelis entrò a far parte del servizio segreto che operava per conto degli Alleati (forse il suo rimpatrio fu dovuto a questo): la famiglia conserva un attestato rilasciato nel 1945 dagli americani. La sua attività di resistente è costellata di azioni spericolate e talvolta temerarie. La sua famiglia sa di contatti con Nenni e con quei dirigenti di Regina Coeli che in segreto favorirono la fuga dal carcere di Pertini e Saragat. De Angelis venne arrestato il 3 aprile 1944, quasi certamente per una delazione. Alla stessa delazione il partigiano Libero Natalini fa risalire il blitz che portò alla scoperta di un deposito di armi delle formazioni comuniste e socialiste, nascoste in un cunicolo del Lotto 12, quello del Palladium. In Via Tasso, De Angelis, subì pesanti interrogatori. Forse i tedeschi sapevano dei suoi contatti con gli Alleati. Fin quasi a metà maggio continuarono a torchiarlo, ma Libero non fece nomi. L' 11 maggio lo trasferìrono a Regina Coeli nel braccio controllato dalla Gestapo e il 3 giugno, con gli Alleati alle porte di Roma, lo riportarono a Via Tasso, destinata alla deportazione forse nella speranza di strappargli qualche nome. E qui entra in gioco il destino. Le SS allestiscono 5 camion per deportare i prigionieri. Libero è destinato al terzo. Partono i primi due. Sul terzo c'è anche un suo vecchio compagno di cella, l'ing. Ficca. Destinato al quarto camion c'è un giovane cugino dell'ingegnere, Ercole Piacentini. I due congiunti prima di separarsi si abbracciarono, ma De Angelis nascostamente fa salire al suo posto il Piacentini, perché i cugini possano viaggiare insieme. Egli dunque sale sul quarto, insieme ad altri tredici detenuti. I primi tre camion raggiungeranno Firenze e poi in vagone sigillato il campo di Worgl in Austria. Il quinto camion non riuscirà a mettersi in moto: i prigionieri affidati ad un reparto altoatesino, con gli Alleati già a Roma, verranno rilasciati. Il quarto camion, mentre Roma viene liberata, verrà fermato al quattordicesimo chilometro della Cassia presso la Storta. I prigionieri, forse per un ordine ricevuto, forse perché in qualche modo ritardavano la fuga, vengono fatti scendere e passati tutti per le armi: tra essi, Libero De Angelis e Bruno Buozzi, uno dei fondatori della C.g.i.I.. A De Angelis verrà conferita la medaglia d' argento e a suo nonno verrà intitolata la sezione Socialista di Via Edgardo Ferrati. Un capitolo a parte merìterebbe l'odissea degli ebrei della Garbatella. La maggior parte si salvarono per l'immensa solidarietà popolare che li protesse, li nascose, li nutrì, con grave rischio degli ospitanti. Tuttavia non pochi furono presi quasi sempre per delazione e di questi quasi tutti non fecero ritorno. Citiamo i quattro fratelli Anticoli, abitanti al Lotto 37(tre scomparvero nei lager tedeschi e il quarto, Lucìano, 17 anni, morì di stenti mentre stava per essere rimpatriato da Buchenwald); Cesare Di Nepi, abitante al Lotto 24: incappato in una retata al portico d'Ottavia, fu fucilato alle Ardeatine; alle Fosse Ardeatine morì anche Pacifico Funaro, abitante al Lotto 24; nello stesso lotto abitavano anche una madre e due figlie della famiglia Di Capua.Enrica, Rina e Rosa prese per strada su indicazione di una spia e spedite in Germania senza ritorno. Alto fu il tributo di sangue degli ebrei della Garbatella, ma la maggior parte di essi, poveri tra i poveri, potettero salvarsi solo per la generosità di chi ben conosceva il dramma della sofferenza e dell'indigenza.

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