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pallanimred.gif (323 byte) La Resistenza a Roma: donne e quotidiano

di Lisa De Leonardis

"Le donne furono la resistenza dei resistenti" (Ferruccio Parri)

La presenza di donne nella sfera pubblica non nasce certo nel '43, tuttavia è in questo periodo che essa assume carattere di massa, anche a causa di una guerra che irrompe prepotentemente nel privato e nella quotidianità.

Il protagonismo femminile, che pure si è manifestato in modi molto diversi fra loro, è stato ricondotto dalla storiografia ufficiale ad una serie di stereotipi che immancabilmente tendono a collocarlo in categorie non politiche. In questa ottica le azioni delle donne durante la Resistenza divengono invisibili perché mai ritenute il risultato di una scelta consapevole. Piuttosto sono viste come espressioni, di volta in volta, o di un innato senso materno o di un altrettanto innato pacifismo, che solo a causa di situazioni contingenti si esprimono al di fuori dell'ambito privato.

Su tale invisibilità pesa anche l'impostazione storiografica che individua un'unica vera Resistenza, quella armata, e di conseguenza un solo soggetto legittimato alla fondazione dello stato repubblicano, il "maschio in armi". In questo modo, da un lato, solo coloro che compiono la scelta armata si distinguono dalla zona grigia, ovvero dalla parte di corpo sociale che non ha scelto, che attende passivamente la fine della guerra o nella migliore delle ipotesi il crollo del regime di occupazione. Dall'altro, la presenza delle donne nelle fila partigiane è relegata al ruolo debole del "contributo" e quindi non fondante: in ciò è ben leggibile l'ulteriore articolazione dello stereotipo che vuole le donne incompatibili con la guerra e l'azione politica.

Una simile lettura della storia cancella tutte le forme di opposizione alla guerra e al fascismo che furono condotte senza armi e di cui le donne furono spesso protagoniste.

E' Resistenza civile quando si tenta di impedire la distruzione di cose e beni ritenuti essenziali per il dopo, o ci si sforza di contenere la violenza intercedendo presso i tedeschi, ammonendo i resistenti perché "non bisogna ridursi come loro"; quando si dà assistenza in varie forme a partigiani, militanti in clandestinità, popolazioni, o si agisce per isolare moralmente il nemico; quando si sciopera per la pace o si rallenta la produzione per ostacolare lo sfruttamento delle risorse nazionali da parte dell'occupante; quando ci si fa carico del destino di estranei e sconosciuti, sfamando, proteggendo, nascondendo qualcuna delle innumerevoli vite messe a rischio dalla guerra. Nella Resistenza civile si rintraccia una visibilità delle donne difficile da confondere con il contributo, poiché se si fosse trattato semplicemente di questo, non ci sarebbe stata una solidarietà sociale così diffusa e pronta a stringersi (proprio come il pugno verghiano dei Malavoglia, in cui ogni singolo dito era necessario alla compattezza del tutto) attorno ai bisogni dei tanti che dalla guerra erano stati messi in situazioni di estremo disagio, attorno ai disertori, ai partigiani, alle famiglie dei dispersi, dei militari al fronte, ma anche attorno alle formazioni armate, nelle quali molte donne sono state spesso artefici di azioni condotte in prima persona e con modalità originali.

Inoltre un concetto che faccia esplicito riferimento ad una Resistenza che non è necessariamente legata all'uso delle armi spinge a ridefinire e delimitare le dimensioni di quella "zona grigia" di attendismo, altrimenti dilatabili o restringibili al variare delle intenzioni di chi scrive la storia. Come accennavo all'inizio, la storiografia ufficiale ha generalmente ricondotto le azioni che vanno sotto la denominazione di Resistenza civile nel segno della "salvaguardia di un pezzo di realtà" - per usare un'espressione di Anna Bravo - portata avanti sulla spinta di un rassicurante senso materno, con l'effetto di privare di valenza politica tali azioni. A me sembra, invece, che molte donne abbiano messo in gioco tutto il loro mondo ed i loro mezzi che spesso, è vero, erano quelli conosciuti e utilizzati nell'ambito familiare, ma che lo abbiano fatto, più di quanto non si voglia far credere, adattandoli con ingegno alle situazioni e con la consapevolezza di scegliersi una parte.

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