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La questione afghana

trangolino.gif (131 byte) "Per salvare il mondo dal terrore rovesceremo il regime dei Taliban". Parla il ministro degli Esteri dell'Alleanza del Nord, Abdullah

«La mia impressione è che gli americani attaccheranno entro pochi giorni, non settimane, e sarà un attacco coordinato dell'aviazione e delle forze speciali», dice in un'intervista a Repubblica il ministro degli Esteri dell'Alleanza del nord Abdullah Abdullah. «Sappiamo che in questi giorni in America ci si interroga sulla "lentezza" della risposta americana. Noi non siamo precipitosi, sapendo che non si possono distruggere le basi del terrorismo internazionale senza distruggere non solo Bin Laden ma anche i Taliban». Metà pashtun, per parte di madre, e metà tagiko, lato paterno, "doctor Abdullah", come lo chiamano tutti da queste parti, riassume in sé la sicurezza della maggioranza e l'arguzia della minoranze. Ironico, rapido, determinato, è il portavoce dell'Alleanza e, grazie al fatto di essere stato per vent'anni con Massud, la memoria storica della resistenza afghana. Non passerà molto tempo che ne rappresenterà anche l'immagine, perché è noto che il successore di Massud, il generale Fakhim, addestrato alla scuola del Kgb, non ama i giornalisti.
Parliamo di Osama Bin Laden: l'impressione è che nonostante gli diate la caccia da anni non siete ancora riusciti a localizzarlo, e di conseguenza neanche gli americani.
«Non è un compito facile perché Bin Laden cambia continuamente nascondiglio. Qualche volta lascia traccia, altre no. Si potrebbe pensare che attualmente si trovi nella zona di Jalalabad dove, secondo le nostre informazioni, qualche giorno fa sono state viste parte delle sue guardie del corpo. Forse, con l'aiuto della tecnologia, agli Stati Uniti sarà più facile scovarlo perché Bin Laden usa il telefono satellitare, si muove in piccoli cortei di macchine».
Voi considerate Bin Laden uno degli strateghi del terrorismo internazionale...
«Non è il solo...».
Avete combattuto al suo fianco durante la guerra contro i russi.
«Un momento, lui è stato mandato in Afghanistan da una joint venture tra Cia e Isi (servizi segreti pachistani) per reclutare gente disposta a combattere contro l'occupazione sovietica. In Afghanistan c'è arrivato seguendo i percorsi di un network che è rimasto purtroppo in piedi fino ai giorni nostri. Bin Laden a quel tempo era attivo ai confini con il Pakistan. Da queste parti non è mai venuto. Già allora aveva una fama orrenda».
Perché?
«Per il suo carattere dispotico».
Voi l'avete accusato dell'omicidio di Massud, ma con quali prove?
«Le prove sono chiarissime. I due killer entrano in Pakistan e da lì, con un visto multiplo, di un anno, arrivano in Afghanistan. Si fermano alcune settimane nella zona sotto il controllo dei Taliban e poi vengono dalle nostre parti. Quale altro può essere il motivo che spinge due persone a venire ad uccidersi qui? Chi altri può averli mandati?».
Forse qualche altro leader dell'Alleanza.
«Massud non sarebbe stato un obiettivo difficile, se qualcuno dell'Alleanza avesse voluto ucciderlo. Un'ipotesi del genere non avrebbe richiesto un'operazione così sofisticata. Spesso, nel territorio sotto il nostro controllo Massud girava senza guardia del corpo. Non ci sarebbe stato bisogno di due kamikaze per giunta arabi».
I due killer di Massud hanno chiamato un numero di Londra quando erano ospiti nel vostro comando a Khocibahudin, in attesa di "intervistare" Massud. Chi risponde a quel numero?
«Il numero è il 2076246868, era scritto su un biglietto da visita, quello del centro di osservanza islamica di Londra. Particolare interessante è che i due avevano una lettera di raccomandazione diretta alle autorità talibane firmata dal responsabile del centro, Yasser Tawfiq Assiri, già militante della Jihad egiziana, ricercato dalle autorità del Cairo e da qualche tempo residente a Londra».
E i Taliban che c'entrano?
«Prima di tutto l'Arab Connection. E poi, il fatto che hanno passato un lungo periodo a Kabul e a Kandahar, come dicono i timbri sui loro passaporti. Hanno provato a distruggere la resistenza afghana prima di sferrare il colpo contro gli Usa. I due fatti sono collegati. Potete immaginare l'impatto di qualsiasi reazione americana se i Taliban, come si ripromettevano con la morte di Massud, avessero preso il nord».
Ma non era il primo attentato contro un vostro dirigente.
«C'erano stati in passato 44 attentati, tutti, tranne uno, alla vita di Massud. Gli stessi due idioti qualche giorno prima avevano intervistato Rabbani. Ma era Massud che volevano».
Non crede che i Taliban potrebbero essere stati manipolati da Bin Laden?
«No, perché fanno parte della stessa organizzazione dello stesso programma: il terrore contro la popolazione, la distruzione dei Buddha, le pressioni sulla comunità internazionale, la distruzione di un intero territorio per raggiungere i propri scopi...».
Ma qual è la logica di attaccare gli Usa se l'intervento degli Usa li potrebbe mettere in condizione di perdere la guerra contro di voi?
«Prima di tutto il Talib comune, se lei gli parla, non immagina neanche lontanamente cosa potrebbe significare l'intervento americano. Secondo, non immaginavano che ci sarebbe stata una mobilitazione internazionale, che Tagikistan e Uzbekistan avrebbero appoggiato l'Alleanza. Terzo, non sono riusciti a conquistare il nord. Tutto questo non è andato secondo i loro piani, e adesso si trovano in una pessima posizione».

 

(la Repubblica, 30 settembre 2001)

 

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