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Terza
Guerra Mondiale?
Le opzioni di guerra degli Usa

I Berretti verdi sono in testa alla lista delle opzioni militari che il
segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, ha in mente per le operazioni di terra in Asia
centrale. Spie, commando, elicotteri, poche bombe o missili su obiettivi sicuri.
Incursioni a sorpresa, sequestri, catture, rapimenti, omicidi. L'offensiva annunciata da
George Bush non è né la guerra del Golfo, né il bombardamento del Kosovo. L'ispirazione
è la tattica israeliana contro il terrorismo libanese e palestinese, riproposta su scala
planetaria. Mentre nel Pentagono colpito al cuore i generali si consultano studiando le
possibilità dell'attacco sull'Afghanistan, e il presidente Bush intima ai militari di
tenersi pronti, le squadre delle forze speciali sono già in allerta. Creati nel 1962 dal
presidente Kennedy come apparato di controinsurrezione in America latina, le forze
speciali sono composte da circa 40 mila uomini (le donne non sono ammesse), a fronte di un
esercito regolare di un milione e centomila uomini. I loro gruppi includono le uniche
forze di combattimento clandestine - come la Delta Force specializzata in attività di
controterrorismo. Tutte unità che preferiscono agire a livello segreto, ma nella
considerazione dei piani stilati dai militari.
Ecco tutte le possibili opzioni militari:
Bombardamenti a tappeto? In un territorio come quello
afghano - selvaggio, senza centri industriali, città, concentrazioni organizzative - non
risolverebbero nulla, non potrebbero nemmeno cambiare in meglio la situazione per un
successivo attacco terrestre. I russi ne sanno qualcosa: hanno bombardato a tappeto per
anni, e ne sono usciti a pezzi.
Bombe intelligenti sulle basi dei terroristi? Il
primo scenario è quello dei missili e delle bombe intelligenti, già visto in Iraq e in
Kosovo. E' il più semplice: i missili potrebbero essere sparati direttamente dalle navi o
dai bombardieri, fin dallo spazio aereo indiano. Ma viene giudicato inefficace. Neanche
informazioni affidabili sull'ubicazione di Bin Laden e dei gruppi terroristi sarebbero
sufficienti. «Un attacco massiccio e coordinato - dice Stephen Baker, contrammiraglio in
pensione, oggi analista per il "Center for Defense Information" - sulla loro
infrastruttura di addestramento, logistica, finanziaria, di supporto, con l'obiettivo di
fare terra bruciata, non è una buona opzione, perché questa infrastruttura non esiste».
In più, c'è la difficoltà delle basi aeree. Il generale Wesley Clark, ex comandante
supremo delle forze alleate ai tempi della guerra del Kosovo, indica i soli bastioni che
al momento si possono considerare certi: la base di Diego Garcia, in mezzo al mare,
lontanissima ma pur sempre entro il raggio d'azione dei bombardieri, specie se - come pare
- il Pakistan libererà i cieli; il Golfo Persico, dove stazionano regolarmente le
portaerei della marina; e le basi disseminate in Arabia Saudita e Kuwait, sempre che lo
sforzo diplomatico di Colin Powell riesca a produrre la Grande Coalizione di stati,
inclusi i cosiddetti "paesi arabi moderati", necessaria alla guerra senza
quartiere al terrorismo internazionale. Potrebbero partire da qui le unità della Delta
Force, i corpi speciali che dovrebbero essere usati per colpire chirurgicamente le basi di
Bin Laden.
Mandare un esercito laggiù? I pro a favore di
questa opzione sono il coinvolgimento dei paesi alleati e la possibilità di dare un colpo
finale al terrorismo targato Bin Laden. Ma l'intervento a terra è molto complicato,
perché bisognerebbe avere l'autorizzazione da parte dell'Iran o del Pakistan, e sarebbe
comunque un'operazione che richiede mesi o anni di preparazione, solleverebbe problemi
politici e diplomatici in Medio Oriente, e provocherebbe costi "umani". E
intanto Bin Laden... E poi anche la conquista di Kabul potrebbe essere inutile. Spiega il
generale Clark: «Prendere la capitale e tenerla non significa affatto tenere il paese».
L'Urss ha perso 20 mila uomini nel tentativo, fallito, di occupare l'Afghanistan e
l'esperienza sovietica è ben presente agli strateghi americani. Il territorio ha la più
alta densità di mine antiuomo al mondo e la popolazione sarebbe, probabilmente, ostile.
La milizia dei taliban non arriva a 50 mila uomini, ma gli uomini in grado di combattere,
nel paese, sono più di 3 milioni, dice la Cia. Dopo venti anni di guerra, quasi ogni clan
dispone di mortai e lanciagranate e non
mancano gli Stinger, i missili che possono abbattere i Chinook per il trasporto truppe.
L'appoggio agli anti-Taliban. Gli Usa, almeno a
terra, potrebbero limitarsi a rafforzare ed appoggiare le forze di opposizione ai taliban,
concentrate al nord e a nordest. Il sostegno americano potrebbe essere sufficiente a farli
vincere in battaglia, ma il controllo del territorio resterebbe problematico:
l'opposizione, oggi, comprende soprattutto le minoranze sciita e uzbeka, mentre la
maggioranza degli afgani sono pashtun, come i talibani.
Un'azione di commandos? E' la più
plausibile: ma come potrebbero arrivare i Berretti Verdi in Afghanistan?
Occorrerebbero almeno duecento uomini; per portarli sul posto, con equipaggiamento e
tutto, una ventina di elicotteri. Per garantire la sorpresa (essenziale per evitare una
facile fuga di Bin Laden), ci sarebbe bisogno di una base di partenza vicina e sicura. Che
non c'è. Partire da una portaerei nell'Oceano Indiano significherebbe un percorso di
millecinquecento e più chilometri tra andata e ritorno - impossibile per degli
elicotteri. Il territorio iraniano non è utilizzabile. Le repubbliche ex sovietiche del
Tagikistan, Uzbekistan e Turkmenistan sono disponibili ma sono lontane da Kabul. C'è
infine il Pakistan, cui Colin Powell ha chiesto quasi ultimativamente di "dare una
mano": ma per il governo di Islamabad, stretto da vicino dall'estremismo islamico,
amicissimo dei Talebani e da essi infiltrato, consentire agli Usa un'operazione del genere
sul proprio territorio sarebbe quasi un suicidio, senza contare l'impossibilità di
mantenere segreta l'operazione. E il rischio di "talebanizzare" tutto il
Pakistan (cento milioni di abitanti, con l'atomica) non può sfuggire nemmeno a
Washington.
Raid di commandos e bombardamenti di precisione? Bombardamenti
di precisione e commando è l'opzione studiata con maggior attenzione, ma è ugualmente ad
alto rischio. Occorrono, anzitutto, informazioni: «Non si possono
sbarcare commando per una missione che ha il 50 per cento di possibilità di localizzare
il nemico» dice Baker. L'intelligence dovrebbe fornirla il Pakistan e sempre Islamabad
dovrebbe fornire le basi di partenza: la collaborazione di Uzbekistan e Pakistan si
limiterà, probabilmente, a fornire basi per operazioni di recupero di piloti abbattuti.
Ma i commando avranno bisogno di basi vicino al teatro di operazioni. Così i
cacciabombardieri, la cui autonomia di volo, dalle portaerei arriva appena a Kabul. Ma
basi in Pakistan significano un pericolo terrorista, tanto più se i talibani, in risposta
si infiltreranno oltre frontiera. Gli aerei
potrebbero, allora, essere riforniti in volo nel cielo pakistano. Ma, sottolineano gli
esperti, gli aerei cisterna sono obiettivi abbastanza facili, per un missile terraaria.
Una campagna globale contro il fondamentalismo e i Paesi alleati dei
terroristi? Gli Usa ci stanno lavorando: un'alleanza
internazionale consentirebbe forse l'eliminazione totale del terrorismo. Spiega il
generale Clark: "Abbiamo bisogno dell'apporto delle polizie e dei servizi di
sicurezza di tutti i paesi arabi, della Nato e dell'Asia. Questa guerra andrà affrontata
faccia a faccia, con indagini, arresti e raccolta di dati per colpire tutte le cellule dei
terroristi". Ma la costruzione di una rete politica e d'intelligence di questa
portata richiede una lunga preparazione, e quindi non esclude nel frattempo il ricorso
alle altre opzioni di cui sopra.
Colpire
i Paesi alleati dei terroristi?
IRAQ
Paradossalmente, l'Iraq rappresenta un obiettivo più facile e comodo per un bombardamento
tradizionale. Ma un'offensiva su larga scala potrebbe suscitare reazioni massicce in Medio
Oriente. Al Pentagono hanno cominciato, dunque, a studiare la possibilità di raid anche
in Iraq. Probabilmente destinati a rimanere segreti, per evitare reazioni politiche. Primo
obiettivo: i laboratori e i depositi di armi chimiche e batteriologiche.
SIRIA
La valle della Bekaa, fra Siria e Libano, ha un'alta concentrazione di guerriglieri, ben
nota ai servizi di Gerusalemme. Il Pentagono sta considerando la possibilità di
raid contro depositi di armi e, all'israeliana, singoli leader. Al governo di Beirut, gli
americani hanno già chiesto di smantellare l'organizzazione politica degli hezbollah.
EGITTO
Gli Usa potrebbero lanciare missioni contro singoli leader o cellule della Jihad islamica,
vicina a Bin Laden. Ma, ancor più che in Siria, occorrerebbe la connivenza del governo in
carica.
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