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Dibattito

Resistenza e revisionismo

"Ma perché vogliono convincerci che la Shoah fu uno sterminio come tanti?"

di Eugenio Scalfari


Il dibattito sui campi di sterminio che hanno orribilmente sconciato il secolo testé concluso - e principalmente il dibattito sulla equiparazione tra l'Olocausto e il Gulag che alcuni sostengono come necessaria e altri negano
come impossibile - continua a imperversare nonostante che tutti i termini della questione siano ormai stati posti con grande chiarezza sia da una parte che dall'altra. L'ultimo in ordine di tempo dei contributi su questo
tema lo dobbiamo a Pierluigi Battista con un suo libro sull'innocenza non ancora apparso nelle librerie ma già anticipato da alcuni giornali per quanto riguarda la tesi principale. Non è una tesi nuova: è già stata esposta da
anni con dovizia di argomenti da diversi pubblicisti come Paolo Mieli, Galli della Loggia, Vittorio Strada e dallo stesso Battista per non parlare che di italiani, e puntualmente contestata da altri a cominciare da Mario Pirani
che vi è tornato pochi giorni fa sulle pagine di "Repubblica". Il protrarsi della querelle nasconde qualche altra motivazione che va al di là di un dibattito di natura solo storiografica. Chi si batte da anni per l'equiparazione
tra Auschwitz e il Gulag sovietico non ha finora portato alcuna nuova documentazione storica sul concentrazionismo staliniano né su quello nazista che giustifichi il proseguire ripetitivo di un dibattito fermo alle
posizioni iniziali già note da anni; sicché esso ha assunto ormai un carattere politico-ideologico che ha ben poco a vedere con la ricerca storica. La lettura delle pagine di Battista mi stimola a formulare qualche
osservazione con l'intento di contribuire al chiarimento di alcuni punti preliminari che mi sembrano a volte ignorati. Li ricorderò schematicamente. L'attività storiografica si compone di due operazioni distinte anche se
strettamente intrecciate: la ricerca dei documenti e la loro interpretazione. L'una non si dà senza l'altra.
Sostenere che l'attività storiografica di alcuni storici sia interamente fondata su fonti oggettive mentre quella di altri sia viziata da una prevalente soggettività è un errore o addirittura una falsità. Una ricerca priva di
documentazione attendibile non è storia ma pamphlet o libello; una documentazione non interpretata non è storia ma ricerca filologica e preliminare. Questo canone vale per ogni attività conoscitiva, e vale
massimamente per la storiografia. Lo storico è dunque sempre e dovunque revisionista nel senso che la sua interpretazione è soltanto sua anche se la documentazione sia rimasta la medesima. La sua interpretazione
modifica le precedenti e sarà a sua volta modificata dalle successive. L'interpretazione riflette il punto di osservazione dal quale lo storico guarda ai fatti del passato e - perfino - con il quale seleziona le fonti e giudica
della loro attendibilità. Croce sostenne a questo riguardo che la storia è sempre contemporanea nel senso che la scelta del tema e la sua trattazione sono in ogni caso il risultato del punto d'osservazione dal quale lo storico
guarda ai fatti, le loro cause, i loro effetti. La posizione scelta da Battista e dai tanti che l'hanno preceduto nell'affermare l'equiparazione tra gli stermini nazisti e quelli staliniani è esposta esplicitamente: chi privilegia
Auschwitz e ne fa il simbolo d'ogni strage contribuisce a sminuire il peso e l'orrore del gulag e quindi deforma la realtà storica e anche l'etica che dovrebbe ispirarla. Ogni genocidio, ogni sterminio di regime, perpetrato
con motivazioni ideologiche e utopistiche, dovrebbe essere equiparato agli altri; assumerne uno solo come simbolo di tutti è un errore contro la verità, una distorsione voluta per condannevoli ragioni di ideologia politica.
Riconosco la legittimità di questo modo di argomentare. È un modo anch'esso ideologico, relativo e parziale, non per disonestà intellettuale di chi lo sostiene, ma perché è il frutto di un punto d'osservazione soggettivo e
non può essere altrimenti. Si potrebbe obiettare ai tanti Battista fastidiosamente ripetitivi che anche la loro equiparazione produce una lettura distorta dei fatti appiattendo un fatto inaudito come la Shoah a livello di tutti gli innumerevoli stermini che hanno punteggiato la storia umana. Per chi ha scelto questo punto di osservazione - il revisionismo dei tanti Battista introduce un'interpretazione riduttiva e falsa che va contestata.
Infine la tesi equiparazionista risulta lacunosa; tra i tanti stermini moderni ce ne sono molti che vengono poco ricordati dai sostenitori dell'equiparazione, a cominciare da quello delle atomiche lanciate su Hiroshima e
Nagasaki per ragioni ideologiche e utopistiche: vincere l'ultima guerra che avrebbe inaugurato l'era della pace perpetua. Si dirà che la posizione che qui ho sostenuto porta a un relativismo storico che impedisce la ricerca
della verità, ma io non penso che sia così. Penso invece che gli uomini cercheranno sempre la verità perché è solo questo che dà un senso alla nostra vita; ma penso anche che mai la raggiungeranno perché la vedranno
ogni volta dal loro punto d'osservazione che con loro verrà meno.

("L’Espresso",  27 aprile 2000)

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