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Lo sbarco di Anzio

Lo sbarco di Anzio nel quadro generale della Campagna d'Italia

di Sisto Orlandini

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Pur essendo di continuo riesaminati e discussi, vi sono alcuni fatti storici sui quali, per le modalità con cui si sono svolti e per i difformi giudizi riguardanti l'operato dei protagonisti, non si è ancora raggiunto un univoco verdetto conclusivo.

Uno di questi fatti periodicamente dibattuti è rappresentato dalla cosiddetta "operazione Shingle", denominazione in codice usata per indicare lo sbarco di forze anglo-americane ad Anzio compiuto durante la seconda guerra mondiale.

Questa operazione militare ebbe in tutte le sue fasi, dalla progettazione all'attuazione fino alla conclusione, un iter così travagliato e così diverso da quanto si ripromettevano i contendenti tanto da essere diventato un caso unico e proverbiale nella storia dell'ultimo conflitto mondiale.

Nonostante il tempo trascorso e le pubblicazioni fiorite sull'episodio, molti interrogativi in merito sono tuttora privi di risposte convincenti e diversi aspetti risultano pure non chiariti in modo esauriente.

A distanza di più di mezzo secolo dall'avvenimento, ormai spente o sopite le passioni di parte e scomparsi tutti i maggiori protagonisti e gran parte dei compartecipi di allora, l'analisi e il confronto dei documenti e delle testimonianze disponibili possono consentire oggi valutazioni non preconcette e più serene, permettendo quindi di giudicare i fatti in maniera imparziale e scevra di ridondanti trionfalismi e viete demonizzazioni.

Il presente contributo rappresenta il modesto apporto di un cultore di storia locale che a suo tempo fu, suo malgrado, coinvolto nell'operazione "Shingle" e ne fu "prigioniero" e testimone oculare per circa due mesi, finche non venne evacuato a Napoli, via mare.

Per un corretto inquadramento del tema, c'è da premettere che la trattazione di un fatto storico, anche la più succinta possibile, non può prescindere da un flash-back, ossia da un breve riassunto del contesto e delle circostanze che originarono il suo accadimento.

Per conoscere quindi le motivazioni e i proponimenti che ispirarono coloro che vollero ed attuarono "lo sbarco" e coloro che vi si opposero e lo contrastarono, occorre risalire all'ultimo trimestre del 1943, quinto anno di guerra.

Il 1943 fu un anno cruciale nella lotta per il predominio del Mediterraneo tra le forze alleate anglo-americane e quelle italo-tedesche dell'Asse. Le disfatte subite da quest'ultime in Africa, l'invasione della Sicilia e i pesanti bombardamenti aerei delle città italiane causarono il 25 luglio la caduta di Mussolini, e il successivo 8 settembre, in concomitanza con lo sbarco della 5ª Armata americana a Salerno, la resa dell'Italia.

I tedeschi reagirono alla defezione italiana invadendo subito la nostra penisola secondo un piano predisposto già da tempo, cercando anche di rigettare in mare le forze alleate sbarcate a Salerno.

L'offensiva contro quella testa di ponte fu stroncata con il determinante supporto delle forze aeree e dei grossi calibri delle marine alleate, ma l'azione tedesca permise il salvataggio delle forze dislocate più a sud che riuscirono a disimpegnarsi dall'inseguimento dell'8ª Armata britannica, sbarcata il 3 settembre a Reggio Calabria.

Le Grandi Unità germaniche stanziate nel nord d'Italia, agli ordini del maresciallo Erwin Rommel, costituirono il "Gruppo d'Armate B", mentre quelle situate nell'Italia centro-meridionale, sotto il comando del maresciallo Albert Kesselring, formarono il "Gruppo d' Armate C".

Durante il mese di settembre il Comando Supremo tedesco si limitò ad impiegare le forze in modo da contrastare e rallentare tatticamente l'avanzata delle truppe nemiche senza avere un preciso piano strategico. Ciò, anche perche i due comandanti nel teatro italiano (Rommel e Kesselring) avevano progetti diversi riguardo alla strategia da seguire nella nostra penisola.

Rommel intendeva ostacolare gli alleati rallentandone il più possibile l'avanzata verso il nord, abbandonando anche Roma e il centro-Italia, per fermarli decisamente su di una linea difensiva che dal Tirreno all'Adriatico, passando per i rilievi appenninici, impedisse l'accesso alla pianura padana (linea corrispondente grosso modo alla futura linea Gotica).

Kesselring ne proponeva invece una a sud di Roma che, partendo dalla foce tirrenica del Garigliano sbarrasse la valle del Liri con il caposaldo di Cassino, e attraverso gli, Appennini, raggiungesse la foce adriatica del Sangro.

Esaminati i due diversi progetti, il cancelliere Adolf Hitler comandante in capo delle forze armate germaniche, rimase indeciso per alcuni giorni, poi, valutando che la linea proposta da Kesselring teneva il nemico più lontano dalla Germania di quella consigliata da Rommel e pressato dalle richieste di Mussolini di difendere Roma, una delle capitali dell'Asse, optò per la tesi di Kesselring.

Il maresciallo Rommel lasciò così l' Italia per assumere il comando delle forze dislocate in Normandia, e Kesselring, il 1° ottobre, venne nominato comandante in capo del fronte italiano, con ai suoi ordini la 14ª Armata con funzioni di presidio e di riserva nel nord d'Italia e la 10ª Armata nel centro-sud con il compito di fermare gli alleati impedendo loro la conquista di Roma.

I genieri della 10" Armata e dell'Organizzazione Todt si, misero subito al lavoro per creare una fascia difensiva formata di bunker, ricoveri in cemento, torrette di carri armati interrate, postazioni di artiglieria, nidi di mitragliatrici, campi minati, reticolati, aree allagate ed altri accorgimenti, rafforzando in tal modo al massimo un aspro terreno già naturalmente favorevole alla difesa.

AlI'oscuro di questa imprevista decisione, negli ambienti alleati regnava allora un grande ottimismo. Il Primo Ministro britannico Winston Churchill annotava in quei giorni tra i suoi appunti: "II nemico si ritira verso nord, combattendo azioni di retroguardia... Non possiamo ancora dire se riusciremo ad occupare Roma in ottobre o novembre, ma è certo che non verremo in contatto con il grosso delle forze tedesche neIl'Italia settentrionale fino a dicembre o anche più tardi".

Simili previsioni avrebbero potuto avverarsi solo se fosse prevalso il parere di Rommel; disgraziatamente per tutti fu scelto il progetto di Kesselring e nello stesso momento che nell'alto Comando alleato circolavano tali rosee prospettive, dal Garigliano al Sangro iniziava a crescere l'ostica diga che le avrebbe in breve dissolte.

 

ILLUSIONI E REALTÀ NEL PRIMO INVERNO DI GUERRA IN ITALIA

Poco dopo la metà di ottobre del 1943 i Servizi di informazione alleati vennero a conoscenza delle intenzioni tedesche. La notizia che il nemico stava creando una serie di linee di resistenza fortificate, unita al fatto che l'80% delle navi e il 90% dei mezzi da sbarco alleati avrebbero lasciato il Mediterraneo per I'Inghilterra per prepararsi allo sbarco in Francia (e quindi non vi sarebbe più stata disponibilità di naviglio per operazioni anfibie di un certo respiro), raffreddò un po' l'euforia regnante nel Quartier Generale delle forze alleate in Italia diretto dal maresciallo britannico, sir Harold Alexander. Ciò nonostante, nelle alte sfere militari anglo-americane rimase la fiduciosa certezza di essere sempre in grado di respingere verso nord il nemico a dispetto di ogni sua resistenza. Questo errato convincimento era fondato sui seguenti elementi: a) la grande supremazia aerea degli alleati sarebbe sempre stata, in ogni momento e in qualunque occasione, la carta vincente in ogni battaglia; b) nessun ostacolo naturale o artificiale si era dimostrato finora in grado di fermare la grande macchina da guerra delle armate alleate, e non c' era motivo di nutrire dubbi in proposito per il futuro; c) da oltre un anno i tedeschi non disponevano più dei mezzi e dell'aggressività di un tempo ed avevano acquisito una mentalità difensivistica e rinunciataria. Essi reagivano con prontezza ad ogni attacco, ma dopo una resistenza più o meno accanita, battevano poi sempre in ritirata. Questo fiducioso convincimento era quasi pari, a quello che contemporaneamente circolava nel Quartier Generale del maresciallo Kesselring. Le analisi dei combattimenti svoltisi dallo sbarco in Sicilia in poi avevano portato a loro volta gli strateghi d'oltralpe a conclusioni che si possono così riassumere: a) la reazione contro gli sbarchi anglo-americani non ha dato finora gli esiti sperati perché sono stati fronteggiati da soldati italiani e compiuti con l'aiuto di traditori. A Salerno è bastato il contrattacco di qualche unità tedesca per mettere in crisi il nemico che è stato sul punto di esser rigettato in mare. Solo il contemporaneo impegno nel disarmo delle forze armate italiane ha impedito l'afflusso nella zona di nostri rinforzi con i quali la testa di sbarco sarebbe stata annientata, nonostante il supporto delle artiglierie navali nemiche; b) si può dar per certo che, saggiata la consistenza della nostra linea di resistenza imperniata su Cassino, il nemico desisterà da ogni attacco durante la stagione invernale; c) gli alleati hanno la superiorità numerica in uomini e mezzi ma oltre ad avere scarsa esperienza di combattimento, sono inclini a seguire metodicamente schemi ripetitivi. Essi non faranno mai nulla senza aver prima ammassato uomini e mezzi in grandi quantità. Basterà quindi controllare i movimenti delle Unità terrestri e l'ubicazione di navi portaerei e da battaglia per scoprire e sventare ogni loro iniziativa; d) redigendo una carta dei luoghi di prevedibili sbarchi e predisponendo un piano di pronto afflusso di reparti selezionati nella zona, minacciata, eventuali nuovi tentativi di sbarco del nemico verranno sicuramente respinti.

Entrambi gli avversari erano quindi ottimisti ritenendo di conoscere le carte che aveva in mano la controparte e valutando le proprie assai migliori. Finiva così il 1943 mentre i contendenti, con scontri, attacchi e contrattacchi aspri ma circoscritti, si avvicinavano lentamente al "vallo cassinense".

 

L'OPERAZIONE SHINGLE: IL SUO CONTRIBUTO NELLA BATTAGLIA PER LA CONQUISTA DI ROMA

A quella data, il Comando alleato era ormai a conoscenza dell'esistenza di una linea difensiva che sbarrava la valle del Liri. Sospettava che fosse forte ma non sapeva di quanto lo fosse di più rispetto ad un'altra linea difensiva (la linea Reinhard) che le truppe alleate avevano già incontrata e superata.

Supponendo, giustamente, che il superamento di questa nuova linea sarebbe stato più difficoltoso, l'alto Comando alleato ritenne necessario uno sbarco a tergo della linea predisposta dal nemico in modo da obbligarlo a ritirarsi. Una tal procedura era stata applicata varie volte con successo durante l'avanzata della 7ª Armata del gen.le Patton lungo la costa da Palermo a Messina.

Descrivere quali vicissitudini ebbe il progetto esula dal tema. Basta dire che solo il personale intervento del Primo Ministro britannico riuscì a mettere a disposizione sufficiente naviglio da sbarco per permettere l'operazione. Non si riuscì ad averne però abbastanza per trasportare l'intero VI Corpo d'Armata in un'unica soluzione e si dovette perciò programmarne lo sbarco in due tempi, ritenendo comunque il primo scaglione, formato da due divisioni, sufficiente allo scopo.

Il gen.le Mark Clark, comandante della 5ª Armata americana, scottato dall'esperienza di Salerno, aveva chiesto una forza d'assalto di almeno tre divisioni, ma fu convinto che due sarebbero bastate.

Il Primo Ministro Churchill ne era più che convinto. In un messaggio inviato ai Capi di Stato Maggiore britannici il 26 dicembre 1943, dichiarò: "II successo dello sbarco di Anzio dipende dalle forze impiegate nello sbarco iniziale. Qualora ammontassero a due divisioni al completo più reparti di paracadutisti, l'operazione dovrebbe riuscire senz'altro... Il nemico dovrebbe fronteggiare le forze sbarcate richiamando truppe dal fronte della 5ª Armata e con un ripiegamento immediato... Si dovrà assicurare (alle forze sbarcate) viveri e munizioni per almeno quattro giorni. Non s'intende trattenerle a lungo in riva al mare ma provocare una decisiva battaglia nell'arco di una settimana o di 10 giorni".

Il maresciallo Alexander era altrettanto ottimista. In uno dei suoi dispacci si legge: "Appare dubbio che il nemico possa conservare la linea di difesa organizzata che passa per Cassino di fronte ad un attacco Coordinato dell'Armata ...Il Sopravvenire di questa minaccia (lo sbarco ad Anzio) lo indurrà a ritirarsi dalla sua posizione difensiva non appena si renderà conto dell'ampiezza di tale operazione".

Le decisioni del maresciallo Kesselring non corrisposero però a quelle che gli alleati si aspettavano. Lo stesso giorno dello sbarco constatò la modestia delle forze sbarcate e la lentezza delle operazioni di scarico. Egli giudicò correttamente che l’operazione anfibia, più che l"'ampiezza" magnificata da Alexander, dimostrava ristrettezza, e quindi decise altrimenti.

Un altro fattore importante, ignorato dal Comando alleato, ma che influì sulla sua decisione di opporsi in ogni modo allo sbarco, fu il fatto che l'idea della linea fortificata di Cassino era sua e della sua efficacia si era reso garante. Egli non poteva quindi abbandonare ingloriosamente al primo assalto un sistema fortificato costato mesi di lavoro e approvato da Hitler contro il parere di Rommel: ciò gli sarebbe sicuramente costato l'esonero dal Comando. L'operazione "Anzio" rappresentò una grossa delusione per gli alleati. Lo sbarco del VI Corpo avvenuto in più riprese a causa del naviglio insufficiente, non impressionò il nemico che ricorse subito alle contromisure previste.

A dispetto dei capi delle forze aeree alleate che avevano promesso di creare il vuoto attorno alla testa di ponte garantendo che nessuna consistente forza di combattimento nemica avrebbe potuto giungere nell'area di operazione prima di due settimane, il Comando germanico riuscì a circoscriverla in pochi giorni con truppe provenienti da ogni dove, alcune delle quali addirittura in anticipo sui tempi previsti, come testimoniò nel dopoguerra il generale Siegfried Westphal, Capo di stato maggiore di Kesselring.

Anzio fu una fucina di delusioni per tutti, anche per i tedeschi. La presenza di un supporto navale non paragonabile a quelli visti in Sicilia e a Salerno, la quasi parità con le forze terrestri dell'avversario (ritenute meno esperte ed agguerrite delle proprie) e le condizioni metereologiche invernali penalizzanti la superiorità aerea nemica, fecero credere al Comando tedesco (e soprattutto ad Hitler) che la testa di ponte poteva essere eliminata conseguendo un grande successo propagandistico-deterrente alla vigilia del previsto e decisivo sbarco in Francia. Com'è noto, dopo un inizio promettente, la tenace resistenza della fanteria alleata, appoggiata dalla artiglieria terrestre e navale e dall'aviazione, fece fallire la speranzosa impresa. La testa di ponte divenne così un campo trincerato e i tedeschi si consolarono definendolo, con sarcasmo, "il più grande campo autogestito del mondo di prigionieri di guerra". Nel corso della battaglia, le truppe di entrambi gli schieramenti dimostrarono in ogni circostanza alto spirito combattivo e tenace volontà di resistenza. Anche i reparti messi in campo dalla neo Repubblica Sociale, nonostante il loro inadeguato armamento, non sfigurarono nel confronto. Nel complesso, i generali tedeschi dimostrarono - per l'esperienza acquisita in più combattimenti su vari fronti - più abilità e prontezza dei loro parigrado avversari nello sfruttare tatticamente le occasioni favorevoli che si verificavano nel corso delle azioni. L'operato del Comando alleato fu deludente anche dopo che vennero infrante la linea Gustav e la morsa attorno ad Anzio. Il maresciallo Alexander, troppo diplomatico e poco militare, non ebbe la volontà di imporre al generale Clark, visibilmente ossessionato dalla smania di conquistare la Città Eterna, il rispetto della direttrice di attacco a suo tempo programmata mirante a sbarrare il ripiegamento del XIV Corpo d' Armata tedesco in ritirata dal fronte di Cassino. L'ostentata inosservanza di Clark dei piani operativi consentì così alle forze nemiche di sfuggire alla più che probabile cattura. La sola presa di Roma, senza la distruzione di una gran parte delle forze avversarie che non fu conseguita per un eccesso di ambizione di una sola persona, non fu certamente compenso adeguato alle perdite ed ai sacrifici subiti durante i lunghi mesi passati nel fango di Anzio e tra le nevi e le rocce di Cassino.

 

LA LEZIONE DI ANZIO

Tutto sommato non si può dire che lo sbarco ad Anzio abbia molto influito sul corso della campagna d'Italia. L'unico suo apporto concreto fu l'aver consentito alla 5ª Armata americana di inseguire le forze tedesche in ritirata verso la Toscana servendosi per i rifornimenti - fino a quando non fu riattato il porto di Civitavecchia, dei tanto criticati automezzi e degli ingenti depositi logistici accumulati durante lo sbarco.

Per il resto servì solo a rivelare che i tedeschi erano particolarmente abili nel predisporre apprestamenti difensivi e assai rapidi nell'operare per vie interne in modi così occulti da sfuggire anche all'osservazione aerea.

Altri insegnamenti che se ne ricavarono furono: che non era possibile conseguire risultati apprezzabili sul fronte italiano sferrando offensive durante il periodo invernale, e che non sempre l'arma aerea riusciva a mantenere quello che prometteva.

Per quanto ciò possa apparire strano, il più grosso contributo che l'operazione "Shingle" diede, non fu dato a favore della campagna d'Italia (nel cui proseguimento non vennero più compiute operazioni anfibie), bensì a vantaggio dell'operazione "Overlord" (nome in codice dello sbarco in Francia), allora in fase di preparazione, della quale fu banco di prova sperimentale ed ultimo test ai fini della sua definitiva pianificazione.

In effetti, come ebbe a dire lo storico Roberto Battaglia, "Solo dopo il fallimento dello sbarco di Anzio si provvide seriamente ad organizzare l'operazione "Overlord", rimasta fino a quel momento soltanto allo stadio di un piano di stato Maggiore".

"La lezione di Anzio" consigliò di aumentare la forza d'assalto iniziale dalle previste tre e mezzo a dieci divisioni, di lanciare paracadutisti sui punti chiave alle spalle della costa attrezzandoli a caposaldi, di far avanzare subito verso l'interno le forze sbarcate, di imbarcare e mettere a terra gli automezzi già completi di carico (metodo fin' allora proibito, ma praticato con successo ad Anzio in barba al divieto). Ultimo merito non meno importante, Anzio richiamò dal nord e inchiodò in zona fino al 4 giugno del 1944 (lo sbarco in Normandia avvenne due giorni dopo) l'intera 14ª Armata tedesca le cui forze, diversamente, sarebbero state sicuramente impiegate contro le forze alleate in via di sbarco sul territorio francese. Nel dopoguerra, il maresciallo Kesselring dichiarò a dei giornalisti americani: "Se non aveste messo a prova la vostra forza contro di noi ad Anzio-Nettuno, non sareste mai passati nella Francia settentrionale". Questo lapidario giudizio espresso da persona che di queste cose se ne intendeva e che militò nel campo opposto, che riconosce all'operazione "Shingle" di aver contribuito in modo cospicuo alla messa a punto della più importante e decisiva operazione militare della guerra in Europa, mette a tacere quanti ancora sostengono l'inutilità dello sbarco di Anzio. Mezzo secolo dopo l'avvenimento, rimangono attorno a noi, ad Anzio, a Nettuno, a Pomezia, migliaia di lapidi che ci ricordano i tanti giovani che persero la vita nella loro età più bella. Essi lottarono allora per ideali e valori diversi: il comune destino li ha affratellati nella pace che supera qualunque ideologia. Tutti, americani, inglesi, italiani, tedeschi, hanno compiuto con onore il loro dovere, lasciandoci un messaggio: far sì che il loro sacrificio non sia stato inutile, ma sia di esempio e di sprone per operare in maniera che in futuro la ragione e la tolleranza prevalgano sempre sulla forza e la violenza.

 

 

info.gif (232 byte) per altre informazioni:

pallanimred.gif (323 byte) Museo dello Sbarco di Anzio
Il museo raccoglie oggetti e documenti riguardanti lo sbarco delle truppe alleate sulle spiagge di Anzio il 22 gennaio 1944.

 

Nota: la scheda sullo sbarco ad Anzio è tratta dalla rivista "Il Secondo Risorgimento d'Italia", a cura dell'Associazione Nazionale Combattenti della Guerra di Liberazione inquadrati nei Reparti Regolari delle FF.AA.

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