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La
questione afghana
"Per salvare il mondo dal terrore rovesceremo il
regime dei Taliban". Parla
il ministro degli Esteri dell'Alleanza del Nord, Abdullah
«La mia impressione è che gli americani attaccheranno entro pochi
giorni, non settimane, e sarà un attacco coordinato dell'aviazione e delle forze
speciali», dice in un'intervista a Repubblica il ministro degli Esteri dell'Alleanza del
nord Abdullah Abdullah. «Sappiamo che in questi giorni in America ci si interroga sulla
"lentezza" della risposta americana. Noi non siamo precipitosi, sapendo che non
si possono distruggere le basi del terrorismo internazionale senza distruggere non solo
Bin Laden ma anche i Taliban». Metà pashtun, per parte di madre, e metà tagiko, lato
paterno, "doctor Abdullah", come lo chiamano tutti da queste parti, riassume in
sé la sicurezza della maggioranza e l'arguzia della minoranze. Ironico, rapido,
determinato, è il portavoce dell'Alleanza e, grazie al fatto di essere stato per
vent'anni con Massud, la memoria storica della resistenza afghana. Non passerà molto
tempo che ne rappresenterà anche l'immagine, perché è noto che il successore di Massud,
il generale Fakhim, addestrato alla scuola del Kgb, non ama i giornalisti.
Parliamo di Osama Bin Laden: l'impressione è che nonostante gli diate la caccia da anni
non siete ancora riusciti a localizzarlo, e di conseguenza neanche gli americani.
«Non è un compito facile perché Bin Laden cambia continuamente nascondiglio. Qualche
volta lascia traccia, altre no. Si potrebbe pensare che attualmente si trovi nella zona di
Jalalabad dove, secondo le nostre informazioni, qualche giorno fa sono state viste parte
delle sue guardie del corpo. Forse, con l'aiuto della tecnologia, agli Stati Uniti sarà
più facile scovarlo perché Bin Laden usa il telefono satellitare, si muove in piccoli
cortei di macchine».
Voi considerate Bin Laden uno degli strateghi del terrorismo internazionale...
«Non è il solo...».
Avete combattuto al suo fianco durante la guerra contro i russi.
«Un momento, lui è stato mandato in Afghanistan da una joint venture tra Cia e Isi
(servizi segreti pachistani) per reclutare gente disposta a combattere contro
l'occupazione sovietica. In Afghanistan c'è arrivato seguendo i percorsi di un network
che è rimasto purtroppo in piedi fino ai giorni nostri. Bin Laden a quel tempo era attivo
ai confini con il Pakistan. Da queste parti non è mai venuto. Già allora aveva una fama
orrenda».
Perché?
«Per il suo carattere dispotico».
Voi l'avete accusato dell'omicidio di Massud, ma con quali prove?
«Le prove sono chiarissime. I due killer entrano in Pakistan e da lì, con un visto
multiplo, di un anno, arrivano in Afghanistan. Si fermano alcune settimane nella zona
sotto il controllo dei Taliban e poi vengono dalle nostre parti. Quale altro può essere
il motivo che spinge due persone a venire ad uccidersi qui? Chi altri può averli
mandati?».
Forse qualche altro leader dell'Alleanza.
«Massud non sarebbe stato un obiettivo difficile, se qualcuno dell'Alleanza avesse voluto
ucciderlo. Un'ipotesi del genere non avrebbe richiesto un'operazione così sofisticata.
Spesso, nel territorio sotto il nostro controllo Massud girava senza guardia del corpo.
Non ci sarebbe stato bisogno di due kamikaze per giunta arabi».
I due killer di Massud hanno chiamato un numero di Londra quando erano ospiti nel vostro
comando a Khocibahudin, in attesa di "intervistare" Massud. Chi risponde a quel
numero?
«Il numero è il 2076246868, era scritto su un biglietto da visita, quello del centro di
osservanza islamica di Londra. Particolare interessante è che i due avevano una lettera
di raccomandazione diretta alle autorità talibane firmata dal responsabile del centro,
Yasser Tawfiq Assiri, già militante della Jihad egiziana, ricercato dalle autorità del
Cairo e da qualche tempo residente a Londra».
E i Taliban che c'entrano?
«Prima di tutto l'Arab Connection. E poi, il fatto che hanno passato un lungo periodo a
Kabul e a Kandahar, come dicono i timbri sui loro passaporti. Hanno provato a distruggere
la resistenza afghana prima di sferrare il colpo contro gli Usa. I due fatti sono
collegati. Potete immaginare l'impatto di qualsiasi reazione americana se i Taliban, come
si ripromettevano con la morte di Massud, avessero preso il nord».
Ma non era il primo attentato contro un vostro dirigente.
«C'erano stati in passato 44 attentati, tutti, tranne uno, alla vita di Massud. Gli
stessi due idioti qualche giorno prima avevano intervistato Rabbani. Ma era Massud che
volevano».
Non crede che i Taliban potrebbero essere stati manipolati da Bin Laden?
«No, perché fanno parte della stessa organizzazione dello stesso programma: il terrore
contro la popolazione, la distruzione dei Buddha, le pressioni sulla comunità
internazionale, la distruzione di un intero territorio per raggiungere i propri
scopi...».
Ma qual è la logica di attaccare gli Usa se l'intervento degli Usa li potrebbe mettere in
condizione di perdere la guerra contro di voi?
«Prima di tutto il Talib comune, se lei gli parla, non immagina neanche lontanamente cosa
potrebbe significare l'intervento americano. Secondo, non immaginavano che ci sarebbe
stata una mobilitazione internazionale, che Tagikistan e Uzbekistan avrebbero appoggiato
l'Alleanza. Terzo, non sono riusciti a conquistare il nord. Tutto questo non è andato
secondo i loro piani, e adesso si trovano in una pessima posizione».
(la Repubblica, 30 settembre 2001)
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