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I terroristi

trangolino.gif (131 byte) L'impero finanziario di Bin Laden

Dollari, l'arma segreta di Osama
Una catena di finanziamenti per lo sceicco del terrore

di Carlo Bonini e Giuseppe D'Avanzo

WASHINGTON - Segui i soldi, e da qualche parte ti
condurranno. Segui il loro odore e finirai, se non nei pressi di
Osama bin Laden, diritto in faccia ai brokers di al Qaeda, il
suo network finanziario-terroristico. Il paradigma
dell'investigazione è di quelli abituali a qualsiasi latitudine. Gli
sleepers, i terroristi che Osama ha lasciato per anni
"dormienti" negli Stati Uniti, nel New Jersey, in Texas, in
Florida, in Arizona, in California, hanno bisogno - come noi,
come voi - di una casa da abitare, di un pugno di dollari per
mangiare, di qualche bigliettone per riempire di benzina il
serbatoio dell'auto prima di conquistare un Boeing 767 e
gettarsi contro le torri di Manhattan. Trova allora quei soldi,
maledizione, e saprai dove il kamikaze è vissuto, con chi è
vissuto, chi lo ho aiutato, chi dall'estero lo ha finanziato e, alla
fine della storia, George W. Bush e Colin Powell avranno
l'elenco dei bersagli da colpire nell'America's new war. Ecco
dove sbattono la testa oggi i detective del Federal Bureau
Investigations. Seguite i soldi, ragazzi. Scuotono il capo, "i
ragazzi". E' un lavoro che fanno malvolentieri. Anche loro
ascoltano i rumors degli gnomi di Wall Street. Anche loro
hanno pensato, e non escludono (sono scettici, ma non
escludono) che Osama si sia mosso nelle borse per speculare
sulla strage prossima ventura, "uccidendo con la destra e
arraffando denaro con la sinistra", per dirla con James
Woolsey, che è stato direttore della Cia. L'Fbi sta studiando
quel che è accaduto alla Borsa di Francoforte nei tre giorni
prima della strage - mercoledì 6, giovedì 7, venerdì 8
settembre - sui titoli di tre compagnie di riassicurazione, la
Munich Re, la Swiss Re, l'Acsa che hanno perduto un paio di
miliardi di dollari e il 4 per cento del loro valore (addirittura il
16 per cento l'11 settembre). O l'anomala intensità degli
scambi che hanno interessato i buoni del Tesoro Usa sulla
Borsa di Tokyo, un'anomalia che fa dire a Nobohiro Hayashi,
portavoce della Japanese Financial Supervisori Agency,
"abbiamo avviato un'indagine su possibili manipolazioni del
mercato in relazione all'attacco". E' un lavoro che ora deve
fare anche l'Fbi. Malvolentieri, ma è costretto a farlo. Se
fosse vero quel che si dice, il Bureau potrebbe spazzare via
con una sola manata l'intero network finanziario che sostiene
la politica del terrore di Osama Bin Laden. Se vuoi fare affari
in Borsa, devi avere un broker e devi dargli un ordine.
L'ordine resta lì nel computer e, stanne certo, il broker non si
farà levare la pelle dai feds per tacere chi gli ha dato
quell'ordine di vendere o di comprare. "Too easy", troppo
facile per l'Fbi. "Too silly", troppo sciocco per Bin Laden.
Non è così che Osama, negli ultimi dieci anni, ha evitato che
un solo dollaro del suo patrimonio, un solo cent dei
finanziamenti al terrore sia stato intercettato. Per sapere
come diavolo ci sia riuscito, bisogna andare a Bethesda,
Washington, D.C. In una casa di legno sul cocuzzolo di un
poggio verde, protetta dalla strada da un filare di pomodori
italiani (di cui è fierissimo), vive Jonathan Winer, per anni il
"cacciatore di capitali" del Dipartimento di Stato. "Se volete
sapere come Osama, senza lasciare un solo granellino di
sabbia utile alla nostre indagini, riesce a finanziare centinaia
di uomini, che vivono qui alla porta accanto, dovete sapere
che cos'è il sistema Hawala, in indi, "procurare un codice".
Hawala non ha uffici, non ha broker con biglietto da visita,
non ha banche o conti correnti. Hawala è una catena di
uomini. Da Dubai a Khartoum, da Nuova Delhi a Nairobi, da
Amburgo a New York, da Londra a Roma, sono uomini che
hanno soltanto un indirizzo e un numero di telefono". Il
metodo di questo sistema antico e indistruttibile di riciclaggio
è semplice come respirare. Il denaro non lascia mai il paese
in cui è. Da Islamabad un uomo chiama a New York il suo
"contatto", un suo amico, un ex-professore d'università, suo
fratello, suo cugino. Gli dice: verrà da te Khalid, dagli "tre
maiali" o ha bisogno di "cinque galline". Un "maiale" potrebbe
valere diecimila dollari e una "gallina" mille, ecco il "codice".
Oppure Khalid va dove si raccolgono i fondi delle fondazioni
islamiche di carità, alla moschea di Brooklyn o ad Arlington,
Texas, o alla Masjid as-Salaam di Jersey City, New Jersey
(per fare tre esempi che sono sui notes dei "ragazzi" del Fbi).
Ci penserà l'imam a indicare a Khalid il "terminale" di
Hawala nella città o nello Stato (l'imam del Maryland,
Moataz Al Hallak, è stato ieri "fermato" dal Fbi). Il "contatto
di New York" riceve, dunque, Khalid con cortesia. Bevono il
tè. Quando si salutano Khalid ha in tasca cinquemila dollari.
Poche ore dopo a Islamabad qualcuno di al Qaeda
consegnerà a un familiare dell'uomo di New York cinquemila
dollari americani. "Così, con Hawala, incassavano il denaro i
terroristi che vivevano a Vero Beach - racconta il
"cacciatore di capitali" - Nessuno ha dovuto portare loro
denaro cash o muovere denaro da una banca o utilizzare una
carta di credito. Non c'è nessuna traccia. Ovviamente gli
"ufficiali pagatori", diciamo così, hanno un real business che
copre quest'attività, un supermercato, una concessionaria
d'auto, un negozio di frutta e verdura. Un sistema come
Hawala è impossibile da sconfiggere con i metodi tradizionali.
E puoi scoprirlo soltanto se qualcuno viene a raccontartelo.
Come è accaduto per Jamal Al-Fadl". Jamal Ahmed
Mohamed Al-Fadl, 38 anni, musulmano, nato in Sudan a
Ruffa, una città a sud di Khartoum, è stato perduto da
un'auto di lusso. Adorava quella macchina. Adorava l'idea di
possederla, di sfiorarne la pelle morbida dei sedili, di avviarne
il motore silenzioso, di correre con il vento in faccia nel
deserto. "Rubai i soldi di Hawala. Sbaglio a dire rubai. Non
volevo rubarli, quei soldi che trattenni da una fornitura di
zucchero mi sembravano una normale commissione per il mio
lavoro di manager e, quando le cose si misero al peggio,
pensavo di restituirli, ma si accorsero troppo presto
dell'ammanco e mi portarono al cospetto di Osama. Osama
non alzò la voce. Mi disse con parole al miele che dovevo
rimettere quei soldi nella cassa. Io tentati di dirgli che non
potevo, anche se rivendevo la mia auto, che cosa avrei
ricavato? Non ne avrei mai ricavato quel che dovevo
restituire. Implorai almeno di sapere entro quando tempo
dovevo restituire il denaro. Osama ripetè: "Devi restituirlo", e
chiuse la conversazione. Ero disperato. Attraversai la città e
bussai al cancello dell'ambasciata americana". I federali
presero in consegna Jamal Ahmed Mohamed Al-Fadl dopo
48 ore. Lo trasferirono in Europa. Per tre settimane lo
interrogarono di diritto e di rovescio. Quel che Jamal
raccontò al feds e tutto quel che i feds sanno di Hawala e
dell'impero di imprese, lecite e allo scoperto in Sudan di
Osama. Nello scorso febbraio, nella Federal District Court di
New York, Jamal ha raccontato di Al Qaeda, di Hawala e
del sistema di finanziamento del piano di terrore di Osama.
"Osama controlla società di costruzioni, la Hijra; finanziarie
come la Taba Investment; corporate di import-export come la
Ladin international company, aziende agricole come la Al
Temar al Bubaraka. Queste società hanno un'unica funzione:
trasformare valuta povera in valuta pregiata che - dice
Osama - serve alla nostra agenda politica". I profitti delle
imprese sono trasformati in dollari e sterline che vanno a
finanziare, con le risorse degli hezbollah, della Jiad, il network
del terrore di al Qaeda e il sistema Hawala. "Entrare in al
Qaeda - dice Jamal - significa essere pronti alla "chiamata"
dei fratelli musulmani. Non ha importanza chi tu sia, che cosa
hai studiato, qual è il tuo mestiere. Magari fai il medico e ti
chiedono di lavare le macchine in un autolavaggio. Fai quello
che ti viene chiesto di fare in attesa della "chiamata". Ci sono
soltanto due parole chiave per noi. Halal, ciò che è permesso.
Haram, ciò che è proibito. Spesso non ti chiedono niente, ti
chiedono soltanto di stare lì ad aspettare un ordine. Non devi
preoccuparti di sostenerti. A sostenerti pensa al Qaeda. Io fui
spedito una prima volta negli Stati Uniti nel 1986. Entrai con
un visto I-20 per studenti. Vivevo a Brooklyn. Avevo un
banco di frutta e verdura e lavoravo per la la Farouq Mosque,
la moschea di Brooklyn. Mi occupavo del movimento di
denaro di Hawala. Il denaro era raccolto dall'emiro Mustafà
Shalabi e per le sue mani passava anche il reclutamento e la
propaganda della Jiad. In quegli anni il nostro nemico erano i
russi che occupavano l'Afghanistan, poi sarebbero diventati
gli americani. Ma i metodi erano gli stessi". La moschea di
Brooklyn è soltanto uno dei nodi della rete di Hawala. Jamal
non ci mette molto a comprenderlo. "Capii presto che la
nostra moschea faceva capo al centro Khidmat di Peshawar,
Pakistan. E' con quel centro che noi lavoravano secondo il
sistema Hawala. Tutti gli emigrati che facevano rimesse in
Pakistan lasciavano nella nostra moschea i soldi, ma noi non li
spostavamo verso Peshawar. Non si muovevano dalla
moschea. Mentre gli uomini di al Qaeda si preoccupano di
consegnare a Peshawar le rimesse, che non erano mai
arrivate, noi potevamo utilizzare il denaro lasciato alla
moschea secondo le istruzioni che ci arrivano da Osama bin
Laden". Così, senza spostare un solo dollaro, il network dello
sceicco poteva finanziare tutti i "dormienti" d'Occidente
utilizzando anche i profitti del suo arcipelago societario.
Jamal, nel febbraio scorso, ne ha indicato i capisaldi agli
uomini del Fbi. "Al Qaeda è organizzata in comitati degli
anziani, shura, e si appoggia ad emiri di fiducia di Osama. Ma
il centro propulsivo delle attività che pompano denaro nel
sistema hawala è il comitato per le finanze, che oltre a
procurare passaporti, biglietti aerei, visti d'ingresso e a
rimborsare le spese mediche e il necessario per vivere si
preoccupa di investire in hawala i profitti delle attività lecite e
delle risorse assicurate dalle fondazioni di carità islamica".
Jamal sa indicare un solo conto nella disponibilità di Osama
Bin Laden, alla Barclay's di Londra, intestato ad uno dei suoi
tre cassieri, Abu Fadhl al Makkee Madani al Tayyab. "Quel
che resta può essere pronto per essere utilizzato anche nel
negozio di frutta e verdura che hai sotto casa", conclude
Jonathan Winer. E sorride amaro.

(la Repubblica, 19 settembre 2001)

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