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Lo sbarco in Sicilia (luglio 1943)

Il Governo Militare Alleato in Sicilia – L’AMGOT

a cura di Claudio Li Gotti

L'AMGOT, Allied Military Government of Occupied Territory (Governo Militare Alleato dei Territori Occupati), fu deciso dopo la conferenza di Casablanca (12 gennaio 1943) e mirava al conseguimento degli obiettivi politico-strategici dell’operazione di sbarco in Sicilia, vale a dire a liberare il popolo italiano dal regime fascista e far uscire l’Italia dalla guerra e dall’alleanza con la Germania nazista. In un messaggio indirizzato al “Popolo italiano”, al momento dello sbarco in Sicilia (10 luglio 1943), il generale Eisenhower affermava il ruolo delle forze anglo-americane nei territori occupati, che era principalmente quello di “ristorare l’Italia come nazione libera”; durante il periodo di governo militare, sarebbero state prese tutte le misure necessarie per eliminare il sistema fascista e le sue leggi nei territori italiani occupati e per l’immediata liberazione dei prigionieri politici.

La questione dell’amministrazione del territorio italiano occupato fu discussa per alcuni mesi dagli Alleati, poiché non si riusciva a giungere ad una soluzione circa il problema della divisione di responsabilità tra inglesi ed americani e la scelta del modello amministrativo (diretto od indiretto) da adottare nei territori occupati, ad iniziare dalla Sicilia. Su quest’ultimo punto, le due potenze avevano posizioni contrastanti: gli americani erano favorevoli ad un governo diretto del territorio, assolto dalle stesse Forze Armate, cancellando l’amministrazione civile esistente (prefetti, sindaci ed altri funzionari); gli inglesi erano invece più propensi ad un governo di tipo indiretto, da attuarsi nella forma di un controllo e supervisione dell’amministrazione locale esistente, dopo aver rimosso dall’incarico coloro che erano stati più vicini alla politica fascista. Alla fine si scelse il modello indiretto degli inglesi (Indirect Rule), i quali vantavano un’esperienza maggiore rispetto agli americani (dovuta ai secoli d’amministrazione nei territori coloniali), perché un governo militare diretto avrebbe richiesto un enorme dispiegamento di personale qualificato alleato per ricoprire i vari ruoli amministrativi. >Il piano finale concordato dagli Alleati, da attuarsi in conseguenza dell’operazione Husky, stabiliva che la responsabilità per la pianificazione e la conduzione del governo militare in Sicilia sarebbe stata unitaria ed avrebbe mostrato tutte le caratteristiche di un accordo alleato; le responsabilità comuni sarebbero state egualmente divise in campo politico, legale e finanziario.

Il memorandum amministrativo del 1° maggio 1943 stabiliva quattro obiettivi generali per il Governo Militare Alleato:

  • Fornire le truppe da combattimento per garantire la sicurezza delle forze occupanti e delle loro linee di comunicazione.
  • Ristabilire la legge e l’ordine e le normali condizioni di vita per la popolazione civile.
  • Fornire l’assistenza per rendere disponibile, alle forze occupanti, le risorse economiche del territorio occupato.
  • Promuovere gli obiettivi politici e militari delle Forze Alleate attraverso un efficiente governo del territorio, in connessione con le future operazioni.

Il controllo amministrativo e militare sul territorio sarebbe stato esercitato dalle due potenze occupanti, ognuna nella rispettiva zona di competenza: agli inglesi la Sicilia orientale, agli americani la parte occidentale dell’isola. Gli inglesi mantennero in ogni caso una posizione di maggiore influenza in tutta l’organizzazione, una sorta di riconoscimento formale della supremazia dei loro interessi sul Mediterraneo e della loro maggiore esperienza politica. Il generale Sir Harold Alexander, giacché comandante della force 141, fu designato come Governatore militare della Sicilia, responsabile della conduzione del governo militare nel territorio verso il comandante in capo delle Forze Alleate (Dwight D. Eisenhower). Il maggiore generale (anch’egli inglese) Lord Rennell of Rodd fu designato quale Ufficiale Capo degli Affari Civili (C.C.A.O., Chief Civil Affairs Officiers); in tale veste egli sarebbe stato il capo dell’AMGOT e responsabile per l’amministrazione del territorio verso il governatore militare. Rennell era un uomo di grande esperienza, poiché aveva già svolto l’incarico di capo degli affari politici del comando nell’Africa orientale, e fu coadiuvato dal brigadiere generale Frank J. Mc Sherry, con il grado di Vice Ufficiale Capo degli Affari Civili (D.C.C.A.O.), dal commodoro inglese C. E. Benson e dal tenente colonnello italoamericano Charles Poletti, responsabili del Comando dei Civil Affairs, il primo nella Sicilia orientale ed il secondo nella parte occidentale. Nel mese di ottobre il colonnello Poletti avrebbe poi sostituito Lord Rennell alla guida degli Affari Civili nell’isola. Il quartier generale dell’AMGOT (Allied Military Government Headquarters) fu stabilito dapprima a Siracusa e poi a Palermo, in seguito alla sua conquista militare.

>L’amministrazione militare del territorio doveva svolgersi in modo decentrato attraverso i locali Ufficiali degli Affari Civili (C.A.O., Civil Affairs Officiers), presenti nei centri più popolati, i quali dovevano governare le zone loro assegnate al fine di ristabilire l’ordine e di mantenere la tranquillità tra la popolazione civile, in collaborazione con gli Ufficiali di polizia civile (C.P.O., Civil Police Officiers), la MP (Military Police) e le unità combattenti del luogo. Come già detto, fu deciso che l’amministrazione militare sarebbe stata indiretta: l’apparato provinciale e municipale dell’isola avrebbe continuato ad operare, pur sotto il controllo dell’AMGOT. Gli ufficiali degli Affari Civili avrebbero dovuto sostituire, se necessario, i podestà e gli altri funzionari locali con nuovi sindaci e collaboratori, scelti tra le personalità più in vista del luogo per la loro esperienza e correttezza, dopo aver interpellato i notabili locali e le autorità ecclesiastiche; a tal fine, i servizi segreti alleati dovevano fornire agli ufficiali una lista contenente gli uomini più importanti della Sicilia, nella maggior parte aristocratici, sulle quali collaborazioni il personale dell’AMGOT avrebbe potuto contare. Sarebbero stati dunque i funzionari locali ad amministrare direttamente mentre gli ufficiali si sarebbero limitati a controllare il loro operato. Nei comuni, questo controllo era esercitato attraverso il “visto d’esecutività” che era posto dal C.A.O. alle delibere del sindaco e dei suoi collaboratori; nelle province, l’ufficiale alleato era un “senior C.A.O.” (cioè un ufficiale superiore, giacché le province rappresentavano le unità amministrative primarie) che doveva sorvegliare l’operato del prefetto, vistandone gli atti. Non sempre, però, gli ufficiali dell’AMGOT si rivelarono attenti nell’utilizzo dei loro ampi poteri decisionali ed alcuni di loro subirono delle influenze negative nella scelta degli amministratori locali; così accadde che, in alcuni comuni, gli incaricati degli Affari Civili sostituirono i podestà nominando al loro posto i locali boss mafiosi, perché fuorviati dalle informazioni della popolazione o dai suggerimenti di certi gregari della mafia che, data la conoscenza della lingua inglese, operavano come interpreti o uomini di fiducia del governo militare. La scelta dei nuovi prefetti – e i precedenti furono tutti allontanati dal loro incarico – era sottratta ai C.A.O. e riservata, invece, alla decisione da parte dei Governi Alleati, poiché si trattava di una figura chiave del sistema amministrativo e dunque soggetta ad una scelta più oculata e politica.

Oltre che alla scelta dei sindaci e dei funzionari locali, gli ufficiali dell’AMGOT erano chiamati a: dare attuazione localmente ai proclami ed agli avvisi del regime d’occupazione (i cd. Proclamations e Warning), pubblicare le ordinanze locali, assicurare il rispetto delle leggi civili, garantire la sicurezza e l’ordine pubblico attraverso i regolamenti locali e con l’assistenza degli ufficiali di polizia civile competenti per territorio, coordinarsi con le unità combattenti e la polizia per favorire gli arresti e le requisizioni ed ogni altro problema riguardante la popolazione civile, organizzare e tenere i tribunali militari (che erano amministrati dalla Divisione Legale) per la punizione dei reati contro le Forze Armate.

Era previsto, inoltre, che i fascisti più “pericolosi” per l’ordine pubblico (ex squadristi o personaggi di rilievo nel partito) dovevano essere subito arrestati e deportati nei campi di concentramento predisposti in Africa settentrionale, gli altri sarebbero stati rimossi dal loro incarico ed avrebbero subìto misure restrittive della libertà personale. Gli Alleati iniziarono proprio in Sicilia l’opera di “defascistizzazione”.

Il 10 luglio, mentre le truppe ultimavano le operazioni di sbarco, il generale Alexander, in virtù dell’autorità conferitagli dal comandante in capo delle Forze Alleate, Eisenhower, s’insediava quale governatore militare della Sicilia e provvedeva ad emettere una serie di proclami, rivolti alla popolazione, che sancivano il regime d’occupazione militare in tutta l’isola. Il primo bando annunciava la sospensione dell’esercizio dei poteri del Regno d’Italia sull’isola e dichiarava che ogni potere governativo e giuridico del territorio occupato, nonché la suprema responsabilità amministrativa, erano assunti dal governatore militare. Il Partito Nazionale Fascista sarebbe stato dissolto e con esso sarebbero decadute tutte le leggi ed i decreti iniqui. I diritti di proprietà vigenti sarebbero stati rispettati, fin tanto che l’autorità occupante non avesse ritenuto cambiarli o modificarli, così pure i diritti di persona, finchè la popolazione si fosse mantenuta tranquilla ed avrebbe obbedito prontamente agli ordini impartiti.

Il proclama numero due, invece, concerneva tutta una serie di pene previste allo scopo di prendere le indispensabili precauzioni per la sicurezza delle Forze Alleate, nonché per il mantenimento dell’ordine nel territorio occupato. Il bando era composto di otto articoli, di cui il primo prevedeva ben ventidue reati contro le Forze Alleate punibili con la pena di morte; gli altri articoli elencavano una serie di reati, punibili con la reclusione o con pene pecuniarie, nonché di infrazioni del codice penale italiano, che sarebbero state punite dai Tribunali militari.

Il terzo proclama riguardava invece la “Valuta e cambio” ed obbligava la popolazione siciliana ad accettare in pagamento la valuta inglese e quella americana, ad un cambio obbligatorio. Il controllo della circolazione monetaria spettava alla Divisione Finanziaria; per ovviare ai bisogni delle truppe e della popolazione civile, l’amministrazione militare alleata fece arrivare in Sicilia le cosiddette “AM-Lire”, la valuta d’occupazione stampata negli Stati Uniti, che fu messa in circolazione in otto tagli (da una a 1.000 lire) ed in grandi quantitativi. Altri provvedimenti finanziari urgenti furono quelli di ordinare la chiusura delle banche e di tutti gli istituti finanziari, posti sotto custodia militare, e di provvedere al sequestro di tutti i depositi e le ricchezze dei membri del Partito Fascista.

A questi proclami iniziali, ne fecero seguito altri e poi tutta una serie d’avvisi e d’ordinanze che crearono un rigido complesso di norme e prescrizioni.

Per ordine del generale Patton, il Comando della Settima Armata USA approvò l’erogazione di premi da assegnare a tutte le persone che contribuivano alla cattura di militari tedeschi ed italiani, gerarchi fascisti ed altri nemici, con la semplice denuncia o con la consegna delle persone alle autorità militari statunitensi; il versamento dei premi, che variavano da un minimo di 2.000 lire ad un massimo di 20.000, sarebbe avvenuto sul posto in contanti.[1] Il giorno prima, lo stesso generale Patton aveva rivolto un messaggio al popolo, pubblicato sul primo numero di “Sicilia Liberata” (quotidiano sotto il controllo degli Alleati), per spiegare le reali intenzioni dell’amministrazione americana sull’isola. Il messaggio conteneva, tra l’altro, la promessa di liberare i prigionieri siciliani di nascita, dopo la debita registrazione ed invitava i soldati a ritornare alle loro case, garantendo che “…fintanto che si asterranno dal dare qualsiasi fastidio, nulla avranno a temere da parte nostra”.

 

Anche dopo la firma dell’Armistizio di Cassibile (3 settembre ’43, reso pubblico cinque giorni dopo), gli angloamericani continuarono il regime d’occupazione in Sicilia mentre gli altri territori italiani liberati furono trattati da cobelligeranti. Com’è noto, in seguito alla firma dell’armistizio il Re Vittorio Emanuele III ed il nuovo Capo di Governo, maresciallo Pietro Badoglio, fuggirono a Brindisi e da lì nacque il Regno del Sud, in continuità con il Regno d’Italia. In realtà, pur essendo il Governo Badoglio riconosciuto dagli Alleati, esso godeva solo di una limitata indipendenza ed era sottoposto al controllo degli angloamericani; le aree conquistate al fronte, invece, erano governate direttamente dall’AMGOT, poi divenuto AMG. Era necessario, adesso, permettere il passaggio dei poteri sull’isola al Governo Badoglio e s’iniziò a dare voce alle forze politiche locali attraverso la creazione di nuovi organismi regionali. Il primo di questi (ed anche il più importante, per le sue funzioni e la sua composizione) fu il Consiglio Regionale dei Prefetti; essi dovevano riunirsi periodicamente, sotto la presidenza del capo dell’AMGOT, per esaminare e decidere questioni amministrative e politiche di carattere generale. Furono poi emanati una serie di provvedimenti finanziari per agevolare la ripresa della vita economica siciliana, come la riapertura delle banche e, soprattutto, la costituzione di un’Agenzia Finanziaria Militare Alleata (AMFA). Essa aveva essenzialmente due compiti: provvedere all’entrata di fondi per permettere il finanziamento delle spese degli enti locali e statali, soprattutto quelle di carattere eccezionale; mantenere e proteggere la struttura creditizia del territorio siciliano. L’agenzia, controllata dalla Divisione Finanziaria dell’AMGOT, doveva inoltre svolgere compiti di controllo sulle operazioni bancarie e finanziarie ed era pure incaricata dell’emissione delle AM-lire, la moneta d’occupazione.

Con l’inizio del nuovo anno, la Sicilia, come il resto dell’Italia liberata dagli Alleati, si apprestava a passare sotto l’amministrazione del Governo italiano. In un discorso tenuto al Teatro Massimo di Palermo, alla presenza di tutti i prefetti e delle più alte autorità siciliane, il colonnello Poletti affermò che il Governo Militare Alleato sarebbe cessato ma che una nuova organizzazione, chiamata Commissione Alleata di Controllo (ACC), avrebbe continuato ad operare, prestando un lavoro di consulenza e d’assistenza ai funzionari dell’isola. Questa Commissione in realtà esisteva già dal novembre del ’43, destinata a subentrare all’AMGOT nel delicato compito di garantire il graduale passaggio del territorio all’amministrazione italiana; in pratica, la Commissione avrebbe avuto giurisdizione in tutti quei territori restituiti all’Italia dal Governo Alleato e doveva controllare la condotta del Governo italiano, il quale poteva ricevere anche delle istruzioni.

L’undici febbraio 1944 il proclama numero 16 del generale Alexander, governatore militare di tutto il territorio italiano occupato, sanciva la fine dell’amministrazione Alleata, durata sette mesi esatti, ed il ritorno dei poteri politici ed amministrativi sull’isola al Governo italiano, pur sotto la supervisione della Commissione Alleata di Controllo.

Quest’organismo rimase ancora per qualche anno in Italia, per assicurarsi che la condotta del governo si conformasse a quanto richiesto dagli Alleati; in pratica, le prime elezioni amministrative del dopo-fascismo, il referendum e le elezioni per la Costituente del ’46 si svolsero sotto il controllo degli Alleati.

 


[1] Ordinanza del generale Patton dal titolo: “Denunzie e Premi” (da Sicilia Liberata del 7 agosto 1943, n. 2)

 

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