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I terroristi

trangolino.gif (131 byte) Documenti: gli atti del processo agli uomini di Bin Laden

"Tutti i segreti di Bin Laden"

Pentiti e irriducibili raccontano la trama del terrore

di Arturo Zampaglione

NEW york - I diciannove dirottatorikamikaze che hanno colpito una settimana fa gli Stati Uniti hanno seppellito i loro terribili segreti sotto le macerie, ancora fumanti, del Pentagono e delle Torri Gemelle. Ma sette mesi fa, quando in un'aula giudiziaria di Manhattan, all'ombra del World Trade center, ancora in piedi, si celebrava il processo contro Osama Bin Laden (latitante) e altri coimputati per gli attentati alle ambasciate americane in Kenya e Tanzania, "pentiti" e testimoni vuotarono il sacco.
Raccontarono la vita "dal dentro" di Al Quaeda, (La Base), l'organizzazione che fa capo al miliardario saudita. Parlarono delle manie, delle ideologie, dei piani dell' "emiro" (uno dei tanti appellativi con cui viene chiamato Bin Laden). Dei suoi aerei privati e delle "connections" con l'Italia. Spiegarono come venivano adescati, addestrati e preparati i terroristi del ventunesimo secolo. Il processo non è ancora del tutto finito: la tragedia newyorchese ne ritarderà la conclusione. Ma quattro militanti sono già stati condannati. E alla luce della tragedia dell'11 settembre la rilettura degli atti, di interrogatori e testimonianze quasi 10.000 pagine dattiloscritte offre una visione agghiacciante della più pericolosa organizzazione terroristica del mondo.
Ecco dalla viva voce dei protagonisti alcune delle rivelazioni (e previsioni) degli exuomini di Bin Laden.

JAMAL AHMED ALFADL. «Bin Laden farà qualcosa di terribile all'interno degli Usa», disse al momento di «consegnarsi» al Fbi. Sudanese, 38 anni, AlFadl ha combattuto contro i sovietici in Afghanistan, è stato uno degli operativi di Bin Laden e poi, nel 1996, per ragioni di soldi ha litigato con l'»emiro» ed è diventato la maggiore fonte di informazioni per l'Fbi. Adesso vive in Usa sotto falsa identità.
ESSAM AL RIDI. Nato al Cairo nel 1958, ha vissuto nel Kuwait, nel Pakistan e poi in Texas dove nel 1979, alla "Ed Bordman School Aviation" ha conseguito il brevetto ed è diventato istruttore di volo. E' stato pilota dell'Egypt Air. Prima del «tradimento», era il pilota di Bin Laden. E ha comprato per lui, pagandolo 210 mila dollari, e poi trasportandolo in Sudan attraverso l'Italia, un aereo privato. Servì per addestrare piloti ingaggiati dalle linee aeree sudanesi.
KHALFAN KHAMIS MOHAMED. Arrestato a Città del Capo, ha parlato a lungo con l'agente del Fbi Abigail Pekins riferendo le sue responsabilità nell'attentato di Dar Es Salam.
MOHAMED RASHED DAOUD ALOWHALI. E' stato condannato all'ergastolo per l'attentato all'ambasciata americana in Kenya.

Le domande sono quelle del pubblico ministero; le risposte, quelle sotto giuramento dei membri ed exmembri di Al Quaeda.



L'ADDESTRAMENTO
Dopo essere stato reclutato a Brooklyn, lei, AlFadl, fu mandato in un campo afgano per la resistenza. Può raccontarci quella esperienza?
AlFadl. «Fui mandato al campo Khalid Ibn Walid per l'addestramento con altri fratelli. Era comandato dall'emiro Abu Shaleeed al Falastini, che vuole dire "dalla Palestina". Mi insegnarono come usare pistole e kalashnikov e Rpg, cioè armi anticarro e antielicottero».
MARLBORO E CHANEL
Quando viaggiavate all'estero, quali erano le vostre misure di sicurezza?
«Dovevamo raderci la barba e indossare abiti occidentali, e all'aeroporto compravamo profumi e sigarette.
Profumi?
«Sì. il profumo serviva a far capire che ci piacevano le donne e che le cercavamo. Se un doganiere ti ferma con una boccia di profumo e un cartone di sigarette americane non pensa che appartieni a un gruppo islamico...»
PASSAPORTO
Usavate il passaporto con il nome vero?
«No. All'interno del comitato finanziario c'era un ufficio speciale per i viaggi. Se dovevi andare all'estero ti davano un passaporto e un biglietto..»
Lei, Al Ridi, che mi può dire del suo passaporto?
Al Ridi. «Stava per scadere ed era lo strumento più prezioso per viaggiare. Ero l'unico ad averne uno valido, per di più egiziano, che è molto difficile da avere, perché bisogna aver completato il servizio militare. Il mio sarebbe scaduto dopo sei mesi e aveva solo un paio di pagine per i bolli. Viaggiavo spesso, ogni 15 giorni, ed ero preoccupato...».
LA FATWA
Quando c'è stata la prima Fatwa contro gli Stati Uniti?
AL'OWHALI. «Era il 1991, Bin Laden e gli altri si sono riuniti spesso per discuterne. E poi l'hanno lanciata: dissero che non potevamo permettere che gli Stati Uniti prendessero i nostri soldi e il nostro petrolio. Che bisognava combattere».
E c'è stata una seconda volta?
«Sì nel 1992, ero lì, nella casa comune di Al Qaeda per la riunione del giovedì. Dissero che gli americani dopo aver preso il Golfo, stavano occupando anche la Somalia. E poi ce ne fu una terza, di Fatwa: per la Mecca e Medina».
A ROMA L'AEREO DI BIN LADEN
E' vero, signor Al Ridi, che le hanno chiesto di comprare un aereo per Bin Laden?
Al Ridi. «Sì dovevo trovarne uno da comprare e trasportare a Khartoum dove Bin Laden viveva a quel tempo».
Di che tipo di aereo si trattava?
«Volevano pagare solo 350mila dollari e doveva avere una portata di almeno 2mila miglia».
E lei che ha fatto?
«Ho comprato l'aereo, l'ho fatto mettere a posto e sono partito da DallasForth Worth per Khartoum».
L'ha pilotato lei stesso?
«Sì. Siccome l'aereo non poteva a attraversare l'Atlantico, presi la rotta polare, fino al confine canadese, poi attraverso Fervershaw bay, in Canada, poi l'Islanda, Roma, Il Cairo e poi Khartoum. Ebbi problemi tecnici: impiegai una settimana».
L'URANIO
Ha mai cercato di comprare dell'uranio per Al Qaeda, signor Al Fadl?
«Sì, erano gli anni ‘93'94, mi avevano detto che qualcuno a Khartoum aveva dell'uranio. Ho cercato, ho visto un intermediario, gli ho detto che eravamo pronti a comprare la mercanzia, ma dovevamo controllarne la qualità. Lui voleva 1,5 milioni di dollari (3 miliardi di lire, ndr) in un conto fuori dal Sudan. Mi ha portato in una villa, aveva un sacco con dentro un cilindro di 80 centimetri. E mi ha dato un documento con i dettagli. Ricordo che c'era scritto: Africa del sud, con un numero di serie».
E poi che è successo?
AlFadl. «Fu fatta l'analisi, ma ignoro che cosa sia successo in seguito»
FURTI IN FAMIGLIA
Durante il periodo in cui faceva parte di Al Qaeda in Sudan aveva accesso ai soldi dell'organizzazione?
AlFadl. «Sì».
E le capitò mai di rubare i soldi di Bin Laden?
«Sì, circa 110 mila dollari (230milioni di lire, ndr)».
E come fece?
«Chiedevo delle commissioni per le compravendite di zucchero che facevo per l'organizzazione».
E che ne ha fatto di quei soldi?
«Ho comprato un pezzo di terra per mia sorella e per me».
Che le ha detto Bin Laden dopo essersi accorto del furto?
«Disse: "Mi piange il cuore, perché sei stato con noi sin dall'inizio, sei uno dei migliori. Ti abbiamo dato un buono stipendio, quando viaggi paghiamo tutto, rimborsiamo le spese mediche. Perché hai preso i soldi? Non ne avevi alcun bisogno..." «.
IL GIURAMENTO
E la «Bayat», il giuramento solenne?
Al Ridi. «Sì, giurai».
Ci pensò bene?
«Sì».
E che cosa significa?
«Che sei d'accordo, con l'emiro e con la Jihad e che qualsiasi cosa ti chiedono nel gruppo tu lo devi fare, anche la fatwa».
Che significa "fatwa"?
«Se i sacerdoti stabiliscono che una cosa si può fare, anche se è vietata, vuol dire che si deve fare».
Può spiegare la struttura di Al Qaeda?
«Aveva l'emiro (Bin Laden, ndr) al vertice e poi vari comitati, chiamati Shura council».
MARIJUANA
Perché signor AlFadl lei rimase solo pochi mesi in Arabia Saudita?
AlFadl. «Vivevo a Gedda con un amico. Un giorno venne la polizia perché ci facevamo degli spinelli. Lui fu arrestato, io scappai».
Che accade a lui?
«Fu condannato a due anni di carcere».
UCCIDERE GLI AMERICANI
Queste domande vengono poste a un agente dell'Fbi che ha raccolto le confessioni di Kalfan Khamis Mohamed, 27 anni, arrestato a Città del Capo e condannato all'ergastolo.
Perché Mohamed voleva uccidere degli americani all'ambasciata americana in Tanzania?
«Avendo studiato l'Islam aveva l'obbligo e il dovere di uccidere gli americani».
Egli considera l'attentato all'ambasciata come un successo?
«Sì, perché ha mandato un messaggio all'America, gli attentati erano il solo modo di farsi ascoltare».
Che cosa lo faceva arrabbiare della politica americana?
«Dice che l'America è una superpotenza e, in quanto tale può cambiare le cose del mondo».
E che ne pensa degli attentati a Nairobi e Dar Es Salaam?
«E' contento»
COME SI DIROTTA UN AEREO
Che cosa ha imparato, signor AlFadl, nel campo di Al Qaeda?
AlFadl. «Tecniche avanzate: come si raccolgono informazioni, come evitare che una notizia venga divulgata, come si dirotta un aereo, come si sequestra una persona...»
DALLA CECENIA ALLA LIBIA
Dove, in quali paesi al mondo, è attiva Al Qaeda?
AlFadl. «Egitto, Algeria, Libia, Yemen, Siria, Filippine, Libano, Tadjikistan».
E in Cecenia?
«Sì, certo, ma per arrivarci sono dovuto passare attraverso la Turchia».
Quanto costa mandare una persona in Cecenia?
«Millecinquecento dollari».
STIPENDI IN DOLLARI
Come veniva pagato nel 1993?
AlFadl «Nel giorno dello stipendio andavo nell'ufficio di Khalid Ali WQaleed. Mi dava le carte, che poi consegnavo a Sadeek, che mi dava i soldi?
Di quanto si trattava?
«Circa 300 dollari (600mila lire, ndr), ma poi andavo nello stesso edificio e prendevo altri soldi per lo stesso mese. Non tutti erano contenti, soprattutto delle differenze di stipendio».
Ne ha mai parlato con Bin Laden?
«Sì, glielo ho detto, c'era gente che non era contenta, alcuni prendevano 200 dollari altri 300, e altri ancora 1500».
IL CALIFFATO DI BIN LADEN
Che voleva fare Bin Laden dopo l'uscita dei russi dall'Afghanistan?
«Creare un gruppo, il suo gruppo. Disse che c'era bisogno di un califfato, in modo che i musulmani potessero avere un leader in modo da fare la guerra».
IL MARTIRIO
Hai mai pensato che sarebbe morto?
‘OWHALI. «Mi dissero che la missione era vicina. Accettai. Mi dovettero radere la barba e mi diedero un passaporto nuovo di zecca: ce n'erano tanti a disposizione, avevo solo l'imbarazzo della scelta. Presi un passaporto iracheno. Mancavano tre mesi all'attentato alle due ambasciate».

(la Repubblica, 21 settembre 2001)


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