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Il miracolo economico

a cura di Lorenzo Calandri

Negli anni del boom economico (dal 1958 al 1963), la “società Italiana con(obbe) in un brevissimo volgere di anni una rottura davvero grande con il passato: nel modo di produrre, di pensare  e di sognare, di vivere  il presente e di progettare il futuro. È messa in movimento in ogni sua parte …”[1].

Il contesto nazionale era in grande trasformazione: ancora alla fine del 1962 le particolarità della nazione italiana facevano sì che la penisola continuasse ad essere vittima di aspetti tipici del sottosviluppo affiancati nel medesimo tempo ad altri estremamente avanzati che la ponevano allo stesso piano dei paesi di più antica industrializzazione.  Gli eventi del luglio torinese si manifestarono non solo nella fase calante di questa grande trasformazione che a volte viene   definita impropriamente “miracolo italiano”,[2] ma anche nel momento in cui emersero chiaramente tutte la contraddizioni del boom: gli squilibri e le stridenti continuità con il passato, il disagio e le nuove esigenze di una società in movimento. Esplose così nel Paese, all’inizio del nuovo decennio una nuova conflittualità per forme e protagonisti[3], e la “rivolta di Piazza Statuto” ne rappresentò uno degli esempi più discussi.

 

1. Il boom economico

2. Segni e squilibri del sistema

3. La crisi del 1963

4. Il boom economico e il Centro-Sinistra

 



[1] G.Crainz, Storia del miracolo italiano,Culture, identità, trasformazioni fra anni cinquanta e sessanta, Roma, Donzelli Editore, 1998, p. VII.

[2]M. Salvati, Economia e politica in Italia dal dopo guerra ad oggi, Milano, Garzanti, 1984,  pp. 13-19.

[3] P. Ginsborg, Storia d’Italia dal dopo guerra ad oggi. Società e Politica, Torino, Einaudi, 1989, p. 295.

 

 

   

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