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La svolta: la battaglia d’Inghilterra (1940)

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All’indomani della sconfitta francese, la situazione militare europea, malgrado l’apparente schiacciante vantaggio della Germania, è in realtà caratterizzata da un sostanziale equilibrio: l’Inghilterra ha perso il suo principale alleato continentale (la Francia), ma la Germania non ha una flotta in grado di contrastare quella britannica e permettere lo sbarco sull’isola (per questo la battaglia si svolgerà prevalentemente in cielo). A ciò va aggiunto che Hitler è assolutamente impreparato perché, convinto del disimpegno inglese dopo la sconfitta francese, non ha fatto preparare piani militari precisi per la prosecuzione della guerra in occidente. Dell’annientamento inglese, con un enorme sforzo da parte tedesca, inoltre, avrebbero beneficiato più Italia, Giappone e i nemici Usa e Urss, che non la Germania. Ma di fronte all’ostinazione di Churchil nel rifiutare il compromesso, Hitler non ha altra scelta che attaccare l’Inghilterra.

Il piano tedesco prevede: lotta contro il territorio metropolitano inglese (assedio aereo e marino contro i traffici economici e le installazioni difensive, bombardamenti terroristici sui centri urbani per fiaccare il morale della popolazione e sbarco sul suolo britannico dopo averne messo in ginocchio le difese) e ampliamento della lotta verso la periferia, le colonie, con l’aiuto dei paesi interessati, Italia, Spagna, Russia e Giappone.

Il 13 agosto inizia la battaglia d’Inghilterra, operazione "leone marino". In settembre l’offensiva aerea orchestrata da Goering giunge al suo apice ma l’Inghilterra non cede. Lo sbarco, prima dell’inverno, è ancora troppo rischioso e perciò il progetto viene definitivamente accantonato. Anche la guerra aerea viene sospesa, a causa delle avverse condizioni metereologiche. L’operazione è fallita.

Nella seconda metà del 1940 appare ormai inevitabile anche l’ingresso in guerra degli Usa. Per ritardarlo il più possibile, Hitler gioca la carta del patto Tripartito (27 settembre 1940), l’alleanza tra Germania, Italia e Giappone, minacciando così la guerra su due oceani qualora gli Usa fossero intervenuti in appoggio all’Inghilterra. L’Italia però è l’anello debole: il 28 ottobre Mussolini ordina l’attacco alla Grecia dall’Albania, ma all’inizio di settembre l’offensiva si arena a pochi chilometri dal confine e la successiva controffensiva greca penetra abbondantemente in territorio albanese. In Africa, intanto, gli inglesi scatenano una vittoriosa offensiva contro i possedimenti italiani in Cirenaica (febbraio 1941) e in Africa Orientale (Somalia, Eritrea ed Etiopa, maggio 1941). La "guerra parallela" voluta da Mussolini è fallita e l’Italia – il cui peso militare era stato sopravvalutato alla vigilia del conflitto – perde ogni autonomia, lasciando tutto il potere decisionale nelle mani della Germania. Ma l’intervento tedesco nei Balcani e in Grecia, in soccorso degli italiani, costringe Hitler a ritardare l’attacco all’Urss; un ritardo, questo, che risulterà decisivo nell’economia complessiva del conflitto.

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