Biografie della Resistenza Italiana          

A B C D E F GI J K L M N O P Q R S T U V Z

 

   

Teresio Olivelli

Teresio Olivelli nacque il 7 gennaio 1916 a Bellagio Borgo in provincia di Como. Ritornato con la famiglia in Lomellina frequentò il ginnasio a Mortara e il liceo a Vigevano. Nel 1934 si iscrisse al corso di laurea in Giurisprudenza al Collegio universitario Ghisleri di Pavia. Ottenne la laurea in diritto amministrativo a pieni voti nel 1938 e l’anno successivo si trasferì presso l’università di Torino in qualità di assistente alla cattedra in tale materia. Fra il 1939 e il 1941 prese pienamente parte all’attività culturale del fascismo partecipando a diverse conferenze e convegni affrontando il tema della razza, argomenti giuridici e problemi a sfondo sociale. Fra i più importanti si ricordano l’intervento dal titolo "La rappresentanza politica nel sistema fascista e corporativo" al Convegno di studi giuridici tenutosi a Roma e la partecipazione ai Littoriali della cultura svoltisi a Trieste con un intervento sulla razza che gli valse la nomina a littore. In tale occasione, come in altre circostanze future, sostenne la tesi della razza come momento primitivo dello spirito, elemento caratteristico ma non esclusivo di un determinato gruppo sociale e che non escludeva la partecipazione a valori universali; un’interpretazione lontana dalla concezione puramente biologica e statica propugnata dalla teoria nazista. Era il momento in cui credeva, come del resto gran parte del mondo cattolico, fosse possibile cristianizzare il fascismo e operò con l’ambizione di staccare il più possibile il regime dal nazionalsocialismo. Altri suoi interventi trovarono spazio sul giornale universitario "Libro e Moschetto" e sulla rivista "Civiltà fascista". Oltre a essere nominato littore rivestì la carica di segretario presso l’Istituto di Cultura fascista e di membro e primo segretario all’Ufficio Studi e Legislazione presso Palazzo Littorio. Per due volte, la prima nel 1939 la seconda nel 1941, soggiornò per motivi di studio a Berlino. Nella prima occasione come vincitore di una borsa di studio, nella seconda inviato direttamente dal partito per seguire un corso di politica nazionalsocialista per stranieri. Nel febbraio del 1941 si arruolò volontario e fu aggregato a Gorizia al 13° Reggimento di Artiglieria. Dopo essere stato trasferito in diverse località italiane, nel 1942 assieme ad altri cinque ufficiali fu scelto per la campagna in Russia. Il 10 settembre si trovò sulla linea del fronte. Fra il dicembre del 1942 e il gennaio del 1943, il corpo di spedizione italiano in Russia fu travolto dall’offensiva sovietica e costretto a una terribile ritirata nell’inverno russo. Olivelli guidò il ritorno degli uomini appartenenti alla 31ª batteria della "Tridentina" sostenendo combattimenti di retroguardia a protezione della ritirata e organizzando il soccorso dei feriti e dei malati. Dopo ottocento chilometri di marcia forzata arrivò finalmente a Gomel e fu rimpatriato nel mese di marzo. Gli avvenimenti del tremendo ripiegamento dal fronte russo lo indussero ad una profonda critica i cui effetti emersero dopo il crollo dell’8 settembre. Al suo ritorno, nel frattempo, era stato nominato Rettore del Collegio universitario Ghisleri, incarico che abbandonò ben presto perché richiamato alle armi. Fu, infatti, posto alla guida del 2° Reggimento Artiglieria Alpina e nel luglio trasferito prima a Merano, poi a Montefiorino e infine a Vipiteno. Qui il 9 settembre fu catturato dai tedeschi con l’intera batteria e rinchiuso in un campo di prigionia a Innsbruck. Per tre volte tentò la fuga: la prima da Hall, la seconda da Regensburg la terza da Markt Pongau. Nei primi due casi fu subito catturato. La terza volta invece, fra il 20 e il 21 ottobre, riuscì a finalmente a scappare e dopo una lunga marcia raggiunse l’Italia trovando ospitalità a Udine presso la famiglia Ariis. Rimessosi in sesto arrivò a Brescia nella prima decade di novembre ed entrò in contatto con le formazioni partigiane del Bresciano e con il Cln, ricevendo l’incarico di mantenere i collegamenti fra Cremona e Brescia. Entrò in clandestinità assumendo il nome di battaglia di Agostino Gracchi. All’inizio del 1944 fondò e diresse il giornale "Il Ribelle" il cui primo numero fu pubblicato il 5 marzo. Sulle sue colonne firmò l’intenso articolo "Ribelli", manifesto della rivolta morale contro il fascismo e la sua epoca, nonché la "Preghiera del Ribelle", il più alto momento spirituale dell’intera Resistenza. Contemporaneamente si impegnò ad elaborare un programma politico di ispirazione cristiana le cui linee essenziali furono esposte nello "Schema di discussione di un programma ricostruttivo ad ispirazione cristiana" e nel successivo "Schema di impostazione di una propaganda rivolta a difendere la Civiltà Cristiana e a propugnare la realizzazione della vita sociale". Il 27 aprile 1944 fu arrestato a Milano e condotto al carcere di San Vittore nel quale rimase fino all’inizio di giugno subendo pestaggi e torture. L’8 giugno fu inviato nel campo di detenzione di Fossoli cui fece seguito, all’inizio di agosto, un nuovo trasferimento a Bolzano. Lì riuscì a sottrarsi a una fucilazione di prigionieri rifugiandosi in un magazzino dove rimase nascosto, grazie alla protezione dei compagni di prigionia, per circa un mese. Scoperto casualmente fu selvaggiamente picchiato e trasferito a Flossenburg. Infine il 1° ottobre fu nuovamente trasferito, questa volta la destinazione fu il campo di Hersbruck. Nei diversi campi Olivelli, nonostante le condizioni disumane in cui si venne a trovare, non perse mai la sua dignità di persona umana. Ovunque costituì gruppi domenicali del Vangelo; ovunque si prestò all’assistenza spirituale e materiale donando le proprie razioni alimentari, proteggendo e soccorrendo nel momento dei pestaggi i compagni di prigionia, prendendosi cura dei malati, mettendo a disposizione le proprie conoscenze e capacità per alleggerire la detenzione. Le conseguenze di un feroce pestaggio, mentre si trovava ricurvo ad alleggerire le sofferenze di un malato, lo condussero alla morte che lo colse il 12 gennaio 1945. Nel 1953 gli è stata conferita la medaglia d’oro al Valore; nella motivazione si legge: "Dopo lunghi mesi di inaudita sofferenza trovava ancora, nella sua generosità, la forza di slanciarsi in difesa di un compagno di prigionia bestialmente percosso da un aguzzino. Gli faceva scudo con il proprio corpo e moriva sotto i colpi. Nobile esempio di fedeltà, di umanità di dedizione alla patria". Il 29 marzo 1987 si è aperto il processo per la sua beatificazione.

(a cura di Massimiliano Tenconi)

 

 

 

home         ricerca        

anpi

        

dibattito

        scrivici