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Progetto T4: lo sterminio dei disabili

La deportazione dei disabili ebrei, la truffa di Cholm II

Nell’ambito del processo di Norimberga Viktor Brack affermò sotto giuramento che nessun disabile ebreo fosse stato internato nei campi di uccisione nell’attuazione del piano di eutanasia delle persone handicappate, dello stesso furono le testimonianze di Karl Brandt e dei medici che avevano operativamente partecipato al T4. Per rincarare la dose si disse anche che ai disabili ebrei non era dovuta quella "morte compassionevole (la gasazione), riservata agli handicappati tedeschi. Non servivano certo le testimonianze contrarie per rivelare l’assoluta falsità di queste affermazioni. Come affermò tra gli altri, Herbert Kaslich, detto "l’elettricista del T4. I disabili ebrei furono inclusi nel programma di eutanasia, fin dall’inizio: prima come singoli e poi non più solo in quanto disabili, ma come appartenenti al gruppo etnico ostracizzato e perseguitato. Secondo le statistiche più aggiornate, nell’ambito del programma di eutanasia, vennero assassinati nel corso del 1940, dai 4.000 ai 5.000 handicappati ebrei.

La persecuzione dei disabili ebrei si svolse esattamente sulla falsa di quanto era avvenuto per gli handicappati tedeschi. Guardando ai pazienti di religione ebraica internati negli ospedali tedeschi prima del 1933, si ravvisa come la campagna di sterilizzazione, in quanto disabili, non li risparmiò di certo. Le prove documentali afferenti al 1939 parlano di almeno una paziente ebrea sterilizzata nell’ospedale di Amburgo. Il primo passo fu certamente l’ostracismo di quei disabili ebrei che, ospedalizzati e non, mantenevano un certo status sociale che permetteva loro di sottoporsi alle dovute cure mediche e di condurre una vita di relazione.

Nel 1938 un decreto del Reich escluse gli ebrei dall’assistenza pubblica: i servizi di assistenza erano demandati alle sole organizzazioni ebraiche, solo se queste dimostravano di non potersene fare carico, subentrava lo Stato. Le misure furono notevolmente inasprite nel 1939: un decreto impose che la "Rappresentanza ebraica del Reich", un organo di autonomia della comunità israelitica tedesca, si trasformasse in "Associazione ebraica del Reich" e perdesse molti dei suoi poteri, diventando molto più controllabile. Da ora in poi gli ebrei di sesso maschile dovevano anteporre al proprio nome di battesimo quello di Israel, mentre alle donne era fatto obbligo di anteporre al proprio nome di battesimo quello di Sara. L’ostracismo e la progressiva esclusione dalle professioni dagli uffici pubblici non fecero che impoverire le casse della comunità ebraica tedesca, con ovvie ricadute sui disabili. Molte famiglie israelite sceglievano la via dell’emigrazione senza poter portare con sé i congiunti disabili. Molti parenti continuarono a pagare le rimesse a favore dei disabili internati, ma molti di essi, già ricoverati in ospedali tedeschi, finivano sotto il controllo dello Stato. Nelle case di cura tedesche si cominciavano a prevedere reparti per soli pazienti ebrei.

La persecuzione di massa nei confronti dei disabili ebrei e la loro integrazione nel programma di eutanasia come gruppo etnico, non più solo come disabili, avvenne a partire dal 15 aprile 1940.

Herbert Linden, uno dei massimi responsabili del T4, emanò in quella data una circolare che imponeva a tutti gli ospedali di dichiarare la presenza di pazienti ebrei al fine di riunirli in appositi centri di raccolta che altro non erano se non l’anticamera dei campi di uccisione.

I pazienti ebrei del Nord e della provincia di Berlino, furono riuniti nel campo di raccolta di Buck, da cui i famigerati autobus grigi del Gekrat, il braccio operativo dell’ufficio trasporti del T4, con carichi di circa duecento persone alla volta, li prelevasse e li conducesse al campo di uccisione di Brandeburgo. La sorte che li attendeva è ben nota.

Nel caso dei pazienti ebrei le pressioni di parenti, magistratura, ospedali e associazioni per avere notizie sulla loro sorte, furono certo più incisive rispetto a quelle esercitate in rapporto ai disabili tedeschi, anche perché gli ospedali di provenienza, con il trasferimento dei disabili ebrei ad altra sede o con la loro dipartita, vedevano congelati i cespiti loro dovuti per l’assistenza.

Fu allora che i vertici del T4 architettarono quella che può veramente definirsi "la maxitruffa di Cholm o Chelm che dir si voglia, visto che nelle prove documentali questa struttura fantasma viene nominata in tutti e due i modi.

Quando i parenti di pazienti ebrei o chi per loro, dopo il trasferimento, chiedevano notizie dei propri congiunti ricoverati, la direzione degli ospedali di provenienza, si limitava a dire che i soggetti erano stati trasferiti nell’unità di Chelm, vicino Lublino, in Polonia, con tanto di indirizzo e di casella postale. I cespiti dovuti quindi, dovevano essere versati a questa struttura .

Va da sé che Chelm altro non se non una casella postale fittizia. Un corriere addetto all’operazione, provvedeva ad imbucare le lettere di risposta presso Lublino, recapitando poi i cespiti alle casse del T4, già rimpinguate da effetti personali e denti d’oro prelevati ai cadaveri. Due o tre mesi dal trasferimento, la direzione di Cholm, comunicava ai parenti l’avvenuto decesso del congiunto. In caso di obiezioni, era intimato di rivolgersi al governo centrale.

La truffa, molto lucrosa, ma anche abbastanza maldestra, durò per più di un anno. Quando nell’agosto del 1941 il Reich decise la deportazione in massa degli ebrei tedeschi ed austriaci, anche i disabili israeliti seguirono la sorte dei loro correligionari nei campi di sterminio.

Il 22 giugno 1941 la Wermacht tedesca penetrò in territorio sovietico e il regime nazista s’imbarcò nella sua seconda e più imponente operazione di sterminio. Il primo obiettivo fu la soppressione degli ebrei sovietici, degli zingari, e, quando possibile, dei disabili. Il comandante di questa operazione, il generale Edward Wagner così annotava nel suo diario nel settembre del 1941: "I russi considerano i frenastenici, Sacri. Ciò nondimeno, la loro eliminazione è necessaria".

La soluzione finale è quindi intimamente correlata, nei metodi e nelle modalità allo sterminio dei disabili. Prove documentali testimoniano infatti che dopo un primo periodo di fucilazioni di massa, sotto la direzione di Adolf Eickman si passò alla costituzione di quell’universo concentrazionario che ebbe in Auschwitz il suo simbolo più drammatico e dolente.

I campi di concentramento furono pensati e strutturati sul modello presistente dei campi di uccisione per disabili. Gran parte del personale del T4, rimasto disoccupato dopo la chiusura dei centri di uccisione, venne massicciamente impiegato nella soluzione finale.

Si hanno prove concrete che nel 1943, il dottor Dietrich Allers, già direttore dell’ufficio amministrativo del T4 nella sua seconda fase, abbia architettato e gestito il campo di transito italiano della Risiera di San Sabba, dove non pochi ebrei e partigiani morirono per gas e iniezione letale.

Anche l’Italia pagò il suo prezzo, anche l’Italia ebbe le sue vittime tra i disabili. Ma un computo esatto appare ancora difficile. Le vittime italiane, furono soprattutto ebrei, destinati alla deportazione verso Auschwitz, che non fecero neanche in tempo a scendere dai convogli. Nella maggior parte dei casi infatti vennero uccisi subito dopo il loro arrivo al campo.

 

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