Cronologia della Resistenza Romana

Luglio 1943


19 -   Roma: bombardamenti alleati sui quartieri meridionali della città, particolarmente al Tuscolano e a San Lorenzo.
24-25 - Nella notte riunione del Gran consiglio del fascismo che approva un ordine del giorno proposto da Dino Grandi e da altri dodici gerarchi nel quale si chiede al re di esercitare pienamente le sue prerogative costituzionali di   guida delle forze armate esonerando, di fatto, Mussolini.
25 - Nel pomeriggio Mussolini si reca in udienza dal re a villa Savoia per rassegnare le dimissioni da capo del governo. Dopo l’udienza è arrestato. Analogo provvedimento è disposto per i principali esponenti fascisti. Il maresciallo d’Italia Pietro Badoglio è nominato capo del governo.
Alle ore 19.45 la radio annuncia i mutamenti avvenuti.  Il comunicato è seguito dal proclama del re, che informa di aver assunto direttamente il comando supremo delle forze armate, e da quello di Badoglio, che conferma il proseguimento della guerra a fianco dei nazisti.
Alle ore 20.30 il nuovo capo della polizia, Carmine Senise invia ai prefetti un telegramma che dispone il passaggio dei poteri di polizia e dei poteri civili alle autorità militari con l’istituzione di tribunali militari.
Alle ore 22.45 la radio comunica l’avvenuta sostituzione di Mussolini  con il maresciallo Pietro Badoglio.
Alle ore 23 circa la popolazione si riversa nelle strade della città manifestando con gioia sotto il Quirinale per l’annunciata caduta del fascismo.  Le dimostrazioni proseguono nella notte e nella mattinata successiva. Vengono distrutte le sedi di alcuni gruppi rionali e di altre organizzazioni fasciste e invase le case di alcuni gerarchi.
26 - Proseguono a Roma le manifestazioni di piazza per la caduta del fascismo. Gli operai dello stabilimento ausiliario Manzolini in via Faleria e quelli dell’Istituto poligrafico dello Stato in via Gino Capponi, all’Alberone, abbandonano il lavoro e si recano al centro della città per manifestare. Le maestranze della sede del Poligrafico in piazza Verdi, ai Parioli, lanciano dalle finestre i ritratti di Mussolini e bruciano pubblicamente le tessere del Partito nazionale fascista. Gli impiegati del Ministero delle comunicazioni a Porta Pia, distruggono gagliardetti e fotografie di Mussolini esistenti negli uffici e nella sede dell’Associazione nazionale fascista dei ferrovieri.
Emblemi e insegne fascisti vengono rimossi e distrutti un po’ dovunque: all’Ufficio del registro, alla Pretura, all’Istituto tecnico Gioberti in corso Vittorio Emanuele e all’Istituto tecnico Guglielmotti in via Lusitania. Sedi e uffici fascisti sono invasi e talora devastati: la Federazione  dell’Urbe a Palazzo Braschi, l’Istituto nazionale di cultura fascista a piazza Ricci, numerosi gruppi rionali e sedi della Gil (come al Salario, al Nomentano, a Monte Sacro e Val Melaina, a San Lorenzo, alla Garbatella, all’Appia Antica e altrove).  Sono colpiti anche alcuni negozi e abitazioni di esponenti delle organizzazioni del regime.
In via Agostino Depretis, al Viminale, uomini della milizia sparano sulla folla dalla sede della Difesa contraerea territoriale (Dicat) uccidendo due persone e ferendone quattro. L’intervento della polizia e dell’esercito pone fine alla sparatoria; disarmati e trasferiti altrove anche i militi dei battaglioni "M" acquartierati nella caserma di viale del Re (Trastevere).
Manifestazione antifascista di avvocati a Palazzo di Giustizia, che si recano poi a Regina Coeli unendosi ai dimostranti - familiari di detenuti, popolani di Trastevere e appartenenti a Bandiera Rossa - che premono su un esiguo servizio d’ordine: riescono a evadere circa 1.000 uomini e 500 donne.
La Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (Mvsn) è sciolta ed, i suoi effettivi incorporati nell’esercito.
Riunione dei dirigenti dei partiti antifascisti che approva un manifesto unitario che incita gli italiani alla lotta.
27 - Circolare del generale  Mario Roatta, capo di Stato Maggiore dell’esercito, che vieta assembramenti e ordina alla polizia e all’esercito di aprire il fuoco contro eventuali manifestazioni.
Il capo della polizia, Carmine Senise, impartisce al questore di Roma disposizioni analoghe a quelle di Roatta.
Il comandante del corpo d’armata territoriale della Capitale, generale  Alberto Barbieri, proclama lo stato d’assedio, vieta le riunioni di più di tre persone, la circolazione delle automobili private, l’affissione di stampati, dichiara decaduti i permessi di porto d’armi e prescrive di tenere aperti e illuminati i  portoni e chiuse le finestre.
Il coprifuoco va dalle 21.30 all’alba.
Il governo dispone la liberazione dei prigionieri e confinati politici, con  esclusione di comunisti e anarchici.
Nuovi direttori ai giornali romani: Corrado Alvaro al Popolo d’Italia, Giovanni Armenise alla Tribuna, Alberto Bergamini al Giornale d’Italia; la direzione de Il Messaggero è  temporaneamente assunta dal proprietario Pio  Perrone.
I partiti antifascisti costituiscono a Roma il comitato centrale delle opposizioni che rivendica dal governo: scioglimento del partito fascista e di tutte le sue organizzazioni, liberazione dei detenuti e libertà di stampa.
28 - Il governo vieta la ricostituzione dei partiti politici fino alla fine della guerra, sopprime il Pnf e il Gran consiglio, scioglie la camera dei fasci e  delle corporazioni, dispone, senza fissarne le modalità, la liberazione dei detenuti politici.
Il ministro dell’interno proclama lo stato di guerra con il passaggio alle autorità militari dei pieni poteri in materia di ordine pubblico.
29 - In via Cola di Rienzo, in casa di Giuseppe Spataro, ex esponente del Partito popolare italiano, si riunisce il comitato delle opposizioni.
30 - Badoglio dispone il passaggio delle organizzazioni sindacali periferiche alle dipendenze dei prefetti. Con decreto ministeriale sono militarizzati gli addetti alle ferrovie, poste, telegrafi e radiodiffusioni.
Il generale Giacomo Carboni, comandante del corpo motocorazzato preposto alla difesa di Roma e commissario del servizio informazioni militari (Sim), espone a Ivanoe Bonomi, rappresentante dei partiti antifascisti, il quadro della situazione militare intorno alla Capitale.
31 - Riunione del comitato dei partiti antifascisti in casa del democristiano Giuseppe Spataro. Socialisti e azionisti non intendono appoggiare Badoglio, i comunisti mostrano maggiore flessibilità.  Alcide De Gasperi rileva l’inopportunità che i partiti siano corresponsabili del governo impegnato nelle trattative per l’armistizio.
Per disposizione dei ministri della guerra della marina e dell’aeronautica sono richiamati alle armi e sottoposti alle autorità militari gli ex federali e vicefederali del Pnf, i fiduciari di fabbrica e gli squadristi.
L’ispettore generale di PS Borletti segnala al capo della polizia che “dopo l’avvento del Governo Nazionale si è verificato, non solamente a Roma, ma in altre località delle province del Lazio, un improvviso quanto ingiustificato aumento dei prezzi di alcuni generi, il che ha creato un senso di vivo malumore nella popolazione”.
 
 

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